Segni inconfondibili di italico

Di sicuro pensate tutti di essere dei grandi osservatori, degli spiriti indipendenti, dei viaggiatori del mondo e della rete. Critici instancabili che sanno parlare e scrivere del nostro paese e della fauna ivi abitante con occhio attento e ironico, tagliente, sarcastico ecc. ecc.

Balle, amici. Tutte balle. Non siete male, lo ammetto, ma per essere massimi esperti nel riconoscimento di fauna italica tra la moltitudine, ipotetici finalisti del gioco virtuale su scala mondiale ‘Spot the Italian’ (‘and shoot him’, aggiungerebbe un annoiato teenager texano a caso, confondendoci per messicani… qualcuno per favore gli spieghi la geografia) sono necessari anni, ma che dico, lustri di esperienza sul campo, di sudata gavetta empirica, di continui spostamenti di chiappe Andata & Ritorno verso luoghi molto differenti dal nostro, e la conseguente frantumazione di ogni assunto collegato all’italianità, in qualsiasi settore. Dall’alimentazione al territorio, dal senso civico – questo sconosciuto… – al vestiario, dai comportamenti sociali allo sport, dalla casa all’istruzione e via dicendo. Fino a rischiare di ritrovarsi in uno stato di perenne inibizione dei processi decisionali: sarà giusto così? Faranno così anche in Nord Europa? E come fanno in Corea, invece, per esempio? Sto perdendo tempo? Soldi? Opportunità?

E la risposta, l’unica risposta possibile a quel filotto di domande disperate è solo un grande, colossale BOH che campeggia a tutto screen nel cielo screziato di un caldo pomeriggio di fine primavera (sì, è marijuana… incredibile, no? :D)

Non vi racconto frottole. Bello essere bi-nazionali, tipo la mia camionistica famiglia italo-olandese, o tri-nazionali, o multinazionali, tipo Nestlè o Danone. Bello essere aggiornati, globali, obiettivi, scettici. Bello, ma tanto faticoso a livello psicologico, logorante. A tratti insostenibile. Non so se lo sceglierei ancora, a posteriori. Non so. Però mi permette di stilare quanto sotto. E solo per voi, amici. E gratis, cazzo! Sarebbe ora di mettere ‘sta rubrica a pagamento, a proposito. Cominciate col mandarmi della moneta in buste chiuse per favore:

Truck Driver – via le dita dal naso, Nebraska.

O a pagarmi le ricariche alla Platinum Card di Youporn. Fatelo per me, ma soprattutto per voi. Per la conoscenza. Per il mondo intero.

Ecco alcuni segni inconfondibili di italico:

  • se la coppia ha occhiali da sole anche in metropolitana, sneaker e cappellini uguali sono fottuti italiani del Veneto o di Roma, non si scappa
  • se sono vestiti troppo, tipo tutti in maglietta e questi in maglioncino e giubbotto da vela sono siciliani o di Napoli. Questi si credono che la bella vita sia solo qualche grado atmosferico in più. Non servizi, scuole, ospedali e senso civico: qualche grado in più
  • se un gruppo è fermo a ogni angolo di strada, nei pressi dei nomi delle vie, vestiti di bianco come gli americani ma non obesi come gli americani, o non proprio, mani appese alle giunture delle spalline dei loro zainetti con simbologia cattolica, allora sono ciellini di Milano che aspettano pazientemente che il capocomitiva se la cavi con quella cazzo di mappa, ma che in realtà lo manderebbero affanculo per buttarsi nel Red Light district, anche se non sono ad Amsterdam
  • se nei pressi di Press Agent o negozi di chincaglierie assumono posizioni ridicole, tipo busto piegato in avanti, gambe divaricate, testa ciondolante ecc. sono patiti di calcio timidi che vogliono sbirciare la maledetta Gazzetta dello Sport in esposizione, piegata, insieme ad altri importanti giornali internazionali (e te credo, di polli italiani da spennare a 4 o 5 euro a copia ne è piena Trafalgar Square). Se invece non sono timidi, la aprono e se la leggono senza ritegno, anzi chiamano SALVO! ad alta voce per attirare l’attenzione del compare dall’altra parte del negozio e comunicargli che Cavani forse è già quasi un pezzo del Manchester City
  • se una manciata di individui parla fitto, si tocca l’addome e mima mal di testa o sedute sulla tazza del cesso, allora sono italiani di qualsiasi latitudine che – come sempre – non fanno altro che raccontare a tutti quanto il loro cacare sia diverso da quando hanno lasciato Fiumicino
  • se al botteghino del teatro o dello zoo ci sono individui che urlano, litigano o vogliono fregare il posto agli altri, essi sono molto probabilmente slavi (vi ho fregato, eh?), perchè gli italiani hanno già trovato un’entrata a sbafo allargando le maglie del recinto metallico, poche centinaia di metri più avanti
  • se il tipo che vi sconvolge è abbronzatissimo, bassetto, stempiato, ha gli occhiali da sole con montatura bianca, tatuaggetto ridicolo sul collo e t.shirt D&G allora è pugliese, se non è stempiato ma ricoperto di gel è calabrese
  • se la tipa strafiga sculetta è emiliana, se è tettona è romagnola, se guarda solo l’iPhone lombarda e se prova a nascondere l’accento probabilmente toscana: i maschi toscani ci rompono il cazzo da secoli con ‘sto accento che li farebbe simpatici (e Pieraccioni? E Panariello?), le femmine invece vogliono sembrare più parigine di quello che sono

Basta, me ne vado.