Da oggi è disponibile sul sito di RAI ALTO ADIGE la prima puntata del podcast, anzi del mockcast, MORTE DI UN GIALLISTA BOLZANINO, prodotto da Studio Banshee e Riff Records per la RAI con il sostengo della Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige – Cultura Italiana. Il podcast è stato scritto da Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa, le musiche e la produzione sono di Stefano d’Arcangelo e Stefano Campetta.
Le puntate saranno disponibili ogni giovedì dopo la diretta della trasmissione Zeppelin condotta da Paolo Mazzucato.
Chiunque sia padre o zio (o nonno o babysitter, o al limite pedofilo) sa bene che i bambini, tutti i bambini, sono pazzi per la televisione. Non importa se siete la famiglia più intellettuale e radical chic del pianeta, se avete o non avete la tv a casa (o come spesso accade la nascondete per il mondo esterno, o per l’esattore della tassa Rai, ma ce l’avete eccome, anzi ne avete due), se avete un sacco di bei giochi di società, oppure delle idee meravigliose per intrattenere sempre i mocciosi. Niente di tutto questo è rilevante: i vostri figli (o nipoti ecc.) prima o poi si rincoglioniranno davanti alla tv, e ne vorranno sempre più, in modo sempre più ossessivo, senza sosta, senza fondo. E la cosa vi darà fastidio. Oh, se vi darà fastidio.
Ma non c’è rimedio, sapete? Funziona così, questione proprio genetica, probabilmente. I bambini adorano rincoglionirsi con la tv. È che ne è passato di tempo da quando eravamo noi a rincoglinirci, chi se ne ricorda più? E comnque, con quegli schermi di merda che c’erano una volta, con la gente che ci parlava attorno tutto il tempo, l’audio ridicolo, il rumore di fritto misto dalla cucina eccetera chi riusciva veramente a rincoglionirsi? Nessuno, diciamolo. Oggi invece, con tutta questa qualità di visione e ascolto, hai voglia…
In relazione a tal spiacevole fenomeno infantile il genitore del terzo millennio ha fondamentalmente due strade da seguire, o meglio tre. Eccole:
1* essendo il genitore stesso un patito di tv, un prodotto medio dell’accozzaglia umana degli ultimi cinquant’anni, non gliene frega più di tanto dell’irresistibile carica a piazzarsi davanti allo schermo e sciropparsi n’importe quoi a qualsiasi orario del proprio erede. Anzi. Più cresce, più aumenta l’area di gusti convergenti nei programmi da sciropparsi. Dunque, accesso libero 24/7, o quasi. Attenzione a schifarlo, amici internauti di un certo spessore culturale come il sottoscritto, alla fine forse questo approccio è quello che porta a casa il risultato migliore (incoscientemente, d’accordo)…
2* essendo il genitore un gran bel pezzo di intellettuale, attento alla reputazione, alla salute, all’alimentazione, al politicamente corretto, all’importanza della lettura, della cultura della tolleranza, del rispetto bla bla bla (insomma, tutti noi qui presenti), la televisione è bandita o tollerata a fatica, e dunque non viene somministrata, o solo in occasioni specialissime, solo per poco tempo, solo per certe visioni, solo accanto a un adulto, solo senza sgranocchiare nulla nel contempo eccetera. Insomma, mille paletti a tentar di smorzare il fenomeno della volontà infantile di rincoglionimento. Bene. E i risultati li porta a casa, cotanto impavido genitore? Boh
3* essendo il genitore un amante dell’ibrido (non del brivido), un meticcio, un disilluso, un pratico, un individuo che vuole vivere anche la propria vita, la televisione è permessa al marmocchio a determinate regole, tipo un massimo di orario quotidiano, un determinata fascia oraria e non altre, e via dicendo. In via teorica tale soluzione dovrebbe evitare il tipico fenomeno di voglia matta derivante da divieto (funziona più o meno così per tutto, con noi simpatici umani) e anche il rincoglionimento totale da reiterata, libera esposizione ai raggi gamma emanati dal televisore.
Certo, far rispettare gli accordi nel quotidiano sarà senza dubbio più difficile rispetto a lasciare libero accesso o tenere lo strumento tecnologico sotto apposita tendina nascondente, dunque inizialmente forse vi chiederete: ma chi cazzo me l’ha fatto fare… non potevo scegliere la busta uno o la busta due? Ma nel lungo periodo, amici, questo gran pezzo di gnocco di camionista vi garantisce:
vincerete.
Non avranno più interesse nella tv, un giorno.
Guarderanno youporn o si metteranno mezze nude in bacheca su meetic
Amici, perdonate questa mia incursione da persona poco informata. D’altronde cosa potete aspettarvi da un camionista di Sesto San Giovanni con l’Oklahoma in testa? 😀 Leggevo in questi giorni di format televisivi, di Endemol, di Che tempo che fa, di Affari tuoi, di Mediaset e Rai, e avrei maturato dentro una domanda: ma… format di cosa, per fare una trasmissione con semplici interviste? Cioè, volete dirmi che paghiamo fior di soldi a questi magici olandesi – gente per me di famiglia – per poter fare una trasmissione televisiva fatta di interviste? Ditemi che non è vero… Continua a leggere →
Il governo ha introdotto una prova scritta e orale di italiano per gli stranieri che desiderino ottenere il permesso di soggiorno a tempo indeterminato e poi magari col tempo (dieci anni) e un po’ di fortuna anche la cittadinanza. Ho dato una sbirciatina ai test proposti nell’esame, niente di complicato a dire il vero, però subito una domanda mi è sorta spontanea: ma se per assurdo introducessimo questo esame anche per gli italiani? Del tipo chi lo passa resta cittadino italiano, chi non lo passa diventa un apolide? Sono sicuro che in poco tempo la cittadinanza dello stivale si dimezzerebbe, non ho dubbi. E volete sapere perché? Continua a leggere →
Sono appena tornato dalla solita rigenerante vacanza estiva nei Paesi Bassi. Meteo gradevole e soleggiato, sistemazione di lusso presso la casa di amici in viaggio, marijuana del negozio all’angolo sorprendentemente più leggera (che mi abbiano appioppato quella per anziani, visto che comincio a sembrare vecchio?), cibo come d’abitudine piuttosto deprimente. Questa volta però – fusilli o non fusilli – mi sono messo d’impegno per capire bene il funzionamento di una delle cose per le quali Italia e Olanda sono davvero agli antipodi: la televisione. E non intendo circuiti elettrici, schede analogiche e fusibili. Intendo la gestione della televisione pubblica quale medium per eccellenza, mezzo di comunicazione capace di influenzare e indirizzare la crescita (o decrescita) di una società, di un paese intero. Noi italici ne sappiamo qualcosa, giusto?
Ebbene in Olanda la televisione pubblica funziona attraverso gli Omroep, i gruppi di trasmissione, che sono entità private rappresentative di una fetta di società (gruppi culturali, politici, religiosi, artistici ecc..) alle quali vengono assegnate le concessioni per la trasmissione di programmi. Il requisito necessario è annoverare un numero minimo di 50.000 ‘soci’ sul territorio nazionale. Gli Omroep migliori ottengono i maggiori ascolti e di conseguenza le fasce orarie di trasmissione migliori. Automatismo banale ma funzionante alla perfezione, e ben diverso da quanto ci appioppano in suolo italico: beccatevi ‘sto Carlo Conti o ‘sto Panariello di sabato sera, e vediamo chi prende più Auditel. Esattamente il contrario.
Nei Paesi Bassi la televisione pubblica è gestita in modo decentrato, indipendente, fuori dal controllo governativo. Così è possibile trovare programmi del tipo più disparato: di intrattenimento – innovativo o di basso profilo che sia, di approfondimento culturale, di utilità sociale, dal taglio religioso/solidale, giovanilistico, alternativo, nazional popolare ecc.. Fanno eccezione i programmi sportivi e di informazione, che a ragione non vengono assegnati a nessun Omroep (o a tutti gli Omroep) ma gestiti da un gruppo di trasmissione apposito, questo sì controllato e obbligato a rispettare canoni di oggettività e imparzialità. In pratica, il servizio pubblico è gestito da tante società che si specializzano in certi tipi di prodotti televisivi, per accontentare i propri abbonati. Strutture snelle, autonome, produttive, che provano a conquistare altre fette di mercato cercando di meritarselo. L’essenza del concetto di concorrenza, no?
Ce lo propinano a livello teorico da decenni, ma qui da noi non si è mai visto applicato in un nessun settore. Ci ha provato Bersani qualche anno fa e tassisti, farmacisti e notai si sono sdraiati sull’asfalto per protesta, bloccando traffico e riforme. Questa è l’Italia, mezzo piede in Europa e il baricentro sbilanciato all’indietro in piena Repubblica delle Banane. Qui da noi la televisione si fa con una sola grande, pachidermica, ingessata RAI, che sceglie cosa vedrà in tv il paese intero l’anno prossimo attraverso un solo consiglio di amministrazione, un direttore, un presidente, sulla base di non si sa bene quali criteri – se non quello di scimmiottare la televisione privata – mentre nei Paesi Bassi la pluralità è garantita dalla struttura stessa. Più facile di così… Fai programmi sulla vita di tutti i giorni degli anziani e ottieni successo (cioè ascolti)? Avrai fasce orarie sempre migliori. Rappresenti la parte del paese a cui piace la musica tradizionale? Puoi trasmettere il concerto dei maggiori artisti del genere, con fanciulle danzanti in zoccoli di legno e gonne larghe alla ‘bella olandesina’. Credi nell’intrattenimento senza tabù e censure? Se sei seguito dalla gente, avrai il tuo spazio televisivo.
Si evita così che un certo tipo di programmi (che ne so, reality show e via dicendo) abbia un monopolio di fatto, dettato dalle mode, dalla poca fantasia o competenza di chi decide, dallo strapotere di sponsor e spot pubblicitari, o da un preciso progetto – meno innocente di quanto si creda – di somministrare spazzatura televisiva. Poi non lamentiamoci se l’Italia sta affondando: la nostra televisione è indecente e continuiamo ad affidarne la gestione a un manipolo di uomini dalle dubbie qualità e dalle indubbie spinte politiche. A questo punto meglio la tv satellitare, o – meglio ancora – la tv spenta.
È da tempo che seguo il lavoro di Antonella Beccaria, i suoi libri, i suoi saggi, sempre così completi e allo stesso tempo così “leggeri”, di facile lettura. Naturale quindi chiederle per prima cosa come si svolge il suo lavoro di ricerca e di riordino del materiale.
Dove svolgi le tue ricerche per recuperare il materiale che ti occorre, come le coordini?
Prima di tutto cerco dei libri che trattino in modo specifico o più o meno tangenzialmente l’argomento che mi interessa. Poi, dato che molte delle storie che affronto sono state in precedenza discusse in tribunale o sono state oggetto di indagini giudiziarie, cerco di procurarmi gli atti relativi che sono sempre una fonte importante da consultare. Parallelamente allo studio degli atti comincio a sfogliare le rassegne stampa del periodo in questione e per quanto possano sembrare spesso approssimative e circostanziali consentono sempre di contestualizzare il periodo e stabilire, per esempio, quali erano i fatti importanti che accadevano in quei giorni e come si intersecavano con le altre vicende del periodo. Infine, quando ho raggiunto una buona padronanza sull’argomento comincio ad avere un confronto diretto con i testimoni dei fatti o con persone che sono state coinvolte nella vicenda. Questo mi serve per verificare la veridicità delle fonti consultate e scoprire eventuali incongruenze.
Parliamo del tuo nuovo libro: Licio Gelli, a tuo parere, oggi quanto ancora influisce sulla vita degli italiani?
È una bella domanda e sicuramente non è facile rispondere. Diciamo che a molti, soprattutto ai media, interessa parlarne in un certo modo. Non viene mai presentato come un uomo condannato per fatti gravissimi, fra cui il depistaggio per la strage alla stazione di Bologna, ma di solito lo si introduce come un intellettuale, un poeta e uno scrittore, addirittura una persona a cui bisogna essere grati. Anche da sinistra gli si è reso omaggio per aver donato parte del suo patrimonio documentale all’Archivio di Stato di Pistoia. Ultimamente è stato presentato, e non solo su Odeon TV(1), come un opinionista storico e non è raro sentirlo intervenire a commento della vita politica italiana contemporanea. È stato il primo a dire che il suo piano di rinascita democratica è stato attuato quasi alla perfezione dalla classe politica attuale e che quindi qualcuno dovrebbe pagargli i diritti di copyright. Ha addirittura lodato pubblicamente quello che lui ritiene il suo migliore e unico erede, Silvio Berlusconi, l’unico a suo dire ad essere in grado di portare a termine il piano originario della P2.
Qunidi non credi anche tu, come Marco Travaglio, che siano stati gli uomini politici di sinistra a portare avanti in modo più prolifico il progetto massonico iniziato da Gelli?
In effetti a sinistra hanno dato una grossa mano al progetto della P2. Inoltre da governi di sinistra sono arrivate iniziative legislative che vanno in quella direzione. Pensiamo alla legge sul conflitto di interessi mai realizzata dai governi di sinistra anche quando ne hanno avuta la possibilità. Travaglio nel suo libro, non a caso intitolato L’Inciucio, spiega questa strana commistione di interessi fra destra e sinistra che Mino Fuccillo di Repubblica aveva già evidenziato coniando per primo il termine “inciucio”, appunto, per indicare la strana convergenza fra i programmi politici della destra e della sinistra italiane. Ancora oggi però, sia Travaglio che altri giornalisti, fanno notare che se per la destra italiana i vantaggi di questa commistione di interessi sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, resta ancora un mistero chiarire quali opportunità e cosa ci abbia guadagnato la sinistra italiana.
In un’intervista a Gelli di qualche anno fa nella sua villa di Arezzo, la giornalista Concita De Gregorio evidenziava che un numero incalcolabile di politici, imprenditori, affaristi e banchieri facessero ancora visita all’ex numero uno della P2 per chiedere favori, raccomandazioni e “spintarelle”. Questo ci porta a credere che l’ex Venerabile ricopra ancora un ruolo di primaria importanza non solo nella vita politica italiana ma anche in quella economica e finanziaria…
La De Gregorio lo ha anche ripetuto recentemente che personaggi del mondo dello spettacolo, della finanza e dell’imprenditoria fanno spesso visita a villa Wanda(2). In effetti si può dire che questa rete di relazioni non si sia mai interrotta. C’è un rapporto della Digos di Arezzo che attesta come fino agli inizi degli anni 90′ rappresentanti del Centrodestra ancora frequentassero Gelli e la stessa villa era visitata da personaggi del cinema e della musica leggera, come fosse un salotto culturale di alta borghesia italiana.
Torniamo un po’ indietro. Il Gelli che non ha mai rinnegato il suo passato fascista e che anzi a distanza di decenni continuava a dichiararsi tale, questo Gelli esiste ancora?
Se ci riferiamo a interviste anche recenti, quella di Sortino delle Iene per esempio, si intuisce che non solo Gelli ma tutto il suo contesto familiare si dichiara ancora fascista con esplicito riferimento al ventennio. Lui ha effettivamente partecipato alla guerra civile spagnola dalla parte dei franchisti, fra l’altro mentendo sulla sua età perché troppo giovane allora per arruolarsi. Poi tornato in patria ha fatto parte dell’organico del Partito Nazionale Fascista (PNF) durante gli anni della seconda guerra mondiale. Uno dei suoi biografi racconta molto bene come il giovane Gelli intrattenesse stretti legami sia con gli occupanti nazisti che con i gruppi partigiani dell’alta Toscana. Questo suo doppio ruolo gli permise di uscire quasi indenne dai processi per collaborazionismo introdotti alla fine della guerra. Ne approfittò per tagliare i ponti, almeno all’apparenza, con gli ambienti della destra nazionalista italiana diventando il factotum di un parlamentare democristiano di secondo piano e iniziando così una intrecciata relazione di interessi con la Democrazia Cristiana. In realtà indagini di polizia e atti giudiziari successivi evidenzieranno come i suoi rapporti con gli ambienti della destra neofascista durante gli anni di piombo siano stati continui e intensi.
I rapporti di Gelli con il Sudamerica: anche laggiù pare che l’ex capo della Loggia P2 si sia dato da fare…
Iniziamo col dire che i rapporti fra Licio Gelli e il Sud America, Argentina e Uruguay in particolare, non erano buoni ma idilliaci! Diventò addirittura ambasciatore e portavoce dell’Argentina in Italia. In molti paesi del Sud America riuscì a costruire delle fortune economiche accentrando su di sé gli scambi commerciali e instaurò buoni rapporti con i dittatori sudamericani. Fra l’altro è proprio grazie alle ottime relazioni fra Gelli e l’Uruguay che Silvio Berlusconi nel 1980/81 iniziò la scalata mediatica che lo porterà al potere quindici anni più tardi. Proprio fra il dicembre 1980 e il gennaio 1981 venne organizzato il primo Mundialito, un torneo di calcio internazionale disputato fra le squadre vincitrici fino ad allora del titolo di campione del mondo. La grande partita però non si giocò fra le nazionali di calcio (per la cronaca l’Italia fece una pessima figura non vincendo neanche un incontro) ma venne disputata fra la Rai e l’editore privato Berlusconi per acquisire i diritti televisivi sugli eventi in programma e venne vinta da quest’ultimo che si aggiudicò l’intero pacchetto per novecentomila dollari (una cifra mirabolante per i tempi). In conseguenza di ciò Canale 5 fu l’unica emittente (la Rai non riuscì neanche ad aggiudicarsi l’Eurovisione) che poté trasmettere, in diretta in Lombardia e con una leggera differita nel resto d’Italia, tutte le partite del Mundialito. L’evento fu salutato dalla stampa come una grande vittoria democratica perché andava a rompere il monopolio della Rai. Se avessero saputo cosa li aspettava negli anni futuri…
Di questo e di tanto altro si parla nel nuovo libro di Antonella Beccaria che verrà presentato dal mio compagno di penna Kai Zen J la sera del 12 Maggio 2009 a Bologna. Siete tutti invitati a partecipare.
(1) Licio Gelli ha recentemente condotto un programma a carattere storico su Odeon TV chiamato “Venerabile Italia” .
Ci sono due personaggi che per almeno 30 anni hanno influenzato vite, economie, storie, leggi e fuorilegge del nostro paese. Io li chiamo il Gatto e la Volpe, molti li chiamano Belzebù e il Venerabile, all’anagrafe rispondono ai nomi di Giulio Andreotti e Licio Gelli. In Italia hanno gestito interessi, parlamenti, economie, hanno corrotto politici, arruolato militari e agenti segreti per oscuri scopi, hanno deviato inchieste giudiziarie e coltivato pericolose “amicizie” e tutto questo lo hanno fatto in modo sistematico e strutturale. Si può dire che sulla carrozza, o forse meglio, sul carrozzone “Italia”, uno era il cocchiere, l’altro il bigliettaio. E dicendo questo non dico niente di nuovo per gran parte degli italiani. Libri, film, documentari, giornali hanno raccontato la vita e le “opere” di entrambi, hanno teorizzato risposte più o meno plausibili ai misteri legati alle azioni e ai pensieri di Gelli e Andreotti. Non starò quindi a ripetere cose che già in altre sedi e in altri tempi sono state dette, esaminate, commentate e ricommentate. Quello che invece mi preme far notare e che forse potrebbe sorprendere e disorientare qualche nostro concittadino è che da quel carrozzone polveroso e malandato chiamato “Italia” i due signori in questione non sono ancora scesi. Sono ancora lì, invecchiati e forse stanchi, ai loro posti di comando, un po’ defilati dal palco al riparo dai riflettori del presente, ma comunque vivi e pronti a fare la loro parte. Per fortuna di nuovo in molti se ne sono accorti: giornalisti e scrittori che con poche forze e poco sostegno provano a far riemergere la verità dei fatti, tentano di far sapere al resto d’Italia e del mondo che il Gatto e la Volpe hanno forse perso il pelo ma non il vizio. Una di questi è la scrittrice e giornalista Antonella Beccaria che nel suo libro appena uscito, IL PROGRAMMA DI LICIO GELLI una profezia avverata?, chiarisce che le idee e le “proposte” del Piano di Rinascita Democratica dell’antico burattinaio della Loggia Massonica Propaganda 2 sono ancora in piedi, attualizzate e contestualizzate nel panorama sociopolitico odierno, e soprattutto riprese e sviluppate dagli attuali centri di potere in modo trasversale, cioè sia da destra che da sinistra (del libro dell’amica e collega Beccaria ci occuperemo meglio in un altro post). Un altro esempio sono i due giornalisti Provvisionato e Imposimato, che nel loro libro DOVEVA MORIRE, attribuiscono all’ex leader democristiano Giulio Andreotti delle precise responsabilità nella tragica fine dell’allora presidente della DC Aldo Moro. E questi sono solo alcuni esempi fra i tanti, di come i due galantuomini possano essere collocati al centro di grandi misteri italiani, per dirla alla Lucarelli. Io credo inoltre che l’Onorevole e il Venerabile si possano finalmente mettere in relazione fra loro, cioè si possano direttamente collegare le malefatte dell’uno a quelle dell’altro. Non sono pochi quelli che lo hanno sempre creduto, di nuovo giornalisti, scrittori e semplici liberi pensatori, ma oggi sono convinto si possa affermarlo con decisione e senza troppa paura di essere smentiti. E esistono almeno tre importanti fatti del passato in cui gli interessi dei due uomini di potere si sono incontrati fino a quasi sovrapporsi.
Il primo avvenne sull’aereo che il 20 giugno 1973 riportò Juan Domingo Peròn, o meglio, provò a riportare il capo di stato argentino nel suo paese natio dopo un periodo di esilio forzato in Spagna. È ormai accertato che sia Andreotti che Gelli erano fra i passeggeri di quel volo. Anni dopo, il ex-capo della P2 sosterrà che la sua amicizia con Peron era stata fondamentale per l’Italia, però non spiegherà mai il perché.
Il secondo è avvenuto qualche anno più tardi. Esiste un memoriale scritto da Aldo Moro durante i 55 giorni di prigionia, i suoi ultimi, che venne sequestrato dalla polizia in un blitz nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso 8 alla periferia di Milano, il 1° Ottobre 1978(1). In quell’occasione il capitano dei carabinieri Roberto Arlati e i suoi uomini arrestarono i brigatisti rossi Bonisoli, Azzolini e Mantovani e sequestrarono numerosi plichi di carte fra cui il memoriale di Moro. In seguito il colonnello Bonaventura si fece consegnare da Arlati il plico contenente gli scritti di Moro per fotocopiarli. Quando il giorno stesso in cui gli aveva presi riconsegnò i fogli al capitano dei carabinieri, questi si accorse che ne mancavano alcuni(2). Solo nel 2001 i due magistrati Mancuso e Padulo scopriranno in un archivio della Digos dei documenti contrassegnati dalla dicitura “Sequestro Moro, documenti ritrovati in via Montenevoso, elenchi appartenenti all’organizzazione Gladio“. Quasi sicuramente sono parte dei fogli scomparsi quando il plico era nelle mani di Bonaventura. Il 10 Ottobre 1990, inoltre, in un intercapedine dell’appartamento di via Mone Nevoso 8, sempre quello, erano stati rinvenuti un mucchio di fogli di carta, una pistola e un mitra. Tra i fogli ritrovati c’era anche il famoso memoriale, che però conteneva di 53 pagine in più. Nelle “nuove pagine” si parla del rapporto fra Andreotti e Sindona (uomo della massoneria di Gelli) e per la prima volta della struttura Gladio, l’organizzazione clandestina promossa dai servizi segreti italiani e dalla Nato per contrastare un’eventuale invasione sovietica dell’Italia(3). Quindici giorni dopo la scoperta dei fogli l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti sarà costretto per la prima volta ad ammettere in pubblico l’esistenza di Gladio, anche se la lista degli appartenenti all’organizzazione che verrà fornita ai giornalisti (622 nomi) sarà più stringata di quella ritrovata da Mancuso e Padulo nell’archivio della Digos (1909 nomi). Per conoscere il numero e il contenuto completo delle pagine mancanti (infatti nonostante le 54 pagine in più del 1990 e l’archivio Digos del 2001 si ritiene che esistano altre parti del memoriale) sarebbe stato interessante interrogare di nuovo il colonnello Bonaventura. Ed è infatti quello che aveva intenzione di fare il sostituto procuratore Franco Ionta, tuttora titolare dell’indagine sulle carte di Moro. Peccato che Bonaventura muoia il 7 novembre 2002, ufficialmente a causa di un arresto cardiaco.
Il terzo, infine, avvenne durante il tentato golpe ai danni del governo italiano, fallito da Junio Valerio Borghese e i suoi uomini la notte del 7 dicembre 1970. È ormai risaputo che dietro Borghese operavano personaggi politici e istituzionali di primo piano. Per esempio è accertato che in quel di Genova si tenne una riunione fra gli aspiranti golpisti e i maggiori imprenditori liguri, fra cui l’industriale Piaggio. Si sa anche che al progetto golpista parteciparono alte cariche militari come il capo del SIDVito Miceli. Molti dei segreti di questa vicenda però, forse i più importanti, sono saltati fuori solo nel 1991 allorché il giudice milanese Guido Salvini, che stava effettuando indagini diverse, entrò in possesso delle registrazione fatte dal capitano Antonio La Bruna durante le sue indagini immediatamente successive al tentato colpo di stato. In quelle registrazioni l’imprenditore Remo Orlandini, uno dei golpisti, riepilogava gli avvenimenti e i protagonisti dell’operazione Tora Tora (nome in codice del golpe) a due agenti segreti infiltrati dal La Bruna nell’organizzazione paramilitare di Borghese. I nastri vennero in un primo momento consegnati a Andreotti, allora ministro della difesa e quindi referente dei servizi segreti, e prima di essere resi pubblici vennero da questi epurati di alcune parti ritenute dal ministro “non importanti” o addirittura “nocive” per le indagini. Le registrazioni pervenute, o meglio, scoperte dal giudice Salvini sono invece le originali, prive di tagli e rimaneggiamenti. Mettendole a confronto con quelle “aggiustate”, Salvini si accorgerà che l’opera di cesoia effettuata da Andreotti è tutt’altro che marginale. Per esempio, nei nastri originali Orlandini riferisce che la notte del golpe, secondo i piani concordati, alcuni appartenenti alla Loggia P2, fra cui Licio Gelli, avrebbero dovuto rapire il capo di stato Giuseppe Saragat mentre esponenti della mafia siciliana dovevano eliminare il capo della polizia Angelo Vicari. Insomma, in quest’ultimo caso è Andreotti che si è dato da fare per il “collega” Venerabile.
Una curiosità: utilizzando software peer to peer per il recupero di files, interviste audio e documentari che riguardassero Gelli e Andreotti ho scoperto che se si effettua una ricerca congiunta dei due soggetti, in pratica se si digita “Andreotti” e “Gelli” nella medesima finestra di research i risultati che si ottengono sono …0. Il Gatto e la volpe per il web sono ancora un mistero e noi tutti quindi speriamo, come ebbe a dire Beppe Grillo in uno dei suoi rari e memorabili interventi sui canali Rai, che una volta che il povero Giulio sarà passato a miglior vita si aprirà la scatola nera che cela sotto la gobba e finalmente si saprà tutto sui misteri d’Italia. Restiamo in attesa…