Fossimo una nazionalità come un’altra – chessò, danesi o portoghesi o colombiani – non mi agiterei più di tanto a riguardo. Le solite cose di sempre: tratti fisici e comportamentali caratteristici, luoghi comuni, abitudini, stili di vita, sfottò e barzellette. Un mucchio di stronzate, ma con un fondo di verità e pronunciate con il sorriso in volto. D’altronde, fino a quando si incontrano in giro tedeschi di pessimo umore, francesci che stanno sulle loro, olandesi che aspettano di cenare in cinque attorno al fornellino da campeggio per caffè – dai, dai che prima o poi vi bolle l’acqua per le patate da lessare, e italiani con occhiali da sole che si urlano in faccia, è giusto che ci si diverta tutti con un pò di folklore su scala globale. Un passatempo gradito da sempre, che lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione degli ultimi decenni hanno ampliato quanto a potenzialità. Inoltre l’introduzione dell’Euro, la nascita dei viaggi low cost e la lingua inglese sempre più ‘masticata’ in giro (con le dovute eccezioni) dovrebbero aiutare nel lungo termine a far svanire ogni possibile incomprensione in una una gigantesca ‘tarallucci e vino’ planetaria. Forse. Tanto in fondo siamo così numerosi e così diversi, bombardati in continuazione da miriadi di informazioni e cose da fare… chi si ricorderà più di come abbordano una ragazza gli ungheresi, tra un attimo? O di quale sia la combinazione di insetti fritti che va per la maggiore negli spiedini in vendita nei baracchini Thailandesi?
Oh! Quanto vorremmo l’oblìo internazionale, noi italici…
E invece la dinamica è la seguente:
* per qualche strano motivo che forse mette le radici nei fasti dell’Impero Romano e nella sua visione edonistica, da moderna ‘Spa’ dell’esistenza, si irrobustisce nella squisita produzione artistica del Rinascimento, si protrae tra alti e bassi fino alla nostra epoca, alla stagione d’oro del cinema italiano del dopoguerra e alla conquista del mondo da parte degli stilisti nostrani (qualcuno menziona anche Rocco Siffredi; io non saprei), la fama e la reputazione italiane sono incredibilmente elevate. Se avete viaggiato un pò, forse potete confermare e come me non capacitarvi del perchè. Siamo simpatici a scandinavi e musulmani, a russi e sudamericani – che farebbero carte false per mostrare di avere sangue italiano nelle vene. In un posto remoto come Sumatra in Indonesia, ho conosciuto gente locale entusiasta della mia italianità (?? immaginate il mio divertito sgomento) e Tuk Tuk dipinti dei colori delle squadre italiane di calcio. Perchè? Forse perchè non siamo troppo seri, siamo poco inquadrati e inquadrabili, un po’ ‘paesani’ e modernissimi per altri versi. Attenzione però:
* non è l’Italia vera e gli italiani veri che riscuotono questo successo planetario. E’ l’immagine dell’Italia, una sorta di sua elevazione a quadretto idilliaco: spaghetti, tarantella, mare, colli in lontananza, palazzi rinascimentali e sontuose sculture. Con sopra una sapiente spruzzata di coolness (perdonatemi il termine, d’altronde non ho studiato allo IULM per niente – intendo oltre che per pagare con le mie rette da pioniere la nuova sede e il marketing da ganassa che sfoggiano oggi) che secondo me è ancora figlia dell’immaginario creato dai vari ‘Il padrino’, ‘Quei bravi ragazzi’ e via dicendo. Il potere incredibile di Hollywood. Dovremmo ringraziare gli Studios per questo, non ci hanno nemmeno chiesto le royalties. Non ce n’è: fa figo – per certi versi – essere italiano, all’estero. Certo, per gioco. Queste persone non hanno idea di cosa sia vivere nello smog di Milano o in mezzo ai clacson e agli scooter impazziti a Roma. Quando poi ci arrivano da turisti, con i fazzoletti fradici di sudore e le vesciche ai piedi, terrorizzati al semaforo in attesa del verde, coscienti di rischiare la vita, scatta spesso quello che segue.
* si rompe l’incantesimo. ‘Ah, ma è questa l’Italia? SCHEISS, e dov’è il mio portafoglio?! E perchè il museo è chiuso?’ Oppure: ‘Ma mio zio mi aveva detto che in Italia c’erano ancora carretti variopinti trainati da asini, conserve di pelati col sapore del paradiso e tanti tanti cumpari…’ E invece da tre giorni si trova a Milano e non ha scambiato una parola con nessuno. E nemmeno un sorriso. A malapena gli hanno detto dov’è il Duomo.
Perchè questa dinamica? E quanto ci vorrà perchè tutta la gente del mondo si accorga che l’Italia dell’immaginario NON E’ l’Italia vera? Più tardi che mai, grida il ministro al turismo (dite voi, io non ci riesco) e gli fa eco il proprietario del baracchino delle cartoline dal triplice prezzo, a seconda della giapponesità del cliente. Con un rapido calcolo demografico direi alcune centinaia di anni, il che vuol dire che abbiamo ancora del credito, e parecchio. Com’è possibile? Non saprei, ma chiederselo troppo porta sfiga.
Che te lo dico a fare…
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