Cose fastidiose

imagesIl cesto delle cose fastidiose non manca certo di elementi al suo interno, e uno specialista di ‘fastidio col sorriso sulle labbra’ come il sottoscritto (il prezzo da pagare è la scarsa stabilità comportamentale) lo sa benissimo. Ma ho voluto comunque scavare a mani nude nel cesto e afferrare alcuni esempi di insostenibilità, per mostrarveli orgoglioso. Siete d’accordo? No? Devo smetterla con certe sostanze?

-Automobile di targa tedesca o svizzera parcheggiata alla cazzo per le strade di questa già avvilente città (parlo di Milano, dove lavoro). Adoro l’Europa intera e tutti i suoi figli più o meno legittimi, ma questa cosa mi fa imbestialire. Gente che a casa loro non osa sputacchiare la pellicina del mignolo appena strappata per strada, qui da noi molla il maledetto autoveicolo dove gli pare, marciapiedi e posti in evidente divieto di sosta inclusi. Forti dell’idea western – ormai dilagante – che qui da noi ognuno fa un pò come gli pare, e coscienti che dall’estero difficilmente una multa viene recapitata all’intestatario dell’auto (cosa che ammetto di pensare anch’io quando sono altrove, ma che c’entra? Io sono italiano!), questi simpatici visitatori si sbarazzano in una frazione di secondo della famosa integrità morale mitteleuropea e contribuiscono a rendere le nostre strade ancora più indecenti di quello che sono. Perchè? Che sia un modo per fraternizzare con gli autoctoni? Per sintonizzarsi sulla stessa frequenza? Allora, quali campioni di empatia, che si facciano un pò di cassa integrazione anche loro. E magari una bella fila alla posta. Così, per sentirsi ancor più in armonia con l’Italian way of life.

-Esercente che ti fulmina per un pagamento con banconota dal taglio superiore ai 10 euro. Ecco, ditemi voi. Se il tuo lavoro è vendere unità di prodotto (di qualsiasi tipo), e dopo anni conosci benissimo orari, picchi, flussi, abitudini della clientela ecc.. sarà tua unica responsabilità farti trovare pronto con conio spicciolo per i resti delle transazioni. Anzi, dovresti già preparare mucchietti di monete quale resto già pronto, se vogliamo dirla tutta. Io da buon amministrativo lo farei e mi divertirei un sacco. E’ inutile che ti lamenti, o negoziante. Purtroppo al bancomat dispensano solo banconote da 20, 50 e 100 euro. Ho provato a chiedere spicci, ma non sono previsti. Certo, capisco che la legge delle probabilità e il fato possono essere alquanto insolenti, che certi giorni sembrano esserci solo clienti da ‘pezzo da cinquanta’, e magari fuori piove e fa freddo e tutto gira storto. Ma dare il resto fa parte sempre del tuo lavoro. Piuttosto tieniti accanto una boccetta di rum, usufruiscine a intervalli regolari – responsabilmente – e alita addosso al cliente comunque un mezzo sorriso, quando si presenta con un pezzo da venti per una brioche e un caffè. Altrimenti vendi ai cinesi.

-Costi accessori subdoli e nascosti che rendono i voli low cost non più tanto low. Sarà capitato anche a voi di recente: bagaglio a stiva, assicurazione, premio carburante, imbarco con precedenza, costo della transazione per certe carte di credito. E in molti casi si tratta di costi caricati in automatico nel totale: li devi togliere tu, altrimenti li paghi. Onesto, come servizio. Non sanno più cosa inventarsi per bastonare il cliente, fino a poco prima estasiato dall’invito della bella biondina che vive a Tallin (non sa ancora che stava scherzando) e contento delle tariffe a tratta abbordabili trovate in rete. E la situazione sembra peggiorare di stagione in stagione: presto ci sarà un costo extra se porti gli stivali di pelle e non le espadrillas, per questioni di peso. Oppure si pagherà una soprattassa se più alti di 1,75. In questo ultimo caso però devo ammettere che mi piacerebbe quasi pagarla…

-Locali con musica dal vivo che presentano colonne davanti al palco. Mi è capitato di recente: posto piuttosto ampio, insonorizzato, ben fornito di tavolini e sedie, soffitto alto. Okay, il solito unico barista con una trentina di personaggi sparsi lungo il bancone, sventolanti banconote per attirare l’attenzione e ordinare prima degli altri, ma siamo in Italia: sarà sempre così in qualsiasi locale. O bevi alle 20:30 quando non c’è ancora nessuno, o alle 2:40 quando sono già tutti ubriachi. Oppure bevi acqua del rubinetto del bagno (consigliato) o boccette di rum o vodka debitamente riempite a casa prima di uscire (vivamente consigliato). Ebbene il locale annoverava ben tre colonne – sì, di poco spessore, ma pur sempre tre colonne – a coprire in parte la visuale del palco. Ovvio, dietro la loro linea d’ombra il vuoto assoluto: non un tavolo, non un avventore, se non io, sfigatissimo, con birra in mano e ogni spazio attorno occupato da umani. Anzi, italici. Capisco gli obblighi architettonici, ma allora forse era meglio fare del luogo un minimarket? Un centro massaggi? Anche perchè le colonne erano solo maledettamente davanti al palco, in nessun altro posto del locale. Piazzare magari il palco dalla parte opposta? O sostituire le colonne con altre nuove fatte plexiglass, magari deformante? Altrimenti propongo di far diventare quel locale la sede stabile dei concerti di chessò, Antonacci o Grignani, togliendoceli dai piedi una volta per tutte.