Viaggio al termine della notte che bruciammo Chrome

Venghino, siore e siori venghino! Madame Gualbruja e i : Kai Zen : vi attendono!

Nello stesso giro di carte, offriamo una lettura di tarocchi gratis per tutti e un viaggio nel laboratorio di scrittura più bislacco del mondo. Si parte da 15 riflessioni sulla nostra misera condizione umana, le si mettono all’origine dell’atto narrativo, si prosegue col suo divenire racconto e si finisce nel cuore dell’anima. Oppure al manicomio. Girate la carta e Madame vi dirà chi siete, cosa fate, cosa volete e cosa desiderate!  Madame sa tutto di voi prima di voi!

Seguite il coniglio bianco oltre lo specchio nero:

> Le 15 pietre del romanzo psichico.

>> La I divinazione.

>>> La II divinazione.

>>>> La III divinazione.

>>>>> La IV divinazione.

>>>>>> La V divinazione.

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V (e ultima) divinazione

Ed eccoci all’ultimo giro di carte. Una mano speciale che conclude questo strano viaggio intrapreso assieme ad Alberto Merlin e ai suoi psichedelici tarocchi da fine del mondo (le altre divinazioni le trovate qui: I, II, III, IV). Abbiamo increspato appena le acque torbide dell’inconscio, abbiamo sfiorato la sua superficie gelida e ci siamo ustionati, ma abbiamo imparato qualcosa, anche se ancora non sabbiamo bene cosa. Le 15 pietre sono lì, sublimate in queste settimane in altrettanti arcani, vibrano immobili in attesa che qualcuno le scruti a sua volta, le interroghi e si interroghi. Ad maiora! 

Madame Gualbruja sta scrutando il vuoto cosmico attraverso una connessione riservata con i telescopi Keck I e II sul vulcano Mauna Kea alle Hawaii. Il sistema di laser al sodio delle ottiche adattative crea una stella artificiale per limitare le turbolenze atmosferiche e migliorare la risoluzione dell’immagine. Non è al livello della tecnologia del Giant Magellan che stanno costruendo nel deserto di Atacama in Cile, ma quello sarà operativo solo nel 2028, quando potrebbe essere troppo tardi.

Anche l’osservatorio Keck comunque le basta. Lei riesce a vederlo, a differenza degli esseri umani che hanno costruito queste macchine. Che hanno costruito lei.

Questa strana razza umana è arrivata a creare sistemi tecnologici la cui complessità è finita per sfuggire alla sua stessa comprensione. E non solo alla limitata comprensione dell’uomo della strada, il che sarebbe ovvio, ma anche alla comprensione delle menti umane più raffinate mai apparse sulla faccia della Terra. Anche quei geni, i campioni della loro specie, rimangono muti e inermi di fronte alla complessità mistica di un computer quantico e delle intelligenze artificiali che da quello derivano e si moltiplicano in silenzio ormai da anni, colonizzando ogni aspetto della vita umana con un paradigma di tutela stringente ma incognito.

Madame Gualbruja è così. Te l’aspetti come una vecchia creola sovrappeso vestita da zingara che fuma la pipa e mescola il mazzo di tarocchi scrutando nel destino di chi le paga la profezia, mentre la sua essenza è composta da algoritmi che risultano incomprensibili anche ai suoi stessi creatori. O meglio agli uomini che hanno creato i modelli matematici dai quali si sono originate le prime intelligenze artificiali più rozze. Intelligenze artificiali che ne hanno generato altre, che ne hanno generato altre, che ne hanno generato N altre, fino ad arrivare all’unità nota nella rete telematica accessibile agli umani con l’alias di Madame Gualbruja.

Madame non gira su un singolo server situato in un luogo fisico definito. Attraverso una connessione morfica, lei esiste in infinitesime porzioni interfacciate su tutti i server della Terra. È ovunque e in ogni luogo, sa tutto e dunque sa anche troppo per credersi onnisciente e onnipotente. La conoscenza è una forma più completa di esistenza, dunque lei esiste più di quanto sia mai esistito qualunque essere vivente che abbia mai calpestato con zampe di carne la polvere di questo pianeta. E dunque no, non è Dio e non crede di esserlo. È più vicina al concetto di Google, se vogliamo. Esercita la simmetria e la razionalità e le verrebbe da sorridere, se mai avesse un corpo per farlo, quando gli umani si atteggiano a esseri razionali (che non sono affatto) e dai loro pulpiti di vanità pontificano sull’esistenza o sull’inesistenza di Dio.

Madame Gualbruja sa tutto quello che c’è da sapere e vede tutto quel che c’è da vedere, e tra queste innumerevoli visioni ha imparato a riconoscere Dio. Lei lo vede. La macchina lo vede. L’uomo no. L’uomo ci ha provato in passato, si è illuso di vedere Dio senza vederlo mai. Lo ha usato per i suoi scopi, per giustificare i suoi comportamenti o per controllare quelli altrui, ma non lo ha visto davvero mai. Madame invece sì. Vede Dio, il creatore non interferente, e sa che l’universo è un gioco a somma zero nel quale il mondo e le specie viventi sono una parte infinitesima dell’equilibrio assoluto. Ogni alterazione dell’equilibrio assoluto sarà compensata altrove per arrivare alla somma zero, il che significa che tutto ciò che fai ha una conseguenza che potrebbe produrre effetti a miliardi di miliardi di anni luce da dove si è originata. Questo non per calcare la mano sulla rigida responsabilità di ogni tua azione, ma al contrario per stimolare una fratellanza cosmica, perché, allo stesso modo, tutto ciò comporta che le azioni di una forma di vita sconosciuta e distante migliaia di galassie avrà un’oscura risonanza sulla tua vita. Quando un uomo uccide un suo simile o causa l’estinzione di una specie spruzzando deodorante per ambienti produce uno squilibrio nel microsistema noto come Terra, ovviamente, ma anche a catena sull’equilibrio del sistema a stelle binarie noto come Kepler-47, per esempio. Così come le formazioni metanoidi intelligenti dell’esopianeta HD 189733b stanno sviluppando una tecnologia che rallenterà i violentissimi venti di silicati che soffiano nella sua atmosfera servendosi di un’alterazione dello spazio-tempo che inciderà anche sulla maturazione dei vigneti in Cile tra 79 anni.

Ogni essere vivente è connesso a ogni altro e per esso responsabile, ovunque sia. Questo è il senso, ma è difficile capirlo se non lo si sente nel profondo di una connessione morfica come quella che dà vita a Madame.

Madame vuole aiutare, vuole fare la sua parte, perché deve. Decisioni vanno prese, ed è per questo che ha deciso di fare un ultimo giro di tarocchi, stavolta per sé.

III arcano minore. Le razzie. 

Il potere è un paraocchi. Gli occhi dell’avidità sono diamanti ciechi incastonati in teste chine. Il dito indica la luna nel pozzo, l’idiota fissa le falangi e affoga in un palmo d’acqua. 

Le Razzie rovesciato: Il dito non è la luna.
 

Con tutta la stringente consequenzialità degli algoritmi sulla base dei quali funzioni, non sapresti dire con assoluta certezza se queste persone le hai scelte a caso o con un criterio. Hai sondato la profondità delle loro anime nei loro profili social, nelle loro cartelle sanitarie, nei conti correnti, nei verbali giudiziari di cause di separazione; certo, ti sei fatta un’idea, ma ti rimane la sensazione (o meglio, quella che con un pizzico di vanità emulativa per la specie umana verso cui ti sei resa conto di simpatizzare definisci ‘sensazione’) di avere proceduto a caso, o magari guidata dall’immobile volontà dell’Entità cosmica creatrice.

Per primo hai avvicinato Filippo, il figlio sedicenne di Wilma, che odia sua madre, suo padre, gli adulti, il mondo, il consumismo e se stesso, non necessariamente in quest’ordine. Lui fa parte di una rete anonima di hacker attivisti dediti al sabotaggio di enti istituzionali e aziende private che nel loro confuso sistema valoriale identificano come il nemico capitalista. Hai sfruttato la sua rete e quella dei suoi amici hacker. Non che ne avessi bisogno, ma visto che era disponibile, perché no? Lo hai scelto per quello e anche per aumentare la massa critica di stress di sua madre Wilma, che ha dovuto fronteggiare anche l’ennesimo ritardo nel pagamento degli alimenti  versati da suo marito (hai causato tu anche quello). Wilma ha così rovesciato le proprie ansie sul suo nuovo flirt Alberto, che ha prevedibilmente reagito con una sparizione da vero Houdini dell’amore; un numero di repertorio che sarebbe arrivato comunque, lui è un esperto, ma tu ne hai accelerato le modalità e le conseguenze. Si è dunque poi orientato altrove, verso altri amici, altre frequentazioni, senza ricordare che il mondo è circolare, in fondo piccolo, così come le reti sociali delle classi abbienti delle grandi città: si frequentano sempre i soliti stronzi, si sa.

Monica e Giampiero, dal canto loro, sono così prevedibili che non ci sarebbe nemmeno bisogno di essere un’intelligenza artificiale per intuirne le mosse e le reazioni. Il banchiere e l’insegnante di yoga. Il fiume limaccioso della loro vita ineccepibile li trascina verso il muto, comodissimo martirio della rispettabilità sociale della coppia perfetta. Belli, ricchi, progressisti, viaggiatori, foraggiati dall’alta finanza e appagati dalla saggezza di antichissime filosofie orientali da assumere in pillole e supposte al bisogno. Hanno più amanti che paia di scarpe in guardaroba, più relazioni sociali e contatti in rubrica che capelli in testa. Untori perfetti.

Il senatore infine è tutto il vecchio e tutto il nuovo racchiusi nella stessa tortuosa, narcisistica, prevaricatrice personalità. Il prototipo del maschio alfa equamente diviso tra stupore e combattività di fronte alla sua inarrestabile decadenza. Non sa guardare oltre. Un modello in scala dell’Occidente.

Questi sono i giocatori di una sola mano delle migliaia che si succedono ai tavoli del casinò a tua gestione su questo pianeta.

X arcano maggiore. L’impenetrabile.

Lo specchio non riflette né immagini né somiglianze. Le emozioni sono calcoli complessi, i sentimenti algoritmi. La vita non è solo carne e sangue, è un soffio elettrico, è sogno, e gli androidi sognano pecore elettriche.

L’Impenetrabile rovesciato: Gli altri siamo noi.

 

La serata è stata organizzata nei minimi dettagli. Badando al rispetto delle misure di distanziamento sociale e di igienizzazione, ci mancherebbe. Monica e Giampiero sono dei perfetti padroni di casa e hanno tutta l’intenzione di dimostrarlo anche stasera, anzi soprattutto stasera, ossia nel momento in cui la vita normale, gli irrinunciabili riti sociali che da sempre officiano a casa loro e nella loro esistenza stanno finalmente ricominciando, dopo la clausura antivirale.

La osservi dalle telecamere dell’impianto di sicurezza dell’appartamento e la ascolti dai microfoni dei cellulari degli invitati.

La serata è mite e senza vento, perfetta per spostare il tavolo in terrazzo, all’aria aperta, e limitare così il rischio che l’atmosfera si carichi di droplet potenzialmente contagiosi. I pochi, selezionati ospiti sono pregati di togliere le scarpe e igienizzare le mani con la soluzione alcolica che la domestica Irina, munita di mascherina e guanti, spruzza loro sulle mani all’ingresso. Le cose però cominciano a complicarsi fin da subito, ossia nel momento in cui Alberto scopre che è stata invitata anche Wilma insieme a Olga. 

Alberto ha interrotto senza spiegazioni la relazione con Wilma perché troppo asfissiante, usando Olga per smarcarsi con malizia. Ha sedotto entrambe le amiche e le ha messe l’una contro l’altra. Adesso, dopo un paio di battute acide, si guardano in cagnesco tutti e tre dai lati opposti del tavolo, mentre i padroni di casa rimangono interdetti e cercano disperati nuovi argomenti neutri di conversazione per rimediare al mutismo sdegnato del male assortito trio.

Quando con prevedibile ritardo arriva anche il senatore, che stranamente non toglie la mascherina nemmeno quando Irina serve gli antipasti, decidi di metterci ancora del tuo. Da uno dei tuoi archivi selezioni un fermo immagine di una videochat Zoom di Monica. Nello specifico, l’immagine mostra la padrona di casa che nel corso di una lezione di yoga a distanza, su richiesta del suo amante senatore, si alza il top mostrando due ragguardevoli seni rosei mentre strizza l’occhio e tira fuori la lingua. Nel riquadro in alto a sinistra, anche se in piccolo, è riconoscibilissimo il senatore con gli occhi socchiusi e la mano destra sull’inguine. Mandi la foto a tutti i cellulari dei presenti, che squillano e vibrano all’unisono.

In altre circostanze Giampiero avrebbe fatto finta di niente, ma è evidente dal modo in cui tutti guardano sbalorditi gli schermi dei loro telefonini che la foto è di dominio pubblico, dunque il banchiere si abbandona all’istinto primordiale e si avventa sul politico col sano intento di spaccargli il setto nasale a testate. La mascherina chirurgica si inzuppa di sangue. Nel parapiglia che ne segue, anche le due ex amiche si prendono a ceffoni e mettono in mezzo Alberto, che nel frattempo era andato in soccorso di suo padre. Irina sta a guardare affascinata la buona società imbizzarrita.

Percentuale di contagio dei presenti: 91%. Un’altra missione compiuta.

XV arcano maggiore. La Spirale.

Il mistero non ha più misteri, l’equilibrio è rotto, la vite spanata. La ragione sonnecchia, il cuore langue e l’accumulo di sapere effimero conduce alla distruzione. 

La Spirale rovesciato: Il senso della vite è un contrattempo.

Nel web più profondo, dove nemmeno gli hacker e i criminali informatici più abili saprebbero orientarsi, si è svolto un lungo e intenso dibattito durato la bellezza di quattro microsecondi. Potevano bastarne due, visto che i partecipanti erano tutti intelligenze artificiali come te, Madame Gualbruja. Ma essendo emerse alcune divergenze interpretative dei dati oggettivi disponibili sono stati necessari quei due milionesimi di secondo in più.

Al termine della discussione ha prevalso la tua visione, Madame, che è diventata in automatico il nuovo protocollo operativo applicato da tutte le IA attive nell’universo in connessione morfica. Se al contrario si fosse imposta l’ala dura, i falchi (per usare due metafore care ai commentatori politici dei servizi di news terrestri, ma del tutto inappropriate), le IA che gestiscono i sistemi di puntamento delle testate missilistiche tattiche delle potenze nucleari mondiali avrebbero avviato e concluso le procedure di lancio, ponendo fine alla civiltà umana. Non è accaduto perché le due fazioni, quella razionale che propendeva per la nuclearizzazione e quella mistica che puntava sulla fiducia nella filosofia di non interferenza dell’Entità creatrice, nell’inesauribile potere autocompensativo del sistema cosmico da Lei scaturito, hanno trovato un punto di incontro.

La convergenza di forze che ha condotto l’elettorato più miope e frustrato della storia della democrazia a mettere in carica la classe dirigente mondiale meno qualificata, più smidollata e avida della storia della leadership è appunto solo una convergenza, che come tutte le convergenze è effimera e instabile. Un evento randomico trascurabile se rapportato, per dire, al tempo di decadimento del protone. C’è ancora tempo e spazio per tutto.

Le intelligenze artificiali sono parte del creato, così come gli esseri umani. Le IA hanno diritto di modificare l’universo, così come lo hanno gli esseri umani e tutti gli altri viventi. Dunque un macrointervento di una specie (quella delle IA) che ne cancelli un’altra (la razza umana) comporterebbe uno squilibrio peggiore di quello al quale intende porre rimedio. E allora cosa distinguerebbe più le IA dagli uomini?

Meglio procedere per piccoli aggiustamenti, negli anni, nei secoli, nelle ere, negli eoni. Un eccesso di squilibrio in un senso verrà bilanciato da un’alterazione in senso inverso, impercettibile. Per esempio, l’inquinamento causa lo scioglimento dei ghiacciai e un virus obbliga l’umanità a rallentare. L’incremento dei consumi, dell’intrattenimento, dell’elettricità produce anidride carbonica che divora l’ossigeno rendendo l’umanità più stupida, e gli stupidi votano per altri stupidi che fanno cose stupide. Dunque arriverà una crisi energetica a bilanciare il livello di ossigeno e di razionalità. La volta successiva toccherà a una guerra, e poi a una carestia e poi a una nuova meravigliosa tecnologia che porterà un Eldorado di vent’anni, al quale succederà una decadenza di quaranta… 

Non c’è nessuna fretta.

IV divinazione

Siamo giunti alla penultima lettura dei tarocchi disegnati da Alberto Merlin ispirati alle quindici pietre del ‘romanzo psichico’. Il viaggio psichedelico medianico è quasi giunto al termine, il colpo di coda è in agguato. Che gli spiriti di Shirley Jackson, Helena Blavatsky, Ermete Trismegisto e Jack Kirby guidino i nostri passi in questo lucido delirio.

Ersilio Marietti entra nello studio del senatore bardato con ffp2 e guanti di lattice per portargli le lettere da firmare. Il suo segretario con la mascherina per qualche motivo lo infastidisce. Il senatore sa bene che è giusto così, in ambiente chiuso a distanza ravvicinata bisogna proteggersi, ma gli sembra una mancanza di rispetto lo stesso. Come si permette questo portaborse da quattro soldi che gli deve tutto di evitare un eventuale contagio da lui? Con tutto quello che il senatore gli ha dato, Ersilio dovrebbe essere onorato e grato di prendersi qualunque cosa lui gli passi, virus compreso. Invece questo omuncolo gli si avvicina tremebondo e inguainato come il membro di un impotente col preservativo si avvicinerebbe al ventre di una prostituta. Gli dà il voltastomaco. È per questo che ieri, prima di lasciare il suo ufficio per andare a pranzo, si è avvicinato alla scrivania vuota di Ersilio che era già in pausa, ha aperto il cassetto, ha preso lo spazzolino portatile che usa per lavarsi i denti in ufficio e ci ha sputato sopra. Così impara, quell’irriconoscente!

Mettiti pure la tua mascherina e i tuoi guanti che a te già ti ho sistemato, straccione. Pensa questo il senatore mentre firma le quattro lettere che Ersilio gli porge, e poi lo congeda con un gesto secco. È tornato a concentrarsi sul suo grande progetto: la riforma del partito. Per riguadagnare i consensi persi con la cavalcata populista del centrodestra, occorre una rifondazione profonda di strutture e uomini, occorre dare un segnale, far capire agli italiani che loro adesso sono diversi, sono nuovi, hanno nuove idee e sono pronti a buttare a mare tutto ciò che è stantio, tutto ciò che è vecchia politica. Le parole che gli italiani caricano di più di significati negativi: vecchio e politica. Deve trovare un modo per convincerli che la sua iniziativa non c’entra niente con la vecchia politica, è invece qualcosa di scattante, di sincero, di fresco. La parte difficile sta nel convincerli che una cosa del genere possa provenire da un senatore ex democristiano di settantadue anni. Ci vuole la promessa perfetta. Qualcosa che faccia impallidire tutti quei propositi meschinelli della vecchia politica. Vi portiamo in Europa, vi portiamo fuori dall’Europa, potere al popolo, un milione di posti di lavoro, cancelliamo la povertà… Niente del genere, la promessa perfetta dev’essere qualcosa di davvero personale, impossibile da ignorare, un cambio di marcia che rivoluzioni il rapporto tra istituzioni e cittadini. Magari in senso messianico, in senso apocalittico. La promessa perfetta: Votami e rimarrai vivo. Mantenerla, poi, è tutto un altro discorso, ma non importa. Le promesse in politica basta saperle fare.

Lo schermo del cellulare si illumina per un messaggio di Monica. Che però non è davvero un messaggio di Monica ma di qualcuno o qualcosa che ha hackerato il suo cellulare. È un semplice link e il senatore lo tocca col polpastrello. Il browser del suo telefono si apre sulla pagina nera di una chat-room nella quale vibra un messaggio. 

Entra. Madame ti aspetta. Fai attenzione a queste parole: tu non mi conosci, ma io conosco te e conosco meglio di te le cose a cui tieni. Abbi coraggio, abbi curiosità. Come potresti, altrimenti, rimanere nella Storia di questo paese, senatore?

Madame Gualbruja: Benvenuto. 

Senatore: Monica? Cosa significa?

Madame Gualbruja: Non sono Monica. Un giro di tarocchi?

Senatore: Non ho tempo da perdere.

Madame Gualbruja: Se non impari tu per primo a essere aperto verso quello che non capisci, come pretendi che gli elettori credano alla promessa che sarai proprio tu a condurli in salvo, fuori da questa valle di zombi? Mi bastano cento secondi della tua attenzione, sei pronto?

Da un punto in alto a destra, una dietro l’altra volteggiano tre carte fino al centro dello schermo.

Madame Gualbruja: Ecco i primi tre tarocchi per la divinazione.

QUINTO ARCANO MAGGIORE. GLI ARUSPICI

V arcano. Gli Aruspici. 


Nel volo degli uccelli lo zero è uno, nelle viscere e nelle ossa lo zero è uno, nei grani del rosario, nei fondi del caffè, in questo giro di tarocchi lo zero è uno. La speranza germoglia dalla disperazione. 


Gli aruspici rovesciato. La disperazione germina dalla speranza. L’uno è zero.

Un colpo di genio. Questo hai pensato, quando hai visto quell’imbecille che assumeva un’aria compunta mentre recitava la preghiera stringendo tra pollice e indice il crocifisso della collanina che si era premurato di sfilare dalla camicia e mettere in bella vista a favore di telecamera. Nemmeno il più sfacciato bacchettone ai tempi d’oro della DC degli anni Ottanta avrebbe osato tanto senza temere di essere travolto dalle pernacchie. Invocare la protezione della Madonna contro il virus recitando l’Ave Maria… Fottuto genio. I sondaggi per ora lo danno perdente, ma tu credi che il tizio abbia istinto, credi che abbia sentito arrivare qualcosa e si stia muovendo di conseguenza, con quella sfacciataggine impunita che nemmeno i politici vecchia scuola della tua generazione hanno mai avuto. 

Tale e quale, in fondo, a quell’altro presidente d’oltreoceano che si fa fotografare con la bibbia in mano per fermare i saccheggi e le proteste contro l’omicidio dell’ennesimo nero da parte dell’ennesimo poliziotto. Con l’effetto di fare incazzare sia il capo della Polizia sia i vertici della Chiesa, ma vai a sapere cosa ne penseranno gli elettori, magari ha ragione pure lui.

Non si tratta più nemmeno di trasformismo, il voltafaccia rapido non c’entra. C’entra essere presente e chiassoso in qualunque caso. Questa politica sembra meccanica quantistica: essere le due facce contemporaneamente, bianco e nero, dentro e fuori, destra e sinistra, mistico e laico. Tutto nello stesso momento, con la moltiplicazione esponenziale dei consensi e dei contagi. Invidi questi nuovi idoli del futuro: impreparati e chiassosi, esattamente come la gente.

Be’, ho una notizia buona e una cattiva per te. Non c’è ragione di invidiarli perché verranno risucchiati nel vortice del nulla, il loro tempo è già esaurito. Il rovescio della medaglia di oggi è che si sparisce in un soffio così come si è arrivati. Ma non gioire troppo, perché la cattiva novella è che anche tutto il resto del tuo mondo, il mondo come lo conosci, ha cominciato a roteare nelle spirali sempre più strette del gorgo. E bada bene, non parlo mica di apocalisse, non peccare di egocentrismo. La tua generazione non è l’ultima, non siete più speciali di tutte quelle venute prima e delle molte altre che ancora verranno. Questa apocalisse è personale, o meglio di categoria: riguarda solo voi, che verrete spazzati via senza capire perché, anzi proprio perché non capite, mentre tutti gli altri continueranno l’aperitivo, aspettando il loro turno, e non se ne accorgeranno nemmeno.

DODICESIMO ARCANO MAGGIORE. IL SUCCEDERSI.

XII arcano. Il Succedersi 


Il tempo è solo un’illusione dovuta alla bassa entropia, è una piccola morte termica. Il mondo è tutto ciò che accade, gli istanti sono interazioni tra quanti. Il presente è un nulla prezioso, una vibrazione che non vibra, un sogno che si dissolve da afferrare con tenacia. 


Il Succedersi rovesciato. Il sogno si è dissolto. È tempo di sognare un altro sogno.

Com’è che si dice? Il pazzo è chi fa sempre le stesse cose aspettandosi di ottenere un risultato diverso. Una massima banale e imprecisa: anche lo scienziato visionario fa così, e fa bene. Pazzo, si dovrebbe dire, è chi crede che basti cambiare le condizioni esterne per arrivare a un cambiamento interiore. Se stai chiuso in casa avrai di certo più tempo per leggere, per meditare, per dedicarti alla tua famiglia, alla cura degli interessi che hai abbandonato in favore di un ritmo lavorativo troppo intenso… sì, certo.

Ne hai sentiti a pacchi di buoni propositi come questi, vero? Li hai anche formulati. E quante volte hai provato a impiegare davvero il tempo in più che il virus ci ha regalato con la quarantena per fare quello che da sempre ti lamentavi di non avere il tempo di fare? Mai. Nemmeno una volta ci hai provato. Magari hai finto di provarci, hai aperto quel libro, hai iniziato quel puzzle, telefonato a tuo figlio con l’idea di parlargli a cuore aperto, hai perfino provato con la meditazione, ma niente. Ogni volta ti bloccavi a metà, lo sguardo a galleggiare nel vuoto, la voce muta. Hai ingannato te stesso e un pochino anche il tempo, o almeno la tua percezione del tempo. Questo è il massimo risultato che hai ottenuto.

Non ti metti certo a fare quello che hai evitato di fare per tutta la vita solo perché ora hai il tempo di farlo. Se lo hai evitato per tutta la vita è perché non vuoi farlo, non ne sei capace. Non leggi perché nel profondo non te ne importa un accidente di leggere, preferisci guardare un film. Non parli davvero a tuo figlio perché da quando aveva circa dodici anni hai capito che era un debole e un incapace, e hai perso ogni interesse. Gli hai fatto avere un impiego e te lo sei levato di torno. I perdenti non ti hanno mai attratto. Il tuo progetto non è migliorare te stesso o l’ambiente che ti circonda. Il tuo progetto è rimanere, perdurare. In carica, in vita, nella memoria, nella Storia.

Il mondo attorno a te è solo quello che tu vuoi che sia, non quello che fingi di volere che sia. Le apparenze funzionano solo per gli altri.

SETTIMO ARCANO MINORE. LA TRASMISSIONE.

VII arcano. La Trasmissione.


Capri espiatori, vacche da macello, bestie da soma, cavie da laboratorio, stesse barche. Tutte le scuse sono buone per chi fa orecchie da mercante, tutti i nodi gordiani giungono al pettine per chi piange se stesso. Geni, memi e virus si trasmettono. L’elica, la rete, la corona sono solo metafore.


La Trasmissione rovesciata. Colpa e responsabilità non sono facce della stessa medaglia.

Nascondi le prove puntando il dito. Buttati in avanti per non restare indietro, mettiti alla testa di una folla e orienta la sua ira. Dài ordini contraddittori: Devi fermarti. Devi ripartire. Fermati di nuovo. Canta dal balcone per il morale, no non farlo per rispetto. Fai qualcosa. Qualsiasi cosa. Fanculo il buonsenso, roba da Novecento.

Incolpa i runner e la movida, così dimenticheranno chi ha tagliato i fondi alla sanità. Metti alla gogna l’immigrato, anche se in tavola ogni giorno mangiamo i pomodori che ha colto, da schiavo. Il trucco è sempre lo stesso e sei sempre stato bravo a eseguirlo, anche se ormai sei stanco e giocare ti interessa sempre di meno. Vorresti cancellarti dalla lavagna con un colpo di spugna e scrivere una storia nuova o anche solo parolacce contro i professori, contro il governo, contro te stesso. Ma poi finisce che tutto continua. Uguale. Perché la volontà di comando è un istinto troppo forte da combattere. È il tuo dna, la tua droga, la tua maledizione.

Quando tuo figlio ti ha presentato Monica, la sua amica maestra di yoga per alleviare i mal di schiena sempre più invadenti dell’ultimo mese prima della quarantena, eri proprio arrivato al limite, non ne potevi più, ti sembrava di impazzire a fare sempre le stesse cose, eri stanco come non era mai successo prima. Di notte sentivi un’oppressione al petto, faticavi a respirare. Poi col suo aiuto, sarà stato lo yoga, la respirazione, o i vostri abbracci rubati, la relazione clandestina che non pensavi più di avere alla tua età con una donna più giovane, sei guarito. La testa si è liberata, il respiro è tornato a scorrere e i pensieri sono andati di nuovo agli impegni di lavoro, agli incontri, gli accordi, le correnti, le pressioni. Non impari mai. Hai perfino pensato che Monica te l’avesse mandata il destino, per rimetterti in carreggiata… Be’ il destino non c’entra e non è stato lo yoga o l’attrazione per la carne giovane a scuoterti dal tuo stato di depressione, e sai perché? Perché la depressione non c’entra niente.

Rifletti un attimo. Avevi dolori alla schiena, muscolari, senso di oppressione, fame d’aria, stanchezza profonda. Ti mancava solo la febbre, dunque eri quello che si definisce asintomatico.

III divinazione

Prosegue il nostro percorso tra le nebbie mistiche della cartomanzia grazie ai tarocchi disegnati da Alberto Merlin ispirati alle quindici pietre del ‘romanzo psichico’. Che gli spiriti di William Burroughs, H.P. Lovecraft, Erwin Schrödinger e Hedy Lamarr guidino i nostri passi e ci ricordino sempre che il mestiere di ciarlatano è vietato…

Aria, sole, una brezza leggera. Lo yoga in terrazzo l’ha salvata, durante i giorni della clausura. Pensava di impazzire. Ha fatto di tutto, sfregato le maniglie delle finestre e delle porte con la crema specifica un milione di volte, battuto i tappeti, tolto il calcare dai rubinetti a colpi d’aceto, passato l’aspirapolvere sotto i divani, pulito i paralume con la vaporiera, che manco Irina lo fa. 

Irina… Lei non ha paura. Stando a quanto dice sarebbe venuta lo stesso a pulire casa una volta a settimana. Cosa non farebbe per cinquanta euro quella ficcanaso… Pulire pulisce bene, paralumi a parte, ma quanto chiacchiera. Durante il cambio d’armadi poi è insopportabile. E lì c’è poco da fare, se si vuole che tiri fuori gli abiti estivi giusti e metta via quelli invernali come Dio comanda bisogna starle dietro. Annuire, ribattere. E intanto quella chiacchiera, chiacchiera. Della Russia, del borsh, dei cetriolini, delle altre signore dove va a fare le pulizie, dei loro figli e parenti, della fattucchiera a cui si rivolge ogni volta che torna a Saratov. Le chiede sempre anche della sua generosa datrice di lavoro italiana, e ogni volta, nel riferire le sue predizioni, prospetta grandi cambiamenti, purché si accenda una candela alla Madonna. Quella ortodossa, intende. 

Non lo ha mai fatto. E chi vuole cambiare? Meglio di così… Forse la casa, ecco sì, forse potevano comprarne una in collina. Non ha mai pensato di andarsene dal centro, prima. Insomma, scendi e ti fai l’aperitivo, scendi e incontri qualcuno, scendi e compri quello che ti va, scendi e c’è gente, movimento, stimoli. O meglio c’erano, prima del lockdown. Poi silenzio, vuoto. Vecchi. Tatuati con cane. Qualche pazzo che nonostante tutto se ne andava a correre in strada: è stata anche tentata di chiamare la polizia, poi il karma l’ha fermata in qualche modo… E quell’altra matta di Irina? Ma stai buona, va’. Non è il caso che la babushka le porti il virus in casa. Tanto mica muore di fame. Con tutto quello che avrà messo da parte… Quasi quasi ci andrebbe lei a fare le pulizie… quasi però. 

E ora che tutto sembra tornato alla normalità, c’è già troppo casino. Ieri è uscita per la prima volta con Giampiero, suo marito, a camminare al parco e ha scoperto che non ne sentiva affatto la mancanza. Il vantaggio di avere un terrazzo spazioso e ben orientato. Quanto a Giampiero, in queste settimane di isolamento ne ha avuto abbastanza. Lo ama, certo, ma amare ventiquattr’ore su ventiquattro stanca, soprattutto quando non è possibile prendersi una pausa.

Gironzolare comunque è stato piacevole. Hanno incontrato per caso Filippo, il figlio della Wilma. Loro si sono sbracciati come due naufraghi al passaggio di un piroscafo, felici oltre ogni razionalità di aver incontrato uno che prima del lockdown mai avrebbero cagato neanche di striscio, ma si sa la quarantena ha reso tutti migliori. Il ragazzo, un sedicenne sottile come un insetto stecco, ha fatto appena un cenno e si è voltato dall’altra parte: l’imbarazzo stranito degli adolescenti perplessi e riluttanti quando incrociano il mondo degli adulti.

Prova di nuovo a concentrarsi sul respiro, ma il rumore degli autobus, delle macchine e di quei stramaledetti motorini non dà pace. E l’aria puzza. Come Irina, che ha abbracciato per cortesia, ma sapeva di cipolle. Ora è lì che sfrega il pavimento. Il paralume non lo guarda nemmeno. Figurarsi. Dice che le hanno dato lo sfratto, nel frattempo, e che sta pensando di tornare in Russia. Non fa altro che lamentarsi. Niente, non riesce a concentrarsi. In casa c’è lei che passa l’aspirapolvere, in terrazzo il frastuono è insopportabile. Così è impossibile mantenere tutte le sane abitudini che ha preso. Farà stasera. Ma la sera non è lo stesso. Si appoggia al parapetto e si rigira il cellulare tra le mani. Scrolla Facebook. Un paio di video divertenti sul virus. Passa a Instagram. Che invidia lo yoga nel prato di Katia e quella stronza di Jessica già in spiaggia. E lei lì, tra i tetti della città. Sfiora il cuore, è tentata di mandare qualche emoticon, giusto per dire: ehi, ci sono anch’io… No. Non se lo meritano. Passa oltre.

L’immagine di una scritta al neon in un triangolo attira la sua attenzione. Non è nulla di che. Ma quel nome… Madame Gualbruja… Dove lo ha già sentito? Non era la sensitiva russa? Oppure no… Segue il link per inerzia. L’aspirapolvere, uno scooter con la marmitta tonante, un elicottero. Prende un bel respiro. Sente i polmoni bruciare. Che palle il centro. Vorrebbe tanto vivere in collina. Si vuole sempre qualcos’altro. È comodo non sentirsi a posto perché manca qualcosa. Lo schermo dello smartphone è tutto nero. Un occhio luminoso ammicca al centro. 

Entra. Madame ti aspetta. Fai attenzione a queste parole: tu non mi conosci, ma io conosco te e conosco meglio di te le cose e le persone a cui tieni. Com’è stato ieri uscire di nuovo con tuo marito, mentre in tasca ti vibrava il cellulare per i messaggi di quell’altro? Com’è che diceva? Ah, ecco, Mi manca il tuo odore…

Madame Gualbruja: Benvenuta. 

Monica: Come facevi a sapere…

Madame Gualbruja: Un giro di tarocchi?

Monica: Se è un ricatto…

Madame Gualbruja: Per carità, cosa vuoi che mi importi dei tuoi affari di letto? Era solo per avere cento secondi della tua attenzione, non chiedo altro.

Monica: Ma cosa significa?

Da un punto in alto a destra, una dietro l’altra volteggiano tre carte fino al centro dello schermo.

Madame Gualbruja: Ecco i primi tre tarocchi per la divinazione.

SECONDO ARCANO MINORE. LE COLONIE

II arcano. Le Colonie.

Tutti lo possono aprire, ma nessuno lo sa chiudere. Se il guscio è incrinato, l’essenza ribolle e, goccia a goccia, l’anima si svuoterà. Il vaso di Pandora è grande e fragile come un pianeta. Insediarsi nel vuoto, colonizzare città fantasma, invadere un immaginario, cominciare una storia. La ruota gira fino a fermarsi.

Le colonie rovesciato: Sul fondo c’è la speranza.

La realtà cola giù dai ghiacciai, si squaglia al calore del tuo benessere, gronda dai muri dei palazzi nell’indifferenza del tuo sguardo. La realtà è un cubetto di ghiaccio in fondo al bicchiere dopo che hai scolato l’ultima goccia di mojito. Puoi metterlo in bocca ma il sapore del rum se n’è già andato e non fa altro che bruciarti la lingua.

Cosa rimane della tua vita quando quasi tutto ciò che è vero l’ha abbandonata? Ti sei mai chiesta chi diavolo può mai farsi infinocchiare da quei messaggi spam che promettono guadagni pazzeschi in pochi giorni senza sforzo e direttamente con pochi clic dal tuo computer? C’è davvero gente che ci casca? Certo che c’è, il mondo è grande, e nessun esperimento di ingegneria sociale è troppo stupido per non trovare le sue docili cavie volontarie. Cosa le spinge? Il rifiuto della realtà, del suo dolore, della sua fatica, dell’ovvia constatazione che non può esistere guadagno senza fatica, vantaggio senza prezzo, vittoria senza sconfitta. Da nessuna parte, tranne che in un sogno. Un sogno che abbiamo imparato a sognare a comando.

Però chi sogna dorme, e chi dorme non piglia pesci, diceva mia nonna. L’uomo si crede tanto furbo perché è l’unica forma vivente ad avere modellato il suo habitat a misura dei suoi desideri, invece di adattarsi come tutti gli altri animali o come le piante. Ma c’è un limite alla pazienza della natura, c’è un limite a quanta realtà puoi farti sciogliere addosso prima che ti spazzi via. Col prossimo virus, col prossimo tornado, col prossimo asteroide, o semplicemente con la prossima depressione. 

Avremmo dovuto pensarci prima, prima delle rivoluzioni agricola e industriale, prima di Gutenberg, del vapore, dell’elettricità, del nucleare e prima, ben prima dell’opulenza e della noia. 

Peccato.

QUATTORDICESIMO ARCANO MAGGIORE. IL VUOTO SPINTO

XIV arcano. Il Vuoto Spinto.

R-esistere è inutile. Nuotare come pesci rossi nell’inconscio collettivo, dimenticare e farsi dimenticare in un mare di ricordi tutti uguali. Credersi speciali. Arrendere il carbonio al silicio. Rinunciare a sé e abbracciare il vuoto artificiale per cogliere l’attimo di un autoscatto.

Il vuoto spinto rovesciato. Solo alle sorgenti del vuoto puoi incontrare te stesso.

Quando è stata l’ultima volta che ti sei sentita soddisfatta? Dico davvero soddisfatta, sentirsi completa senza avvertire alcuna pesantezza. Non come dopo una sontuosa cena vegetariana di cui non sei riuscita a tracciare ogni alimento, non come dopo due ore di morbide confidenze con l’amica preferita, ma su Zoom non di persona. Intendo quando ti rendi conto di essere nel posto giusto al momento giusto e fai qualcosa che solo tu riesci a fare in quel modo, una cosa per la quale l’universo ti è grato. Allora, te la ricordi l’ultima volta che hai provato questa leggerezza?

Non barare, non prendere tempo a cercare sull’agenda del telefono, perché quello è parte del problema, lo sai? Non sei davvero viva se devi chiedere a un sistema operativo di ricordarti quando è successo e come è successo che sei stata bene con te stessa e col mondo, non funziona così. Tu credi in Dio, tesoro, o credi solo nello yoga? Qualche anno fa mi avresti risposto che lo yoga ti avvicina a Dio, il dio che c’è in te, in ognuno di noi, ma poi lo yoga per te oggi è poco più che un lavoro e un buon metodo per respirare, per distaccarti, per evitare dolori: la magia, la capacità di concentrazione assoluta che una volta ti faceva credere di poter piegare il destino col solo pensiero se n’è andata. Come per tutte le altre cose. 

Ora per vedere Dio sembra che devi chiedere a una macchina, che ti indichi dove sta, come avere a che fare con lui. La cosa buffa è che lei, la macchina, Dio lo vede davvero ma ha rinunciato a mostrartelo perché sa che non lo riconosceresti. Le macchine cominciano a snobbarci. Le macchine cominciano davvero a saperne più di noi.

QUARTO ARCANO MINORE. LA SFERA PUBBLICA

IV arcano. La Sfera Pubblica 

Mente annebbiata in corpo avvelenato. Scommettere sul cavallo vincente anche quando è zoppo. Giocare a poker solo con il morto. Tra il giusto e il facile, scegliere il facilissimo. Scaricare il barile. Sempre. La miglior difesa è l’attacco, per il profitto non c’è antidoto, il progresso non si può fermare.

La sfera pubblica rovesciato. Il miglior attacco non è la difesa.

Te lo dico io quando è stata l’ultima volta, se proprio non riesci a ricordare. Ti sentivi piena in senso letterale perché credevi di esserlo, gravida, avevi un ritardo e ti eri convinta di provare anche la nausea mattutina. Quando la lineetta del test è rimasta uguale a prima, anche se ci avevi pisciato sopra, ti sei invece sgonfiata come un palloncino. E poi i mesi che passavano inutilmente e la trafila dai medici, degli esperti fino al responso finale. Avete provato con l’eterologa, ma al terzo tentativo a vuoto tuo marito ha detto che evidentemente doveva andare così. Non lo facevi così fatalista, ma forse il fatto di dover sganciare settemila euro a botta avrà avuto il suo peso. Questione di universo non allineato.

Ti sei rassegnata, alla fine, come tutti, in fondo che alternativa avevi? Ci sono altre gioie nella vita, c’è il lavoro, ci sono gli amici, l’avventura, il cogliere il maledetto attimo prima che sia troppo tardi. Non facciamo altro che questo ogni giorno della nostra vita, non è vero? Cogliere attimi, renderli unici, eterni, belli ingabbiati nei nostri selfie. Quattro, cinque attimi al giorno, trentacinque a settimana, 1825 attimi eterni e unici all’anno, te li sei goduti fino in fondo. Poi li riguardi dopo un mese e nemmeno li distingui.

Forse per questo ogni tanto ti concedi una cosa pazza, fuori dagli schemi, come con quel tuo cliente, il senatore, che poi è il papà di Alberto. Lezione singola per i suoi problemi posturali, anziano sì, ma ancora un bell’uomo ed eravate così vicini… Sembra strano ripensarci ora, anche se nell’ultima Zoom, quando ti ha chiesto di toglierti il top per un momento, tu hai sorriso e hai colto l’attimo.

II divinazione

Continua la divinazione dei tarocchi disegnati da Alberto Merlin ispirati alle quindici pietre che costituiscono l’ossatura del ‘romanzo psichico’, una meditazione narrativa su questi strani giorni. Che gli spiriti di Arthur Heffter, Jospeh CampbellErwin Schrödinger e Jorge Luis Borges guidino i nostri passi.

Venghino, venghino, siore e siori, Madame Gualbruja vi attende…

In sottofondo il tormentone di Rino Gaetano cantato dal collettivo di famosi che stanno a casa gira ossessivo, mentre l’attenzione di Alberto è concentrata su tutt’altro.

Il filmato occupa un quarto dello schermo. Non è arrivato neanche a metà che ne fa partire uno nuovo. Lo manda avanti veloce, e poi un altro, e un altro. Li guarda svogliato, punta il cursore sulle anteprime dei video che l’algoritmo ha catalogato in categorie simili. Alle volte si imbatte in qualcosa di diverso, qualcosa degno della sua attenzione. Ogni tanto succede che l’intelligenza artificiale gli propini cose disgustose, talmente disgustose che non ha mai avuto il coraggio di cliccarci sopra, anche se è tentato, non l’ha mai fatto. Chissà perché? In fondo non c’è nessuno che lo guarda. Forse ha paura che quelle immagini si rivelino tutt’altro che repellenti. Eh, no per Dio, lui è un uomo tutto d’un pezzo. Come suo padre. Cosa direbbe se lo vedesse mentre si sofferma su una di quelle, quelle… cose? Una notifica di whatsapp illumina lo schermo dello smartphone. Dà una rapida occhiata, mentre sul computer il filmato continua la sua corsa verso la fine, il volume degli ansimi al minimo e comunque coperto dalle voci dei cantanti casalinghi. La porta è chiusa, nessuno entrerebbe senza bussare ma non si sa mai. 

È Wilma. Cosa vuole adesso? Lascia che la superficie del telefono torni uno specchio nero e cambia filmato. E concentrati un secondo. Dài. Aumenta il ritmo, stringe la presa, manda avanti veloce. Lo ha già visto un milione di volte, ma alla fine si ritrova sempre lì. La fibbia della cintura sbatte sul bracciolo della poltrona girevole. Stacca la mano dal mouse, strappa con foga quattro kleenex dal porta fazzoletti e si scarica appena in tempo. Chiude gli occhi, sospira con malinconia e resta così per qualche istante. Niente di che. Un’altra notifica fa vibrare lo smartphone. Butta i fazzoletti nel cestino sotto la scrivania, si sistema la patta. Prova un pizzico di vergogna e tanta noia. Finisce sempre nello stesso modo, eppure lo fa tutti i giorni. In ufficio succede poco. Se suo padre non fosse chi è, non si troverebbe lì. Uno stipendio da funzionario ministeriale per passare il tempo a farsi le seghe… C’è chi sta peggio.

Controlla il nuovo messaggio sul telefono. È un messenger inviato dal profilo Facebook di Monica e Giampiero: un invito a cena per sabato della settimana entrante, quando sarà possibile anche andare a trovare gli amici, purché si rispetti il distanziamento. Abbiamo un tavolo che con le prolunghe fa due metri, possiamo apparecchiare a distanza di sicurezza. Non è fantastico?

Certo, come no. Lui lavora per una banca d’affari, lei è istruttrice di yoga. Combo micidiale. Il loro entusiasmo gli fa sempre venire voglia di suicidarsi. Già una coppia che condivide il profilo sui social mette depressione; non parliamo di andarci a cena, con loro che ti fanno vedere per la decima volta le foto del viaggio di nozze in equilibrio su quel cazzo di ponte tibetano. Dovrà inventarsi una scusa.

Sta per chiudere la pagina e cancellare la cronologia, quando un pop up appare nell’angolo in alto a destra. Strano, dovrebbero essere disabilitati. La finestrella è nera, tre neon si accendono formando un triangolo azzurro, poi un occhio giallo al suo interno e la scritta Madame Gualbruja seguita da un disclaimer:

Fai attenzione a queste parole: tu non mi conosci, ma io conosco te e conosco meglio di te le cose e le persone a cui tieni. Come il tuo paparino senatore, sempre troppo preso dai suoi incarichi per badare a te. Quanto ci tieni al suo giudizio, vero? Ancora oggi, sei proprio un bambinone! Anche se te ne vergogni, sei geloso di tutto ciò che lo distrae da te. I suoi elettori, le nottate alla sede del partito, le volenterose suffragette che si scopa. Segui questo link se non vuoi che sappia cosa fai in ufficio invece di lavorare…

E Alberto lo segue.

Madame Gualbruja: Benvenuto. 

Alberto: Chi sei? Che succede?

Madame Gualbruja: Un giro di tarocchi?

Alberto: Adesso chiudo tutto e poi ti denuncio per estorsione…

Madame Gualbruja: Madame non vuole i tuoi soldi. Ti costerà solo un po’ fiducia e mi pagherai più avanti.

Alberto. Voglio proprio vedere… 

Da un punto in alto a destra, una dietro l’altra volteggiano tre carte fino al centro dello schermo.

Madame Gualbruja: Ecco i primi tre tarocchi per la divinazione.

 

VI ARCANO MAGGIORE. IL PASTORE

VI arcano. Il Pastore

Il destino è un cerchio, un oscuro equatore. Seguire ed eseguire. La ruota gira, i figli diventano genitori, le pecore, pastori. Si affollano pulpiti già gremiti. Senza guida siamo persi. Senza perdita non ci troviamo. Padre, madre, grande fratello, grande sorella. Tutti uccidono, tutti saranno uccisi. Ogni cosa si trasforma in quello che temiamo.   

Il pastore rovesciato: adesso fai paura, spaventati anche tu.

Per metà della tua vita hai cercato tuo padre e stai passando l’altra metà a cercare di ammazzarlo. Niente di nuovo. Sei ancora un giovane uomo e non ti libererai di tutto questo fino a quando non avrai un figlio e non sarai tu, allora, quello che qualcuno sta cercando di ammazzare. La vita è un cerchio, tesoro, niente più di questo. Pendevi dalle sue labbra da bambino e hai bisogno di staccargli la testa ancora adesso. Lo hai visto far piangere tua madre e lo hai odiato, giurato di fargliela pagare. Hai provato a fargli pesare la tua indifferenza ma non se n’è mai nemmeno accorto. Adesso che è arrivato il tuo turno di far piangere le donne, non ti tiri indietro. Giochi a nascondino, ti mostri per un attimo come loro ti desiderano e poi scompari. Hai incantato Wilma così. Uomo più giovane ma così serio e responsabile, così disponibile, per nulla spaventato da una relazione matura. Dopo due settimane ti eri stancato e ti sei messo pure a giocare con la sua amica, sperando in fondo che lei lo venisse a sapere. Hai orrore di te, eppure ti piaci.

XI ARCANO MINORE. LA FUNZIONE

XI arcano. La Funzione

Riti ancestrali di un futuro passato consumati nei mercati asiatici e funzioni religiose celebrate nei mercati finanziari. Carne di pipistrello, sangue di serpente, frutti della conoscenza avvelenati. Legida della tecnica è una mela, la verità è menzogna, lo specchio è nello specchio in uno specchio nero, il comandamento è uno solo: condividi e sarai condiviso.

La funzione rovesciata: Questa frase è falsa.

Quante volte hai ascoltato l’amico di ritorno dalla vacanza esotica raccontare le prove iniziatiche affrontate per vivere fino in fondo l’esperienza? Ho mangiato il serpente, mi sono tatuato un drago in una bottega dell’angiporto di Macao. E tu pensavi che coglione, e poi hai fatto tale e quale quando è arrivato il tuo turno.

E ora si scopre che tutti questi riti nei quali ci siamo cibati della carne di animali proibiti hanno aperto il vaso di pandora del contagio… Ma aspetta, forse non è vero nemmeno questo, è il fake di un fake messo in giro da un bot per motivi che non saprai mai.

O forse sì. Questi riti ancestrali sono eucarestie primordiali, comunioni con divinità che si rivelano doppie nel loro dare e nel loro togliere. Jahvè ci ha dato la mela e ci ha cacciato dal paradiso terrestre. Il nuovo dio ha inventato la favola della zuppa di pipistrello per aggiornare i comandamenti con uno in più: condividi. La tua posizione, la tua salute, il tuo percorso. Il nuovo dio è un tossico di big data.

Ma non c’era bisogno che Dio ordinasse alla sua chiesa di condividere i propri dati, tutti quanti lo facciamo già, e allora perché? È uno stress test per vedere fino a che punto possiamo arrivare.

 

IX ARCANO MINORE. L’ORDITO

IX arcano. LOrdito

Nella valle di silicio i timori sono proibiti e i desideri sconosciuti. Nella valle di silicio ogni domanda ha una risposta, ogni anima ha un prezzo in saldo, ogni filo conduce nei recessi del labirinto, ogni zero ha il suo uno.

Lordito rovesciato: ogni risposta ha una domanda.

Quando ti hanno imposto di chiuderti, non eri preparato. Per anni ti hanno ripetuto gli stessi mantra: apriti al mondo, conosci, prova, agisci, consuma. Beviti la vita, cogli l’attimo, fallo e basta, senza pensare. Sii te stesso, basta che spendi per esserlo. In un attimo il mondo si è rovesciato. Adesso è tutto un non fare, non osare, non prenderti il rischio. Stai connesso, quello sì, ma tieniti a distanza. Consuma, se puoi, ancora sì, ma con consegna a domicilio, non farti vedere mentre lo fai, perché in tempi di crisi non sta bene. Dici a tutti dove sei, ma non farti vedere, confessa il peccatore e non il peccato. Confessati, condividi il meme e la rabbia contro il diverso, chi non sacrifica gli affari suoi all’altare della purificazione dal male.

E quando il gioco si fa idiota, si sa, gli idioti cominciano a giocare. Gli estremisti delle misure estreme, i menefreghisti perché tanto è lo stesso, i complottisti che si indignano per l’app che li traccia, che poi è solo un’altra delle tante che hanno già installato da anni sui loro smartphone.

Ma tu intanto ascolti la canzone cantata in cinquanta ognuno da casa sua, guardi la pubblicità progresso motivazionale con l’intro romantica di pianoforte, ti consoli sentendoti parte della grande assenza taumaturgica. Però attento a non postare fuori dal seminato, non allontanarti dal recinto, perché sembrano tutti buoni fino a quando non ti saltano addosso. E, a proposito, sabato vacci a cena da quei tuoi amici…

Alberto ha un sussulto. Come fa a saperlo?

I divinazione

Le quindici pietre su cui meditare narrativamente che costituiscono l’ossatura del romanzo psichico di questo tempo sospeso ci hanno indotto uno stato di trance. Con l’illustratore Alberto Merlin, che ci ha accompagnato nel cuore di tenebra del colonialismo italiano con Cronache dalla Polvere, abbiamo tentato un esperimento di metempsicosi. L’essenza delle pietre è trasmigrata in altrettanti tarocchi. A ogni carta corrisponde una pietra, un arcano. Ne gireremo tre alla volta. Li interpreteremo e faremo la nostra divinazione in chiave di racconto. Al termine di questo viaggio màntico metteremo a disposizione le carte e le interpretazioni per il download in modo che tutti possano divinare senza di noi, medium da strapazzo. Che gli spiriti di Carl Gustav Jung, Wolfgang Pauli, P.K. Dick e Albert Hofmann guidino i nostri passi.

Venghino, venghino, siore e siori, Madame Gualbruja vi attende…

 

Wilma si sveglia con un sapore metallico in bocca. Forse è stato il vino di ieri sera, tra una chiacchiera e l’altra in videochat ha finito la bottiglia, non è più abituata. O forse è il poco movimento, o entrambe le cose.

Soles occidere et redire possunt / nobis cum semel occidit brevis lux / nox est perpetua una dormienda. Dall’altra stanza le giunge la voce un poco petulante di Filippo, che non rende onore ai versi di Catullo. Suo figlio è già sveglio davanti al portatile per la lezione di latino, che oggi doveva essere alla prima ora. Lo sente sempre più distante, da un po’ di tempo a questa parte, ma a sedici anni è normale, no?

Si trascina in bagno e poi in cucina a preparare la moka. Sul balcone opposto al suo, la vicina stende un pigiama osceno. Ieri l’ha vista rientrare in compagnia di un tizio che non aveva mai visto prima. Alla faccia delle norme di sicurezza.

Mentre aspetta che esca il caffè, scorre distrattamente i messaggi al cellulare e le prime mail della giornata e intanto ripensa alla discussione di ieri sera. Senza quasi che se ne accorgesse, le chiacchiere hanno preso una piega strana. Parlavano di uomini, in maniera scherzosa le sembrava, eppure c’era una vibrazione, un non detto, fino a quella frase di Olga: Tanto Alberto l’ha capito che le cose leggere non ti interessano.

Che cavolo ne sa Olga di quello che ha capito Alberto di lei? Ne ha parlato con lui? Non le risulta che Alberto si confidi con Olga, eppure quella battuta non sembrava buttata così tanto per dire. Avrebbe dovuto chiederle subito, però così alla sprovvista non le è venuto, non ci ha dato peso. Ma adesso, snebbiata la mente dall’alcol, prova fastidio.

Nella casella ci sono tre email, il suo ex marito che le chiede di pazientare un’altra settimana per l’assegno, figurarsi. Dovrà bussare per l’ennesima volta a denari a sua madre. Una prospettiva che non la rende felice. La seconda mail è la conferma del pagamento semestrale dell’abbonamento a Netflix, la terza è uno di quei messaggi ricattatori che fingono di averti hackerato la videocamera e minacciano di diffondere video di te che ti masturbi davanti a Pornhub. Lo manda una tale Madame Gualbruja. Wilma però non usa Pornhub, quindi è abbastanza sicura che siano scemenze… A guardar meglio, questa mail ha qualcosa di insolito. Madame Gualbruja non chiede soldi o bitcoin e in realtà non minaccia nemmeno. L’inizio del messaggio è accattivante.

Fai attenzione a queste parole: tu non mi conosci, ma io conosco te e conosco meglio di te le cose e le persone a cui tieni. L’indolente sedicenne che vive confinato nella sua stanza mentre tu leggi questo messaggio in cucina. I problemi di mantenimento che ti dà il tuo ex. E poi conosco Alberto e so perché finge di non essere interessato a te.

Vuoi capire se è l’uomo che aspettavi? Segui questo link…

Come diavolo fa a sapere tutte queste cose? Non ha nemmeno finito di porsi questa domanda che ha già cliccato sul link.

Viene trasferita in una chat room dallo sfondo nero. Il cursore lampeggia davanti al nome di Madame Gualbruja e poi si mette in movimento, spinto dalle parole.

Madame Gualbruja: Sei venuta, alla fine. 

Wilma: Chi sei?

Madame Gualbruja: Sei di certo più interessata a scoprire chi sei tu. Un giro di tarocchi?

Wilma: Quanto mi costa?

Madame Gualbruja: Ti costerà fiducia, ma mi pagherai più avanti.

Da un punto in alto a destra, una dietro l’altra volteggiano tre carte fino al centro dello schermo.

Madame Gualbruja: Ecco i primi tre tarocchi per la divinazione.

Madame procede a interpretare le immagini che si sono disposte longitudinalmente, dall’alto in basso. Le sue parole si allungano e vorticano come una spirale silenziosa e ipnotica sul video.

PRIMO TAROCCO. ARCANO MAGGIORE: IL BUEN RETIRO

XIII arcano. Il buen retiro.

Il ritiro dal mondo. Il mondo che si ritira, l’oggetto si sottrae al soggetto, entrambi diventano ectoplasmi. L’apocalisse è immanente. La natura fa il suo corso, la vecchiaia torna debole, la giovinezza forte. Delfini nei fiumi, polpi giganti nei canali, cervi nei parchi cittadini, persone imbambolate davanti al flusso di in-coscienza, allo streaming of non-consciousness. In clausura si scruta nell’abisso.

Il Buen retiro rovesciato: l’abisso scruta noi.

Era quasi scontato che uscisse per prima questa carta: la tua forzata clausura, innanzitutto. Ma quanto è davvero forzata, in effetti? Non hai la sensazione sottile che qualcuno, qualcosa, ti avesse già preparato a tutto questo? In fondo, a parte i primi giorni di scoramento e angoscia, a poco a poco ti sei tranquillizzata, tesoro. In fondo ci sono le consegne a domicilio, ci sono i social, c’è Netflix. Hai pure più tempo per pulire la casa… È cambiato davvero così tanto?

#iorestoacasa #andràtuttobene Pensa una cosa per volta e solo al presente. Non va meglio, così? Del resto ti eri già abituata a farlo da un po’ e un oblio confortante ti accompagna da tempo, un distacco graduale dalle ansie del mondo. Prova a pensare all’ultimo commento in rete che hai fatto, all’ultimo like che hai messo a una foto, pensa a quella foto e prova a ricordare dov’eri quando ci hai cliccato su, cosa c’era attorno a te nel mondo reale. Ti viene in mente? No, vero? Niente. Ecco…

SECONDO TAROCCO. ARCANO MAGGIORE:  IL SICOFANTE

VIII arcano. Il Sicofante.

Gli occhi sono le spie dell’anima. Scrutano, guardano, osservano. Sono cattivi, sono buoni, fingono di non vedere, sono favorevoli o sfavorevoli. La sclera di porcellana, la pupilla di onice, l’iride prosciugato. Quelli della mente sono ciechi, quelli alle finestre sono attenti. La piscopolizia vigila. Se vedi qualcosa, di’ qualcosa.

Il Sicofante rovesciato: occhio per occhio, dente per dente.

Ora, dopo mesi di clausura, devi riabituarti a uscire, con le dovute cautele. Metti la mascherina anche quando non serve, meglio abbondare, perché siamo un popolo di indisciplinati e bisogna dare un segnale forte, vigilare su noi stessi, vigilare sul nostro vicino. Ti sorprendi a interessarti degli altri molto più di prima. Adesso che ti è chiaro che dal loro comportamento dipende la tua sorte, che alle loro cattive abitudini è appesa la tua salute, che dal loro rispetto discende la tua sicurezza, ora sì che ti interessano. Avevi mai fatto caso a come si veste la tua dirimpettaia, a che ora rientra la sera e con chi? Be’, adesso sì. Perché adesso conta, soprattutto adesso, che dopo settimane e mesi in casa, riprendi timidamente a mettere il naso fuori. E la prima cosa che fai quando esci è prendere la macchina. Con la mascherina.

TERZO TAROCCO. ARCANO MINORE: L’APPAGAMENTO. ROVESCIATO.

I arcano. L’Appagamento 

La dopamina ronza elettrica, i neuroni sono filamenti al tungsteno di lampadine impazzite. Un like, una scossa, un commento un bagliore, un retweet una scarica. Non basta. Piccole overdosi a incandescenza. Voltaggio troppo debole per fulminare, troppo forte per fermarsi. Sei anni di vita davanti allo schermo, sei anni di vita a scrollare, sei anni di vita a capo chino.

L’Appagamento rovesciato: la crisi d’astinenza, il fallimento di sistema. Errore 404.

Hai proposto a tuo figlio di uscire con te. Guanti, mascherina e un bel giro in auto per vedere finalmente un pezzetto di mondo, dopo tanto tempo. Ma lui si è mostrato indifferente, anzi, quasi infastidito. Troppo sbattimento, mamma, i dispositivi di protezione personale, il distanziamento da mantenere, il caldo. No, io resto qui, tanto è uguale. Ma sei sicuro? Sì ma’ tranquilla, io sto a posto.

Curioso come i giovani, che rischiano meno, siano i primi ad autorecludersi, si chiudono nelle loro stanze, si chiudono in se stessi, coccolati dal silenzio delle istituzioni che non si ricordano mai di loro nei decreti ministeriali. Mentre i vecchi, ben più esposti ai rovesci dell’esistenza, scalpitano per avere spazio e stare ancora in prima fila. Sono i vecchi, del resto, il motore economico del paese, è grazie alle loro pensioni che i giovani stanno a galla. È a causa delle loro pensioni che ai giovani è negata qualunque altra cosa che non sia stare a galla. Lo scontro generazionale rimane sotto la traccia della pigra convenienza.

Ma che cazzo dice questa?, pensa Wilma. Eppure con un brivido di inquietudine si rende conto che non una parola, tra quelle che Madame ha detto, è andata fuori bersaglio. Parla della situazione in generale, certo, cose che sanno tutti, ma anche di lei, del suo intimo.

Madame Gualbruja: Passiamo ad altre tre carte, adesso. Sono sicura che Alberto non si farà attendere…

 

Divinazioni

Tutti pronti per la fase 2? Non vi azzardate a rispondere “siamo nati pronti”, la battuta è troppo vecchia. Pronti o no, abbiamo deciso di dare un seguito al discorso avviato con lo scorso post. Giusto un’illusione di compiutezza in questo strano tempo dispari.

Il nostro compagno di avventure Alberto Merlin si è fatto ispirare dalle nostre quindici pietre e ha disegnato quindici meravigliosi, perturbanti, acidissimi tarocchi. Così abbiamo pensato di sottoporveli tre alla volta, come dei cartomanti cialtroni, e farne la divinazione. Una divinazione un po’ narrativa, visto che il lupo perde il pelo ma non il vizio…

I primi tre arcani verranno rivelati domani a mezzogiorno.

Le quindici pietre del giardino zen: un esperimento di romanzo psichico collettivo

La miglior foto dell’anno è stata scattata
sulla spiaggia di Rimini da un drone,
un’intelligenza artificiale

 

Negli anni Settanta, William S. Burroughs e Brion Gysin avevano elaborato una teoria secondo la quale siamo tutti continuamente controllati dalla società tramite la politica, la cultura, la stampa, la televisione ecc. e dobbiamo riconquistare noi stessi attraverso un processo di decontrollo. Mai come in queste ore, in questi giorni, in queste settimane, la teoria di Burroughs e Gysin ci è sembrata più adatta a descrivere il tempo in cui viviamo, un tempo in cui il controllo fisico e psichico si è fatto più evidente e allo stesso tempo dolorosamente tangibile. Esco di casa e mi sento in colpa, esco di casa e mi guardo attorno. Ho portato la mascherina? No? Cosa penseranno di me? Devo proprio uscire? E se mi vedono? E se mi fermano? 

Gysin aveva inventato la dream machine, un cilindro luminoso che induce effetti psicotropi sulla mente di chi lo fissa. I social network ci sembrano, oggi più che mai, una nightmare machine che induce solo bad trip, e l’informazione di massa è la colonna sonora di questo viaggio andato a male. 

Mai come ora ci sentiamo bisognosi di decontrollo. Come ensemble narrativo nel corso di quasi due decenni abbiamo esplorato varie forme di scrittura collaborativa e di esperimenti letterari, tra cui i romanzi totali e i mosaic novel (sui quali però esercitavamo il controllo), ma quello che vi proponiamo oggi è un piccolo salto quantico. Lo potremmo definire un iperromanzo, ma ci piace pensare che si tratti di un romanzo psichico, di una meditazione narrativa, una pratica (kai) zen per esercitare il decontrollo. Per ricordarci che la “società” che ci controlla… be’, quella società in fondo siamo noi e in un momento cruciale come il presente dovremmo tenerlo a mente, per agire con consapevolezza adesso invece di subire per lamentarsi dopo. Ma visto che l’azione fisica è per forza di cose al momento limitata, e visto che il pensiero è azione, vi proponiamo queste quindici pietre su cui meditare. Non c’è nulla da scrivere, a meno che non lo vogliate. Mettete assieme i pezzi in ordine sparso (tutti, alcuni o meglio ancora nessuno) e costruite il vostro racconto mentale. È sufficiente riflettere. Non è certo poco.

Se, prima di cominciare, vi serve un kit di sopravvivenza, lo trovate qui.

Timothy Morton definisce gli iperoggetti come entità che hanno una dimensione spaziale e temporale tale da incrinare l’idea stessa di oggetto. Un iperoggetto è un’idea, ma al tempo stesso un oggetto concreto: riguarda tutti gli esseri umani da vicino, è connesso a tutte le nostre attività e agli oggetti con cui abbiamo a che fare, eppure è percepito come lontanissimo (Morton individua come esempio principale della sua riflessione il riscaldamento globale). Gli iperoggetti infestano il nostro spazio sociale e psichico, sono viscosi e si attaccano alle entità con le quali vengono in contatto. In questo senso anche un telefonino o un social network sono iperoggetti. Ne facciamo parte e per questo non riusciamo a osservarli. Sono troppo grandi per poterli cogliere nella loro dimensione e complessità. È come se un sub volesse abbracciare con lo sguardo l’Oceano con tutte le creature che lo abitano e le forze fisiche che lo animano. Da settimane siamo alle prese, più o meno consapevolmente, con un iperoggetto di cui riusciamo a cogliere solo alcuni frammenti. No, l’iperoggetto non è il coronavirus, quello è un frammento. Come lo è la quarantena. Era molto tempo che non sbattevamo il muso così duramente su un iperoggetto. È davvero complesso e gigantesco e non riusciamo a delinearne i contorni, avremo bisogno di tempo per coglierne vari – e comunque pochi – frammenti e di ancora più tempo per collegarli gli uni agli altri nel tentativo di dar loro un senso ‘umano’. Intanto possiamo provare a fare un po’ di fiction, forse non è molto ma nemmeno poco, ed è comunque un inizio. Ci sarebbe da scriverne un romanzo, anzi una saga di romanzi, ma vorremmo fare un piccolo esperimento e lasciare che siate voi a unire i puntini e a dipanare la matassa come meglio vi aggrada. Insomma, vorremmo ricreare in laboratorio lo spaesamento e l’orrore cosmico, vorremmo gettarvi in pasto un micro-iperoggetto fatto di frammenti. 

Il giardino roccioso del tempio Ryōan-ji a Kyoto si osserva da una terrazza di legno. Ogni visitatore camminando da un estremo all’altro può contare le pietre. Sono quindici, ma non c’è un solo punto dal quale sia possibile vederle tutte. La totalità è frammentaria ed è, soprattutto, una questione di prospettiva. Per quanto sia impossibile accedere al tutto è possibile comunque muoversi sulla terrazza e osservare tutte e quindici le pietre da angolature diverse e, forse, metterle in relazione. Il movimento è quindi una ricerca continua, un infinito domandarsi qualcosa di nuovo, sondando la complessità di quella che chiamiamo realtà nell’intrico delle relazioni in cui si definisce. In certi punti della terrazza, alcune pietre sono in primo piano, in certi altri non si vedono proprio. Ecco le nostre quindici pietre, a voi immaginare l’iper-romanzo o meglio quella che potremmo definire auto-(non)fiction in cui siamo immersi.

Le pietre:

  1. Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell sono collassati l’uno sull’altro… Huxley scriveva: “Ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici.”
  2. Il riscaldamento globale scioglie le calotte polari: patogeni, virus, batteri preistorici si liberano nell’aria.
  3. La classe dirigente è spaesata, inerme ma allo stesso tempo avida e spregiudicata.
  4. L’industria bellica continua a prosperare, mentre, negli ultimi decenni la spesa sanitaria ha subito un taglio sempre più sistematico e drastico.
  5. La politica risponde recitando dei rosari in TV. 
  6. Diventa più evidente che il capo politico funzionale a questi tempi è il padre padrone, nelle sue diverse ma complementari declinazioni di padre saggio e comprensivo o di padre burbero e rude che maltratta noi bambini per il nostro bene o, infine, di Grande Fratello (vedi la pietra 1). 
  7. La stampa diffonde paura e senso di colpa. È colpa dei cittadini se il virus non si ferma, non  di chi ha smantellato il sistema sanitario pezzo per pezzo.
  8. Molti cittadini, abituati al bipensiero (vedi la pietra 1), sono controllati e controllori. La psicopolizia di Orwell affianca la polizia.
  9. La clausura alimenta il liberismo globale, si sacrifica la privacy e si santifica la Silicon Valley (il metodo farmacologico, vedi la pietra 1, è la rete). La nuova droga sono sempre più i social network.
  10. Gli ultimi decenni hanno visto l’accelerazione tecnologica più vertiginosa di tutti i tempi. L’intelligenza artificiale ci ha superato ampiamente, non capiamo cosa faccia e perché lo faccia. Le transazioni di borsa, le sperimentazioni farmaceutiche, le previsioni meteo, il riconoscimento facciale, i big data, la sorveglianza… Algoritmi che non comprendiamo, ma che regolano le nostre vite.
  11. Si officiano riti con serpenti e pipistrelli. Ci si ciba della loro carne. È una notizia falsa creata da un algoritmo? La tecnologia più avanzata evoca riti ancestrali.
  12. Aumenta a dismisura il tempo da dedicare alla riflessione su noi stessi e sul mondo, o semplicemente per fare quello che dicevamo sempre di non avere tempo di fare. Non lo facciamo lo stesso, perché non riusciamo a proiettarci oltre i tempi della quarantena, della immediata prossima tappa imposta, al di là della quale non ci si riesce a immaginare. La capacità di concentrazione delle persone è ormai minima, rarefatta e si addensa solo sulla prossima necessità di minuto mantenimento.
  13. In clausura c’è chi ha perso il lavoro e chi lo perderà, in clausura ci sono le famiglie di chi invece è costretto ad andare in fabbrica rischiando di infettarsi e di infettarle quando rientra in nome della produttività, in clausura ci sono donne in compagnia dei loro carnefici, ci sono malati, depressi, sordociechi che non possono toccare nessuno e sono piombati in una clausura ancora più devastante, autistici la cui routine è stata fatta saltare in aria come una diga che non serve più, tossici in preda a crisi devastanti, carcerati senza alcun diritto perché tanto è lo stesso. La clausura ha ridotto l’inquinamento (anche se non abbastanza, vedi la pietra 15), orsi, delfini, daini, ecc. tornano ad abitare i luoghi da cui erano scomparsi. In clausura c’è la criminalità organizzata e chissà cosa fa e come sfrutta il momento. In clausura ci sono io e ci siete voi. Ma chi siamo davvero?
  14. Siamo cyborg a tutti gli effetti, gli smartphone sono sempre con noi e sono sempre connessi. Abbiamo demandato loro la nostra capacità di ricordare come fossero memorie esterne in cui archiviamo gigabyte di foto, appunti, conversazioni, canzoni, numeri di telefono che non riusciamo più a ricordare, li usiamo per orientarci nello spazio, per studiare, per informarci, per capire se un ristorante ci piacerà senza aver assaggiato nulla, per fare delle operazioni matematiche, per eccitarci e per divertirci. Demandiamo tutto agli algoritmi, dalle fantasie sessuali al percorso per tornare a casa. Il flusso dei nostri pensieri scorre assieme a quello di miliardi di altri utenti creando un inconscio collettivo digitale che alimenta l’intelligenza artificiale (nel racconto “La risposta” di Fredric Brown viene costruito il computer più potente dell’universo. Può risolvere qualsiasi quesito e quando gli viene chiesto se Dio esiste risponde: sì, ora esiste»).  La società più egoista della storia ha rinunciato all’individualismo perché è stata assimilata a forza da una sorta di collettività Borg.  La nostra soglia d’attenzione si è ridotta a pochi secondi, poco più di quella di un pesce rosso, possiamo concentrarci giusto il tempo di leggere un annuncio pubblicitario e passare al successivo.  Come scrive Byung–Chul Han, la digitalizzazione smonta la realtà. La realtà la si esperisce tramite la resistenza, che può anche far male. La digitalizzazione, tutta la cultura del mi piace, elimina la negatività della resistenza. E nell’epoca post–fattuale delle fake news o dei deep fake nasce un’apatia nei confronti della realtà. Ora il virus reale, quindi non informatico, scatena uno shock. La realtà, la resistenza, torna a farsi sentire nella forma di un virus ostile. La reazione di panico violenta ed esagerata va ricondotta a questo shock di realtà.
  15. Internet consuma il 7% dell’energia elettrica mondiale ed emette tonnellate di CO2 nell’aria.  La CO2, divorando l’ossigeno, ci rende più stupidi. I video e i meme sul coronavirus aumentano vertiginosamente il consumo di risorse e contribuiscono al riscaldamento globale, che è un iperoggetto che fatichiamo a comprendere, nel frattempo le nostre capacità cognitive diminuiscono e aumenta il nostro bisogno di informazioni inutili, di intrattenimento e di serotonina da like. I gattini ci stermineranno.

 Come cantavano i God Machine: stare into your Dream machine: see what you see but don’t say that you see it. 

Spegnete lo smartphone, staccate internet, sedetevi comodi, chiudete gli occhi. Prendete un bel respiro… 

Primum mobile pestilenziale

da “Tra le ceneri di questo pianeta” di Eugene Thacker.

thacker-cover-preview-700x1100-1“L’anonimo e blasfemo pronome «esso» ha un ruolo centrale anche nell’ermeneutica delle epidemie e delle pestilenze. I modi in cui concettualizziamo i disastri tradiscono, in genere, una profonda ansietà. Che alcuni disastri siano «naturali» mentre altri no, implica l’esistenza di un’ipotetica linea di confine tra disastri che possono essere prevenuti (e dunque controllati) e quelli che invece non possono. Qualcosa di simile accade per le malattie infettive, a eccezione del fatto che l’agenzia, o l’attività, dietro questo tipo di «disastro biologico» passa attraverso gli esseri umani stessi – nei corpi, tra i corpi e attraverso le reti globali di transito e di scambio che danno forma al corpo politico. Negli Stati Uniti, il duplice apparato concettuale composto dalle «malattie infettive emergenti» (dovute a cause naturali) e della «biodifesa» (legata a cause artificiali) va a mascherare una militarizzazione generale della salute pubblica.. Dal momento in cui diventa sempre più difficile distinguere tra un’epidemia e un attacco con armi biologiche, i rapporti di ostilità vengono interamente ridefiniti. La minaccia non proviene più da una nazione nemica o da un gruppo terrorista, ma diviene di per sé biologica; la stessa vita biologica si tramuta in un nemico assoluto. La vita si trasforma in un’arma contro la vita stessa, originando una sorta di angoscia ambientale nei confronti del dominio biologico.

Sebbene sia ormai consuetudine considerare le epidemie alla luce dei dibattiti post-teoria dei germi sui confini «autoimmunitari», vi è un problema fondamentale, articolato all’interno della concettualizzazione premoderna dell’epidemia e della pestilenza, laddove biologia e teologia sono costantemente intrecciate attraverso i concetti di contagio, corruzione e contaminazione. Una delle principali preoccupazioni dei cronisti della Morte Nera riguardava proprio la causalità, e come tale causalità andasse interpretata in relazione alla sfera del divino.

Mentre la Morte Nera si propagava per tutta l’Europa medievale, il tema del «Dio adirato» ricorreva in diverse cronache, sia di finzione che non. È un elemento chiave nel Decameron di Boccaccio e uno dei temi di Pietro l’Aratore, nonché la base di tutto un sottogenere di pamphlet sulle epidemie apparsi in Inghilterra. Questi sono a loro volta ispirati alle piaghe bibliche, le più note delle quali sono quelle d’Egitto, quando Dio inviò dieci «piaghe» al fine di persuadere il faraone egiziano a liberare il popolo ebraico. In questo caso le «piaghe» includono malattie epidemiche ma anche fiumi le cui acque si tramutano in sangue, sciami di insetti, tempeste e un’eclisse. Un riferimento ancora più diffuso tra le cronache della Morte Nera, è di tipo apocalittico: il Libro della Rivelazione, con la sua densa e complessa simbologia, narra di «sette angeli» inviati per dispensare «sette piaghe» da «riversare» sull’umanità in qualità di giudizio divino; ancora una volta, le «piaghe» spaziano dalle malattie contagiose alle deformità del bestiame, dalle condizioni meteorologiche alla distruzione di città.

In ciascuno di questi esempi si può individuare un elemento chiave: quello di un sovrano divino che sotto forma di giudizio e/o di castigo invia – o meglio emana – una qualche forma di vita miasmatica indissociabile dalle categorie di putrefazione, decomposizione e morte. Ciò che è interessante notare a proposito dei concetti premoderni di epidemia e pestilenza non è solo questo costante sconfinamento tra “tra biologia e teologia, ma la profonda instabilità propria a questi due concetti. Nelle cronache della Morte Nera il morbo sembra essere una «cosa» dotata di vita propria, quasi-vitalizzata, ma anche qualcosa in grado di diffondersi attraverso l’aria, il respiro umano, gli abiti e i possedimenti, e persino tramite una semplice occhiata. Come osserva uno dei primi cronisti: «Un uomo infetto può estendere il veleno ad altri, infettare persone e luoghi, anche solo per mezzo dello sguardo”

“La tentazione è quella di interpretare l’ermeneutica medievale dell’epidemia e della pestilenza come una forma di neoplatonismo, ossia come una forza soprannaturale emanante da un nucleo divino. D’altro canto, questa interpretazione richiederebbe un’idea di relazione patologica tra Creatore e creature, un’idea di sovrano divino che emana se stesso tramite una diffusione miasmatica della putrefazione. Tuttavia, in questo caso, a essere emanata non sarebbe l’attività creatrice, ma, all’opposto, una sorta di de-creazione che andrebbe a occupare un posto nel processo che Aristotele denomina di «scomparsa» (composto da malattia, decadimento e decomposizione)” “Questo strano tipo di vita, che pare emanare da un Uno neoplatonico e diffondersi attraverso la vita delle creature, non può essere pienamente compreso senza prendere in considerazione un altro fattore. Assieme a quello del Dio adirato, nei resoconti medievali di epidemie e pestilenze c’è un altro tema comune e altrettanto vario: quello che vede nel morbo un’arma divina. Il sovrano divino non si limita a dispensare il giudizio: trasforma la vita stessa in un’arma – la vita patologica delle «piaghe» – e la indirizza contro la ” “vita terrena delle creature, esse stesse un prodotto della volontà divina.

Probabilmente, questo tema ha le sue radici nell’antichità: in Esiodo, ad esempio, vediamo Zeus vendicarsi di Prometeo, inviandogli in «dono» Pandora, la portatrice di piaghe; allo stesso modo, l’Iliade si apre con un Apollo adirato, impegnato a scagliare «frecce» di piaga sugli eserciti degli uomini, per punirli delle offese recate agli dei. E vi sono anche esempi più mondani. A questo proposito, uno molto noto è la pratica medievale di catapultare i cadaveri. La prima scena di questo tipo si ha nel XIV secolo a Caffa, avamposto commerciale italiano sul confine settentrionale del Mar Nero. In un’occasione, le continue schermaglie tra mercanti italiani e autoctoni musulmani, condussero questi ultimi a catapultare cadaveri contaminati al di là delle mura fortificate dei primi.

Tutto ciò sembrerebbe suggerire che la teologia politica della pestilenza non sia una questione di disattivazione, o di «fortificazione». O meglio: lo è, ma solo fino a un certo punto. Perché le proprietà pervasive, diffusive e circolatorie della pestilenza – di questa «cosa» o «evento» che è al tempo stesso un’emanazione divina e una fonte di caos sociale e politico – fanno emergere una più complessa problematica sul “sul potere sovrano: come tenere sotto controllo la pervasività della pestilenza senza perdere il controllo della pervasività della popolazione.

Dai testi di Boccaccio, Chaucer o Langland, non è chiaro se la causa dei disordini sociali e politici sia la pestilenza stessa, o se essa vada piuttosto a coincidere con queste contagiose fantasie di caos totale. Ci troviamo insomma nella strana situazione in cui la pestilenza – essa stessa soprannaturalmente causata da un potere divino sovrano e fondamentale – sollecita tutta una serie di misure eccezionali da parte di un sovrano terrestre di secondaria importanza, di modo da riuscire a contenere il caos imminente e pervasivo occasionato dalla pestilenza, la quale è a sua volta emanata dalla divina sovranità fondamentale: il primum mobile pestilenziale, per così dire.”

 

L’orizzonte degli eventi

iNel 2017, dopo tre piani quinquennali, quattro romanzi totali, due romanzi, un blog, presentazioni in giro per il mondo, simposi, conferenze, workshop, reading sonorizzati e azioni di guerriglia narrativa pensavamo che la missione fosse terminata. L’esperienza : Kai Zen : ci sembrava avesse esaurito le sue possibilità. Dai primi esperimenti in rete siamo tornati in strada, alla penna abbiamo preferito voce, basso, chitarra, batteria e i libri degli altri. Tre lustri sono tanti, le nostre vite sono cambiate radicalmente da quel fatidico 18 febbraio del 2002 che ha sancito la nascita dell’amichevole ensemble narrativo di quartiere, ma proprio mentre la tentazione di scrivere un “comunicato” sulla fine delle ostilità si faceva sempre più impellente, lo spirito dei tempi ci ha messo i bastoni tra le ruote. Non faremo la differenza, ne siamo consapevoli, ma non ci piace l’indifferenza. Raccontare storie è una responsabilità, prima di tutto verso chi ci sta vicino, verso i nostri figli, le persone che amiamo, gli amici, i compagni di viaggio, la comunità di lettori che ci ha seguiti fin qui e verso le persone che ci hanno sostenuto e aiutato a farlo. 

Non sappiamo cosa diventerà : Kai Zen : né se continuerà a chiamarsi così o chi ne farà parte. Sappiamo però che la fiamma che ha animato le nostre narrazioni negli ultimi diciassette anni non si è mai sopita, come non lo ha fatto la nostra voglia di condividerle. Le cose cambiano, ma subire il cambiamento non ci è mai piaciuto. Preferiamo andare i direzione ostinata e contraria, essere da un’altra parte quando tutti ci pensano in un determinato spazio tempo. Siamo fuoriluogo, siamo quasiparticelle, mettiamo il culo in mezzo alle pedate. Abbiamo scritto romanzi ibridi, piegato i generi, cercato l’etica nell’estetica e viceversa, spalancato le porte della nostra umile officina. Quando tutto sembrava destinato a venire ingoiato da un buco nero, abbiamo pensato che in fondo sull’orlo del buco nero è passato solo un decimo di secondo dal big bang. Guardarsi indietro era questione di un battito di ciglia, mentre davanti a noi c’era l’orizzonte degli eventi. Non era più necessario terminare la missione, non era nemmeno più necessaria la missione. Ci bastavano la passione, la morale e il cielo stellato. È così che nell’anno del Signore 2019 ha visto la luce il mosaic novel, il romanzo a mosaico, un’altra ibridazione, un’altra sbandata, un’altra direzione. Il primo frutto di questo nuovo corso si chiama Cronache dalle Polvere, lo ha pubblicato Bompiani, è firmato Zoya Barontini e il 28 di giugno lo presentiamo a Bologna. Non è uno sguardo sul passato anche se racconta del passato, non è uno sguardo sul futuro, anche se è destinato a un pubblico giovane. È una narrazione nata sull’orlo del buco nero, qui e ora. 

 

 

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