Ispirarsi alla storia 4

andreotti_gelliIl Gatto e la Volpe…

Ci sono due personaggi che per almeno 30 anni hanno influenzato vite, economie, storie, leggi e fuorilegge del nostro paese. Io li chiamo il Gatto e la Volpe, molti li chiamano Belzebù e il Venerabile, all’anagrafe rispondono ai nomi di Giulio Andreotti e Licio Gelli. In Italia hanno gestito interessi, parlamenti, economie, hanno corrotto politici, arruolato militari e agenti segreti per oscuri scopi, hanno deviato inchieste giudiziarie e coltivato pericolose “amicizie” e tutto questo lo hanno fatto in modo sistematico e strutturale. Si può dire che sulla carrozza, o forse meglio, sul carrozzone “Italia”, uno era il cocchiere, l’altro il bigliettaio. E dicendo questo non dico niente di nuovo per gran parte degli italiani. Libri, film, documentari, giornali hanno raccontato la vita e le “opere” di entrambi, hanno teorizzato risposte più o meno plausibili ai misteri legati alle azioni e ai pensieri di Gelli e Andreotti. Non starò quindi a ripetere cose che già in altre sedi e in altri tempi sono state dette, esaminate, commentate e ricommentate. Quello che invece mi preme far notare e che forse potrebbe sorprendere e disorientare qualche nostro concittadino è che da quel carrozzone polveroso e malandato chiamato “Italia” i due signori in questione non sono ancora scesi. Sono ancora lì, invecchiati e forse stanchi, ai loro posti di comando, un po’ defilati dal palco al riparo dai riflettori del presente, ma comunque vivi e pronti a fare la loro parte. Per fortuna di nuovo in molti se ne sono accorti: giornalisti e scrittori che con poche forze e poco sostegno provano a far riemergere la verità dei fatti, tentano di far sapere al resto d’Italia e del mondo che il Gatto e la Volpe hanno forse perso il pelo ma non il vizio. Una di questi è la scrittrice e giornalista Antonella Beccaria che nel suo libro appena uscito, IL PROGRAMMA DI LICIO GELLI una profezia avverata?, chiarisce che le idee e le “proposte” del Piano di Rinascita Democratica dell’antico burattinaio della Loggia Massonica Propaganda 2 sono ancora in piedi, attualizzate e contestualizzate nel panorama sociopolitico odierno, e soprattutto riprese e sviluppate dagli attuali centri di potere in modo trasversale, cioè sia da destra che da sinistra (del libro dell’amica e collega Beccaria ci occuperemo meglio in un altro post). Un altro esempio sono i due giornalisti Provvisionato e Imposimato, che nel loro libro DOVEVA MORIRE, attribuiscono all’ex leader democristiano Giulio Andreotti delle precise responsabilità nella tragica fine dell’allora presidente della DC Aldo Moro. E questi sono solo alcuni esempi fra i tanti, di come i due galantuomini possano essere collocati al centro di grandi misteri italiani, per dirla alla Lucarelli. Io credo inoltre che l’Onorevole e il Venerabile si possano finalmente mettere in relazione fra loro, cioè si possano direttamente collegare le malefatte dell’uno a quelle dell’altro. Non sono pochi quelli che lo hanno sempre creduto, di nuovo giornalisti, scrittori e semplici liberi pensatori, ma oggi sono convinto si possa affermarlo con decisione e senza troppa paura di essere smentiti. E esistono almeno tre importanti fatti del passato in cui gli interessi dei due uomini di potere si sono incontrati fino a quasi sovrapporsi.

                      Il primo avvenne sull’aereo che il 20 giugno 1973 riportò Juan Domingo Peròn, o meglio, provò a riportare il capo di stato argentino nel suo paese natio dopo un periodo di esilio forzato in Spagna. È ormai accertato che sia Andreotti che Gelli erano fra i passeggeri di quel volo. Anni dopo, il ex-capo della P2 sosterrà che la sua amicizia con Peron era stata fondamentale per l’Italia, però non spiegherà mai il perché.

                    Il secondo è avvenuto qualche anno più tardi. Esiste un memoriale  scritto da Aldo Moro durante i 55 giorni di prigionia, i suoi ultimi, che venne sequestrato dalla polizia in un blitz nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso 8 alla periferia di Milano, il 1° Ottobre 1978(1). In quell’occasione il capitano dei carabinieri Roberto Arlati e i suoi uomini arrestarono i brigatisti rossi Bonisoli, Azzolini e Mantovani e sequestrarono numerosi plichi di carte fra cui il memoriale di Moro. In seguito il colonnello Bonaventura si fece consegnare da Arlati il plico contenente gli scritti di Moro per fotocopiarli. Quando il giorno stesso in cui gli aveva presi riconsegnò i fogli al capitano dei carabinieri, questi si accorse che ne mancavano alcuni(2). Solo nel 2001 i due magistrati Mancuso e Padulo scopriranno in un archivio della Digos dei documenti contrassegnati dalla dicitura “Sequestro Moro, documenti ritrovati in via Montenevoso, elenchi appartenenti all’organizzazione Gladio“. Quasi sicuramente sono parte dei fogli scomparsi quando il plico era nelle mani di Bonaventura. Il 10 Ottobre 1990, inoltre, in un intercapedine dell’appartamento di via Mone Nevoso 8, sempre quello, erano stati rinvenuti un mucchio di fogli di carta, una pistola e un mitra. Tra i fogli ritrovati c’era anche il famoso memoriale, che però conteneva di 53 pagine in più. Nelle “nuove pagine” si parla del rapporto fra Andreotti e Sindona (uomo della massoneria di Gelli) e per la prima volta della struttura Gladio, l’organizzazione clandestina promossa dai servizi segreti italiani e dalla Nato per contrastare un’eventuale invasione sovietica dell’Italia(3). Quindici giorni dopo la scoperta dei fogli l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti sarà costretto per la prima volta ad ammettere in pubblico l’esistenza di Gladio, anche se la lista degli appartenenti all’organizzazione che verrà fornita ai giornalisti (622 nomi) sarà più stringata di quella ritrovata da Mancuso e Padulo nell’archivio della Digos (1909 nomi). Per conoscere il numero e il contenuto completo delle pagine mancanti (infatti nonostante le 54 pagine in più del 1990 e l’archivio Digos del 2001 si ritiene che esistano altre parti del memoriale) sarebbe stato interessante interrogare di nuovo il colonnello Bonaventura. Ed è infatti quello che aveva intenzione di fare il sostituto procuratore Franco Ionta, tuttora titolare dell’indagine sulle carte di Moro. Peccato che Bonaventura muoia il 7 novembre 2002, ufficialmente a causa di un arresto cardiaco.  

                   Il terzo, infine, avvenne durante il tentato golpe ai danni del governo italiano, fallito da Junio Valerio Borghese e i suoi uomini la notte del 7 dicembre 1970. È ormai risaputo che dietro Borghese operavano personaggi politici e istituzionali di primo piano. Per esempio è accertato che in quel di Genova si tenne una riunione fra gli aspiranti golpisti e i maggiori imprenditori liguri, fra cui l’industriale Piaggio. Si sa anche che al progetto golpista parteciparono alte cariche militari come il capo del SID Vito Miceli. Molti dei segreti di questa vicenda però, forse i più importanti, sono saltati fuori solo nel 1991 allorché il giudice milanese Guido Salvini, che stava effettuando indagini diverse, entrò in possesso delle registrazione fatte dal capitano Antonio La Bruna durante le sue indagini immediatamente successive al tentato colpo di stato. In quelle registrazioni l’imprenditore Remo Orlandini, uno dei golpisti, riepilogava gli avvenimenti e i protagonisti dell’operazione Tora Tora (nome in codice del golpe) a due agenti segreti infiltrati dal La Bruna nell’organizzazione paramilitare di Borghese. I nastri vennero in un primo momento consegnati a  Andreotti, allora ministro della difesa e quindi referente dei servizi segreti, e prima di essere resi pubblici vennero da questi epurati di alcune parti ritenute dal ministro “non importanti” o addirittura “nocive” per le indagini. Le registrazioni pervenute, o meglio, scoperte dal giudice Salvini sono invece le originali, prive di tagli e rimaneggiamenti. Mettendole a confronto con quelle “aggiustate”, Salvini si accorgerà che l’opera di cesoia effettuata da Andreotti è tutt’altro che marginale. Per esempio, nei nastri originali Orlandini riferisce che la notte del golpe, secondo i piani concordati, alcuni appartenenti alla Loggia P2, fra cui Licio Gelli, avrebbero dovuto rapire il capo di stato Giuseppe Saragat mentre esponenti della mafia siciliana dovevano eliminare il capo della polizia Angelo Vicari. Insomma, in quest’ultimo caso è Andreotti che si è dato da fare per il “collega” Venerabile. 

                       Una curiosità: utilizzando software peer to peer per il recupero di files, interviste audio e documentari che riguardassero Gelli e Andreotti ho scoperto che se si effettua una ricerca congiunta dei due soggetti, in pratica se si digita “Andreotti” e “Gelli” nella medesima finestra di research i risultati che si ottengono sono …0. Il Gatto e la volpe per il web sono ancora un mistero e noi tutti quindi speriamo, come ebbe a dire Beppe Grillo in uno dei suoi rari e memorabili interventi sui canali Rai, che una volta che il povero Giulio sarà passato a miglior vita si aprirà la scatola nera che cela sotto la gobba e finalmente si saprà tutto sui misteri d’Italia. Restiamo in attesa…

 

(1) La vicenda è narrata molto bene sul sito de La Storia Siamo Noi:                    http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=350

(2) Arlati lo racconta nel libro scritto col giornalista Renzo Magosso Le carte di Moro, perché Tobagi

(3) Interessante per capire la struttura e gli scopi di Gladio è il libro di Daniele Ganser: Gli eserciti segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale.

1 thoughts on “Ispirarsi alla storia 4

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