Boh

  • perchè nelle partite al posto dei soliti commentatori esagerati non lasciano la presa diretta del campo?
  • perchè Elsève a un certo punto è diventata Elvive? Sarò mico l’unico a ricordarselo…
  • perchè i fenomeni salgono sul metrò pieno con sulle spalle lo zaino della merda?
  • perchè l’oggi farebbe sempre più schifo rispetto a una volta? sì, anche a proposito della trap
  • perchè comprano ancora acqua in bottiglia?
  • perchè non mangiare qualcosa che è caduto a terra?
  • ma ‘sta gente che dice tutte ‘ste boiate medievali online su immigrazione, diritti umani, cazzo ne so è mai stata un weekend a Londra, Berlino, Barcellona…?
  • perchè dovremmo imitare il sistema scolastico di americani e nordici, che saranno anche preparatissimi nel loro micro segmento ma non sanno un cazzo del resto?
  • perchè la gente non va al parco al posto che al centro commerciale?
  • perchè le donne cliccano a mitraglia sopra precedenti clic mentre la rotellina gira ancora?
  • cosa fa puzzare l’alito da schifo dopo che hai fumato ganja? 😀
  • perchè stando ai piagnistei dovremmo essere tutti con le pezze al culo ma in giro non vedo altro che Audi e piumini Colmar?
  • cazzo criticano Facebook e poi lo usano?
  • perchè si dicono cattolici ma non aiutano il prossimo, scopano fuori matrimonio e non ringraziano il signore a sufficienza?
  • perchè tuo figlio non dovrebbe essere attaccato al cell tutto il tempo se lo sei anche tu?

Addio Lugano bella

Ora che il referendum per impedire la libera circolazione dei cittadini svizzeri è passato, cercheremo di fare un po’ di chiarezza e calmare le acque. Eh, già cari cittadini europei, avete fatto la vostra scelta, sofferta, dibattuta, forse poco solidale e di dubbio gusto morale, ma l’avete fatta: ora gli svizzeri se ne staranno in Svizzera. Lo sappiamo che avete votato con un certo timore, con alcune remore e forse addirittura contro i vostri interessi, ma vediamo come possiamo fare per continuare la nostra vita europea a testa alta… Partiamo da uno dei punti cruciali della questione, da uno di quei punti per cui molti di voi, cittadini perplessi e propendenti al “no”, avete sollevato lo spettro della ritorsione da parte della Confederazione Elvetica: la cioccolata. Continua a leggere

I migliori e i peggiori

Ce n’è di gente in giro, vero? Di ogni tipo, e per ogni necessità. Sembra fatta apposta. Vuoi incazzarti? Prego, ecco un impiegato di sportello imbranato, fresco fresco per il tuo sfogo. Vuoi darti arie da fighetto creativo all’ora dell’aperitivo? Pronti, per te un gruppetto di cross media expert residenti a Barcellona e Berlino, alti, sottili, scarpe lunghe, jeans attillati e corti e t-shirt nera senza niente. Ah, barba, ovviamente, e occhiali giganteschi con montatura scura. Vuoi invece una bella rissa da Far West? Eccoti maghrebini e ecuadoregni: distribuisci birre, semina zizzania e scegli poi da che parte stare (o scappa). Vuoi tirare i capelli a una vecchia insolente? Vai alle casse dell’Unes vicino a casa mia, la becchi sicuro. Vuoi indignarti senza timore di offendere nessuno? Ci sono i pedofili. Vuoi provare ribrezzo condiviso? Gli zingari. Protestare a più non posso? C’è la ‘casta’ (come se il problema non fossero gli italiani e il loro atteggiamento del cazzo, ma solo qualche centinaio di loro degni rappresentanti… mah). Vuoi far sesso? Le mogli! 🙂

Io non credo in niente, amici, o meglio credo nella gente e nella natura (sì, la marijuana era ottima, grazie per l’interesse). In ogni cosa c’è una via naturale e una che non lo è: credo che vada sempre imboccata la prima. E credo che nulla, e ribadisco NULLA al mondo sia assoluto e definitivo. Nulla che valga la pena di imporre a qualcun altro. La verità, la ragione non sono mai solo da una parte sola in una contesa, e il concetto stesso di ragione è tutto da vedere, talvolta. Ma non è questo il punto. Ci sono comunque fatti e dati inconfutabili, al mondo. Pochi, ma ci sono. Tipo, che Biagio Antonacci fa cacare e che i due litigiosi dei Soliti Idioti fanno morir dal ridere, cazzo. Che le lasagne al forno fanno sbavare da quanto sono buone e che i mocassini – ricordate? Quelli col penny incastrato in mezzo – sono scarpe ridicole. Fatti. Certezze.

Tra questi, tra le poche inconfutabilità umane, ci sono le due liste sotto: le persone migliori del mondo (in senso generico, come categoria) e quelle più merdose. Estremi speculari, nitidi e innegabili. Se non siete d’accordo, vi caccio da kaizenology e vi spedisco in uno di quei blog letterari in posizione migliore della nostra, nella classifica stilata non si sa bene da chi e come. Ma tant’è.

Dunque, le persone migliori del mondo:

  • quelle che ti salutano e ringraziano (o rimpregano)
  • quelle che ti si rivolgono con cordialità nelle cose di ogni giorno, tipo comprare un biglietto o una brioche, o nell’imbarazzo di volersi entrambi sedere nell’unico posto libero sui mezzi. Un sorriso cordiale, un prego cortese, anche se magari sei incazzato nero. Non serve di più, mica ti si chiede di fare il buon samaritano con gli estranei. Basta essere predisposti alla cortesia, all’empatia, perlomeno al primo contatto. Poi invece, in caso di problemi, come dico da sempre, pan per focaccia a profusione. E senza remore
  • quelli che sorridono si bambini, perchè hanno capito tutto della vita
  • quelli che stanno in fila senza cercare di fottere gli altri, perchè sereni e intelligenti: chi raccoglie semina, e chi vuole fottere sarà a sua volta fottuto senza pietà. E con immensa gioia
  • quelli ironici, perchè contiamo singolarmente molto meno di quello che ci piace pensare, e perchè sarcasmo e scetticismo, conditi di humor, sono un cibo più sano di permalosità e troppa autostima
  • quelli umili,  perchè troppo spesso si confonde dignità con benestare, che sono invece concetti diversi. Talvolta opposti, di fatto.

Le persone peggiori:

  • chi lascia la macchina in posti di merda, intralciando gli altri
  • chi guida come un criminale e poi va a finire che a schiattare ci finiscono gli altri, le vittime, e non lui, il maiale impunito
  • chi parla sempre e solo di se stesso, cos’ha fatto, cos’ha comprato, come si sente, cosa dicono gli altri di lui/lei… non gliene frega un cazzo della tua presenza, in quel momento, ha solo bisogno di audience. Ma chi se ne frega: nessuno lo ascolterà mai davvero e per giunta manco ti interesserebbe davvero raccontare a un tipo così qualcosa di tuo
  • chi tratta male qualcuno per pregiudizio o per pessima abitudine. Non fraintendetemi: trattare male ha il suo perchè, ma mai come primo approccio e senza motivazione. Allora è solo attitudine di merda, che va curata a pugni in faccia (metaforici). Sono convinto che se tal arrogante ricevesse – per esempio – dieci risposte di molto più offensive dei suoi approcci nei primi dieci contatti della giornata, giorno dopo giorno,  fanculo dopo fanculo, cambierebbe un pochino il suo modo di fare
  • quelli che si piazzano davanti alla porta scorrevole della metrò, appena fatto un passo dentro (e magari con zaino da giro del mondo sulle spalle) e non capiscono CAZZO che se entri adesso e devi uscire tra quindici fermati forse è davvero meglio che ti levi dai coglioni e ti vai a spalmare sul lato opposto, buono buono
  • chi butta rifiuti per strada, o nei boschi o sulle spiagge. O meglio, chi li butta dove non vanno buttati
  • chi alza le mani
  • chi fa cacare il suo maledetto cane di merda sul marciapiede e non raccoglie la produzione
  • chi evade le tasse

Per assurdo

  • Vincenzo Mollica si mette a fare domande vere al posto di leccare disgustosamente il culo dell’artista di turno. Non dico cattive o interessanti, eh? Figuratevi… dico solo vere (e comunque Vincenzone è simpatico, dai)
  • la Grecia esce dall’Euro, entra nel Dollaro e l’economia dell’Europa rinasce. Poi son cazzi di Obama
  • un olandese mammone rimane a vivere con i suoi fino a quarant’anni, e una volta in vacanza a Pamplona conosce dei ragazzi italiani che lo sfottono a più non posso per questa cosa
  • i tedeschi cominciano ad azzeccarci nell’abbinare le cravatte alle camicie e ai vestiti indossati. Sì, ok, concordo, è pura fantascenza ma vi ricordo il titolo del post sopra 🙂 grazie
  • l’Italia vince un mondiale o un europeo di calcio giocando veramente bene
  • Berlino e Barcellona diventano noiosi da far schifo e i giovani e i creativi se ne vanno tutti a, non so… Torino, Siena, Lecce. Come dite, Milano? No, grazie, i creativi mi irritano (anche se io sono sestese)
  • comincia a buttare male per i dj in giro: la gente se ne lamenta, la loro musica fa cacare, quella cazzo di consolle in alto diventa bersaglio di fischi e ortaggi ogni serata, in ogni locale. Tutti si sono rotti il cazzo, reclamano indietro la musica dal vivo. Piuttosto la sinfonica, l’operetta, ma non quella roba (non che io sia d’accordo, eh? Sono un Truck Driver techno, per certi versi.. è sempre per la cosa del titolo sopra)
  • esce una canzone di Biagio Antonacci con richiami post rock e venature prog. La critica anglosassone si spella le mani dagli applausi. Esce in copertina su Rolling Stone (edizione americana). I Mars Volta lo ospitano sul palco nel loro concerto del prossimo giugno
  • agli incroci hanno precedenza i pedoni che attraversano sulle strisce e non gli automezzi. Vabbè qui forse in effetti ho esagerato…
  • il commento televisivo di una partita di calcio si fa talmente elegante, discreto e asciutto che – come capita quando si guardano partite all’estero – si riescono ad apprezzare i suoni di bordo campo, gli schiamazzi, i cori
  • si smette di prescrivere antibiotici e altre medicine inutili a casaccio, a chiunque, e la gente è meno malata. E la spesa sanitaria diminuisce. E l’attitudine della popolazione diventa più ottimista, meno vittimista. Meno assistenzialista. Piano piano, ovviamente
  • chi guadagna di meno è quello che si paga più tasse di tutti, in proporzione. E qui non c’è un cazzo da ridere, amici
  • il canale televisivo Arte si mette a fare un gioco a premi tipo ‘Affari tuoi’ alle otto di sera, ma tutti gli intellettuali, i guru, gli artisti lo sostengono perchè dicono che è avanguardia, bellissimo, imperdibile, nuovo realismo ecc. ecc. e i loro ascolti vanno alle stelle. Nello stesso momento su retequattro parte una rassegna di teatro Nō giapponese. Gli anziani e i paolotti rimangono sbigottiti
  • Questa rubrica – truck driver – diventa intelligente, gradevole, corretta. Si parla pulito, di attualità, di letteratura, di costume, di percorsi creativi…

Per assurdo, intendo.

Kai Zen & Simone Sarasso a gran velocità verso Bressanone

Domani sera alle 20:00, al centro giovani Connection di Bressanone in via Ponte Widmann l’accoppiata Kai Zen| Sarasso torna a calcare le scene. Dopo New York, Boston e Toronto il Sudtirolo (!).A questo punto non ci resta che (ri)pubblicare un breve estratto da La guerra di Teo, il nostro racconto parallelo al graphic novel di Simone, United We Stand, ambientato proprio ai piedi del Rosengarten e che potrebbe fare il paio con questo  vecchio post.

Dal bollettino della brigata Andreas Hofer, “La guerra di Teo” 17 maggio 2013

Dopo la carneficina di Roverè e la morte di Tetano ci aggiriamo per il rifugio come cani rabbiosi in gabbia. Herbert si è scolato una dozzina di lattine di birra davanti al pertugio da cui dominiamo la valle. È in attesa di qualcosa che non c’è.
Siamo rimasti io e lui per il momento. Ci hanno contattato due ragazzi ladini scampati alla strage di Corvara. Ci raggiungeranno al punto di incontro d’emergenza della Brigata. Il santuario. Continua a leggere

Piccoli ignoranti crescono…

Il governo ha introdotto una prova scritta e orale di italiano per gli stranieri che desiderino ottenere il permesso di soggiorno a tempo indeterminato e poi magari col tempo (dieci anni) e un po’ di fortuna anche la cittadinanza. Ho dato una sbirciatina ai test proposti nell’esame, niente di complicato a dire il vero, però subito una domanda mi è sorta spontanea: ma se per assurdo introducessimo questo esame anche per gli italiani? Del tipo chi lo passa resta cittadino italiano, chi non lo passa diventa un apolide? Sono sicuro che in poco tempo la cittadinanza dello stivale si dimezzerebbe, non ho dubbi. E volete sapere perché? Continua a leggere

Qualcuno Con Cui Correre (Oded Davidoff – 2006)

Come spesso accade per i film d’autore stranieri che non appartengono alla categoria dei Blockbuster, anche per questa pellicola israeliana la distribuzione nel nostro Belpaese è stata breve e a macchia di leopardo. Peccato, perché a mio parere meritava migliori fortune. Per me, che ho avuto occasione di vederlo  su una pay-tv in orario notturno, devo dire che questo film, tratto dal romanzo omonimo di David Grossman, è un piccolo capolavoro. È la storia di Assaf, un giovane studente di Gerusalemme che per sbarcare il lunario si fa assumere al canile della città. Fra i vari randagi che vengono accolti al ricovero, capita un meticcio che si è appena smarrito. Assaf scopre che il cane appartiene a una ragazza di nome Tamar, che pare giri come una vagabonda per Gerusalemme. Quello che il ragazzo non sa è che la ragazza è a Gerusalemme perché alla ricerca di suo fratello, Shai, un chitarrista di grande talento ma tossicodipendente, che vive recluso insieme ad altri musicisti in una specie di “Comune”. Il proprietario di questo Ostello per Artisti è Pesach, un violento trafficante d’eroina a capo di una banda di spacciatori e copre i propri traffici illeciti con la gestione dell’Ostello. I ragazzi soggiogati da Pesach sono tutti musicisti di talento, ma tossici, e per questo schiavizzati dall’uomo che ogni mattina dopo averli riforniti delle dosi necessarie a “rimetterli in piedi”  li spedisce in giro per la città in piccoli gruppi a esibirsi con i loro strumenti nelle piazze, sempre controllati dai suoi scagnozzi. Tamar, anche lei musicista di talento, per tirare fuori il fratello dai guai si farà “assumere” da Pesach infiltrandosi nella sua Casa Per Gli Artisti. Assaf che si è messo sulle tracce della ragazza insieme al cane si caccerà in una infinità di casini, ma grazie alla sua tenacia e alla testardaggine riuscirà infine a ritrovare Tamar. Ma purtroppo i problemi non saranno ancora finiti… È una bellissima storia questa, di due ragazzi che si perdono, si inseguono e infine si ritrovano. È una storia israeliana di quelle che non ti aspetti, con una Gerusalemme incredibile, piena di Punk, musicisti, vagabondi, ebrei ortodossi, Kebab, insomma una nuova Babilonia dove tradizione arabo-israeliana e cultura occidentale si fondono in un magma che lascia spiazzati. La fotografia di Yaron Scharf accentua il senso di smarrimento di una metropoli che sembra appartenere a tutti ma che in realtà non è di nessuno. Non è dei giovani che vivono per strada bucandosi, rapinando e rubando tutto ciò che trovano, non è degli arabi che vendono ogni tipo di cianfrusaglia nei banchetti lungo le strade affollate di gente, non è dei terroristi palestinesi che provano a terrorizzare una popolazione che ormai sembra essersi abituata a tutto, compresi gli allarme bomba seguiti dall’arrivo dei robot teleguidati della polizia israeliana. In questo film Gerusalemme è una metropoli fatta di pezzi di altre metropoli, è un po’ Berlino con i punkabbestia e i chitarristi per strada, un po’ Parigi con i caffè eleganti pieni di tavolini all’aperto, un po’ Beirut con i palazzi diroccati, un po’ Baghdad con la gente vestita in stile arabo-palestinese, un po’ Amsterdam con la vita notturna che dura fino all’alba e un po’ Rimini con le sue spiagge piene di ombrelloni al sole.  Assaf e Tamar si muovono in questo caleidoscopio di orizzonti metropolitani aiutati dagli amici e ostacolati dai nemici, in una storia che è avventura e insieme ricerca di se stessi. Bravissimi i due attori protagonisti (Bar Belfer/Tamar e Yonatan Bar-Or/Assaf) e anche se non ho letto il libro di Grossman vi consiglio caldamente la visione di questa pellicola. Attenzione: sui titoli di coda potrebbe scattare la lacrimuccia…

Titolo

In Italia c’è poca mobilità, poca flessibilità oltre che nel mondo del lavoro, nella pubblica amministrazione, nell’abitare, anche nei modi di essere di noi stessi italici. Cioè se uno è notaio, per dire, sarà serio e tutto d’un pezzo SEMPRE, anche quando scende a prendere il latte o si presenta agli amici capelloni della sorella che fa la dj a Berlino. Cioè la professione – o meglio l’etichetta di certe professioni, di norma quelle più prestigiose – diventa la sua essenza, il suo modo di essere: è la sindrome del ‘titolo professionale’. Il titolo conta più di ogni altra cosa.

Fatto piuttosto arcaico per una società a elevato coefficiente tecnologico, non trovate? Andava bene forse durante il boom economico, quando spopolavano i Ragionieri con tanto di Rag. puntato davanti al nome (gli Ing. o Dott. erano addirittura considerati mezze divinità), o nel delirio materialista e yuppie degli anni ’80, del quale ancora ci portiamo dietro l’usanza di chiamare chiunque Dottore, sul lavoro. E non è solo una formalità, magari a sostegno della cortesia nelle interazioni, tipo il ‘voi’ della lingua francese, ma spesso un vero e proprio significato intrinseco. Cioè ‘il notaio è un rispettabile’, ‘il dottore è uno altolocato, adesso vediamo se ha tempo per te’, ecc…  Da qui lo status di ‘privilegiato’ di alcune categorie professionali italiane.

Molto male. Molto ma molto ma molto male, direi. Perchè non è più tradizione, cortesia o quant’altro. La definirei riverenza eccessiva, mancata emancipazione, ingiustizia sociale. Una fonte inesauribile di guai per il nostro paese: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Notai e avvocati circondati da schiavetti annuenti, medici e specialisti che ti dedicano al massimo una manciata di minuti, un paio di sguardi assenti e parole col contagocce durante una visita, professori universitari che manco si degnano di esserci durante gli orari di ricevimento e spesso per le lezioni stesse. Persino vigili urbani e farmacisti godono di uno status privilegiato, quando in fondo non hanno altro che un abbigliamento fantasioso.

Meglio allora l’informalità, il darsi del tu, la parità tra interlocutori, e meglio essere tante altre cose diverse, accanto a costumi e comportamenti dettati dalla professione. Perchè un notaio non può mettersi una tshirt sgualcita e jeans per farsi due passi al parco? Deve per forza farsi un guardaroba casual firmato da Ralph Lauren, con tanto di fazzoletto di seta attorno al collo,  e rimanere tutto d’un pezzo? E se volesse fare il fricchettone durante le sue ore libere? La mattina dopo tornerebbe comunque perfettamente notaio, come se nulla fosse.

E probabilmente sarebbe molto più simpatico.