Uno scandalo in Fenicia (1 di 3)

Joshua ben Pandera

Dopo Dante, Machiavelli, Kant, Newton, Aristotele e tutta un’altra serie di illustri personaggi che si sono ritrovati a indagare, abbiamo deciso che era ora di darci al giallo storico a nostra volta e siccome siamo noti per la nostra modestia abbiamo deciso che fosse il momento di sbattere una bella fascetta metaforica sui nostri racconti online: “Gesù indaga”…

***

1.

Per Joshua ben Pandera ella è sempre la donna. Raramente l’ho sentito accennare a lei in altro modo. Ai suoi occhi, supera e annulla tutte le altre esponenti del suo sesso. Non che egli provasse un’emozione simile all’amore nei confronti di Myriam di Magdala. Tutte le emozioni, e quella in particolare, erano respinte con orrore dalla sua mente fredda, precisa, mirabilmente equilibrata. A mio parere, era la più perfetta macchina pensante e ponderante che esista al mondo ma il sentimento amoroso lo avrebbe messo in una posizione falsa. Non parlava mai delle passioni più dolci se non con un sorriso ironico e beffardo. Erano utili all’osservazione uno strumento eccellente per sollevare il velo che ricopre motivi e azioni dell’umanità. Ma, per un professionista del ragionamento, ammettere questi elementi estranei nel delicato macchinario di precisione del proprio temperamento equivaleva a introdurre in esso un fattore di distrazione che avrebbe potuto pregiudicarne tutti i risultati mentali. Per un carattere come il suo, un granello di sabbia in uno strumento particolarmente delicato o un’incrinatura in una delle sue potenti lenti non gli avrebbero arrecato maggior disturbo di un’emozione profonda. Pure, non esisteva per lui che un’unica donna, e quella donna era Myriam di Magdala, di dubbia e discutibile memoria. Continua a leggere

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Eine Anime für Alle und Keinen (4 di x)


More about Pop filosofiaUn ragazzo venuto da fuori

L’EVA è a sua volta un soggetto per un oggetto e viceversa: Come dice Shinji a se stesso: “ogni oggetto d’osservazione ha però natura molteplice ed esistono quindi molteplici Shinji Ikari […]” Lo Shinji Ikari che è dentro l’Evangelion è però forse quello di cui aver più paura, perché è la summa dei molteplici Shinji Ikari. E lo Shinji Ikari che si confronta con gli altri, è lo Shinji che supere la propria barriera e quella degli altri (l’AT-Field).

L’unico altro momento in cui Shinji abbatte la barriera autistica è quando viene in contatto con il fifth children, il quinto pilota designato. Un ragazzo venuto da fuori, mandato dalla SEELE per sostituire Asuka ormai non più in grado di pilotare l’EVA 02. Il suo nome è Kaworu Nagisa (23 – Lacrime). Da subito stringe un rapporto d’amicizia ed empatia molto forte con Shinji. Il nuovo arrivato sembra l’unico con cui il protagonista si senta libero di parlare e di comunicare, come se non avesse più bisogno di corazze. Il tempo che trascorrono assieme è piacevole e Shinji si sente per la prima volta a suo agio, come se nel dilemma del porcospino avesse capito quale sia la distanza e la prossimità ideale nei riguardi dell’altro per stare assieme senza ferirsi. Con molta semplicità e delicatezza Kaworu dice a Shinji di volergli bene.

Kaworu: Senza conoscere altre persone non è possibile né tradirsi né ferirsi l’un l’altro, però… non è neanche possibile dimenticare la solitudine. Gli esseri umani non potranno mai affrancarsi dalla solitudine… del resto ogni uomo è comunque solo, ed è soltanto perché è possibile dimenticarlo che gli uomini riescono a vivere.

[…] Gli esseri umani provano continuamente dolore dell’animo… è perché l’animo soffre tanto facilmente che anche il vivere risulta doloroso… e in particolare il tuo animo è delicato come il vetro… meritevole d’affezione… cioè ti voglio bene. (24 – L’ultimo messaggero sacrificale)

Per dirla con Heidegger, Kaworu opera un aprimento essenziale dell’Esserci al con-essere. Il suo Esserci però ha una caratteristica che apre contemporaneamente al non-essere. Come già visto Angeli e umani, se pur simili, non possono convivere. Solo il più adatto alla vita può sopravvivere e Kaworu Nagisa è l’ultimo Angelo, il diciassettesimo, Tabris. La sua missione, come per i suoi simili, è arrivare nel cuore sotterrano di Neo Tokyo 3 per entrare in contatto con Adam. Facendo così, però, scatenerebbe la fine del mondo e l’estinzione definitiva della razza umana. Non ha scelta deve farlo, come hanno provato a farlo gli altri Angeli prima di lui. Per gli Angeli tornare al principio, ad Adam, significa sopravvivere, distruggere l’umano perché la convivenza non è possibile. Solo una delle due forme evolutive è adatta alla vita.

Imperativi

Per Kant, gli esseri umani occupano un posto particolare nella creazione, e la moralità è l’insieme dei comandamenti della ragione, o imperativi, da cui tutti derivano obbligazioni e doveri. Il dovere è la necessità di agire in rispetto della legge dettata dall’imperativo categorico, cioè il “modello” della razionalità da cui scaturiscono le esigenze morali. Un atto può avere un contenuto morale se, e solo se, è eseguito con riguardo verso il senso di dovere morale; non è sufficiente che l’atto sia consistente con il dovere, deve essere intrapreso in nome dell’adempimento del dovere. E gli Angeli a loro volta occupano un posto particolare nella creazione, per loro l’imperativo categorico è arrivare ad Adam, cancellando l’umano. Per loro, come per l’uomo, l’imperativo categorico quindi è sopravvivere. È razionale? È istintivo?

Il famoso epitaffio tratto dalla Critica della ragion pratica sulla tomba di Kant: Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me, verrebbe meno se l’imperativo categorico fosse puro e semplice istinto di sopravvivenza: l’unica morale possibile sarebbe infatti la dura legge dell’evoluzione, il cielo stellato incombe (spaventoso) su di me e l’istinto di conservazione è dentro di me. Mors tua vita mea.

Anche se troverà Lilith

Eine Anime für Alle und Keinen (2 di x)

More about Pop filosofia Neon Genesis Evangelion? Carta carbone da Wikipedia:

Shin Seiki Evangerion, comunemente noto anche come Evangelion, è un anime di 26 episodi del 1995 creato dallo Studio Gainax, sceneggiato e diretto da Hideaki Anno. È uno dei maggior successi (sia commerciale che di critica) dell’animazione giapponese, ed è considerato tra i migliori anime di sempre. Parallelamente alla serie televisiva è stato ideato un adattamento manga per opera di Yoshiyuki Sadamoto (il character designer della serie), che presenta alcune differenze nello sviluppo della sceneggiatura. Nel corso degli anni, sono stati inoltre pubblicati da altri autori tre manga spin-off della serie animata.

Uno dei maggior successi (sia commerciale che di critica) dell’animazione giapponese.” Si tratta di una descrizione metatestualmente relativa alla cornice stessa in cui si trova questo testo: una raccolta di scritti che osserva la cultura pop attraverso lo specchio della filosofia.

Evangelion è un opera pop. Ha riscosso successo in patria e, in un secondo, tempo nel resto del mondo. Ha avuto delle ripercussioni culturali, ha innescato alcuni meccanismi di consumo relativi al merchandising e si è transmedialmente “spalmato” tra vari mezzi di comunicazione (cinema, videogiochi, web, fanfiction, fumetti, modellismo, giochi di ruolo ecc. ecc.). Ma questo lo rende davvero, intimamente, pop?

In termini macroscopici, quali sono le caratteristiche del pop? La complessità narrativa rientra tra esse?

Potremmo azzardare un “sì certo” come risposta. Eppure Evangelion ha una complessità drammatica che implica una stratificazione concentrica di possibili interpretazioni e comprende un’altrettanto intricata serie di riferimenti ipertestuali e interdisciplinari da far impallidire il più spericolato spettacolo teatrale d’avanguardia. Non solo; la fabula e l’intreccio, si fanno talmente ingarbugliati e densi da sfiorare l’incomprensibile. La mole di dettagli più o meno velati o sottaciuti, per non parlare di quelli del tutto omessi, è tale da rendere, Evangelion un’opera bifronte, essoterica ed esoterica come lo Zarathustra. Per comprendere certi snodi della trama, spesso bisogna ricorrere ad appoggi esterni, al lavoro di qualche fan che con pazienza e perizia si sia messo a guardare e riguardare ogni singolo episodio, esplorando ogni dialogo, anche il più banale, alla ricerca di un dettaglio, di un appiglio, o che abbia raccolto interviste e interventi dell’autore, Hideaki Anno, in varie convention o magazine per appassionati. Evangelion ha bisogno di una guida alla visione e della prontezza di riflessi tipica di uno spettatore allenato a usare il telecomando. Play. Pausa. Consultazione della “guida”, Play, Pausa…

Un disco dei Beatles, per quanto complesso possa essere negli arrangiamenti, nei testi, nella costruzione della melodia e del ritmo, non ha bisogno dello stesso livello di attenzione, di analisi, di conoscenza della materia, di studio di un disco di Arnold Schönberg per essere apprezzato. Evangelion è quindi un’anomalia. Ha il successo di un disco dei Beatles (con le dovute proporzioni) ma la “difficoltà” di un’opera dodecafonica. Lo stesso succede per esempio in “opere pop” come Lost, John from Cincinnati, Flash Forward, Fringe, Battlestar Galactica, o in anime e manga come Eden, Death Note, RahXePhon, Berserk ecc. ecc.

Neon Genesis Evangelion però risale al ‘95, quando ancora i tubi catodici trasmettevano Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek, il cui intreccio era tutto tranne che complesso, e il pubblico generico non era abituato a certe tematiche e costruzioni narrative. Evangelion poi è un anime, un “cartone animato”, e per quanto oggi sembri ridicolo ritenere l’animazione consumo esclusivo dei più giovani, nel decennio scorso si faticava ancora, per lo meno ad alcune latitudini, ad abbattere questo pregiudizio; e infine comunque, con la mappa adeguata l’Isola di Lost è esplorabile, Evangelion no. Né con la “guida”, né affrontando le eventuali letture propedeutiche che vanno dalla Cabala, alla Bibbia, da Freud a Schopenhauer, da Kierkegaard a Nietzsche da Kant a Buddha, da Darwin a Heidegger… Insomma un prodotto difficilmente inquadrabile nella categoria del pop tout court, che però ne ha lo stesso le caratteristiche e la portata. Si tratta di un’opera olistica. La somma delle parti che la compongono è più o altro dal tutto. Non è un caso quindi che rivedere Evangelion, dopo una riflessione post rem sui suoi livelli di lettura, possa renderlo diverso rispetto alla prima visione. Gli Eva, gli Angeli, l’AT-Field, i personaggi stessi possono assumere un valore metaforico che trascende il contenuto formale di ciò che stiamo vedendo.

Oggetto per un soggetto

Già da subito, lo scontro tra l’angelo Sachiel e l’Eva 01 (1- L’attacco dell’Angelo, 2 – Soffitti sconosciuti) potrebbe essere letto, parzialmente ma legittimamente, come una riflessione sul tema dell’altro. Chi è l’altro? Cosa comporta venire in contatto con l’altro? Cosa cerco nell’altro?

In Evangelion sembrerebbe un topos centrale, tanto da ritornare quasi in ogni episodio e venire esplicitata nel terzo episodio da uno scambio tra due personaggi principali della serie, la dottoressa Ritsuko Akagi e il capitano Misato Katsuragi. Parlando di Shinji, Ritsuko dice a Misato che il ragazzo sta vivendo il dilemma del porcospino: tanto più due esseri si avvicinano tra loro, molto più probabilmente si feriranno l’uno con l’altro. (3 – Un telefono che non squilla) Allegoricamente potrebbe succedere proprio questo nello scontro: l’Eva 01 si avvicina all’Angelo, all’altro, ne supera la barriera emotiva, l’AT-Field, e viene in contatto con il nucleo, con l’essenza intima dell’altro. La cosa però è molto, molto dolorosa. Addirittura letale per uno dei due. A restare in piedi sarà il più adatto a vivere.

Ma cosa significa il più adatto a vivere? Più avanti nel corso della narrazione si scopre, o meglio si intuisce, che gli Angeli, i “mostri” che attaccano l’umanità, i nemici, gli altri: non sono che diverse possibilità di esistenza, altre forme di una possibile evoluzione dell’umano. Solo il più adatto può sopravvivere, la convivenza è impossibile. Adatto non significa più forte. Non è una questione darwiniana, è semmai una questione di volontà, al limite del nietzschiano. Il più adatto alla vita è colui il quale vuole vivere. Gli spunti forniti dall’anime, però come già detto non sono affatto lineari, e il carattere stesso del protagonista rimette in discussione – di nuovo – tutto.

Shinji non sa perché vive e non sa se vuole vivere. La vita fa male. Vivere significa entrare in contatto con gli altri, e allora la felicità è fare quello che agli altri fa piacere, fare quello che dicono gli altri per piacere agli altri ed essere accettati appagando il proprio bisogno di consolazione. Ma è così? Per quale motivo Shinji entra nell’Evangelion, se la cosa, può essere dolorosa per il corpo quanto per la mente?

Shinji, si dimostra del tutto incapace di relazionarsi, fisicamente e sentimentalmente con chiunque, la sua barriera difensiva, il suo AT-Field, è perennemente alzata e quando tenta di abbassarla prova dolore. Shinji si difende proprio come un riccio, e quando tenta di avvicinarsi a qualcuno si fa e fa male. Per questo anche nei momenti di tensione erotica il contatto non avviene, come quando prova a baciare l’altro pilota dell’EVA, Asuka, nel sonno e poco prima che le sue labbra tocchino quelle di lei si ritira. Allo stesso modo, all’inizio del film prodotto dopo la conclusione regolare della serie , Shinji, seduto al capezzale di Asuka in coma, dapprima prova a scuoterla per farla rinvenire, urlando che ha bisogno di lei, poi quando non ci riesce, si allontana e si masturba osservando il suo corpo. Il suo sentimento confuso ma potente nei confronti della ragazza, lo respinge. Non la tocca, non la bacia, non le parla. Si allontana ed esprime il suo amore per lei senza contatto per poi mormorare tra sé: “sono un verme”. (Neon Genesis Evangelion: Death and Rebirth: Rebirth)

Note:
Il carattere di Shinji potrebbe essere letto come eventuale metafora del fenomeno degli hikikomori, gli adolescenti giapponesi barricati per anni nelle loro camere e isolati dal mondo.
Wikipedia è un buon punto di partenza. Altrettanto interessante è il lavoro svolto dal sito italiano dedicato all’anime: http://www.evaitalia.tk/
L’eccezione a conferma della regola era, nel caso dei telefilm, X-Files e in quello dei manga, Alita.
C’è voluto molto più che l’avvento dei Simpson per sradicare l’equazione cartone animato = prodotto esclusivamente per l’infanzia o per l’adolescenza.
Absolute Terror Field: lo scudo protettivo generato da EVA e Angeli. Nelle ultime puntate viene spiegato che L’AT-Field è anche la barriera dell’animo, è il confine dell’individualità umana. Hideaki Anno ha preso a prestito il termine dalle teorie psichiatriche relative all’autismo e allo stato di terrore assoluto in condizioni di violazione grave del dominio dell’Io.
A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, p. 396. “Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.”
Asuka con cui Shinji con cui condivide diverse caratteristiche relazionali e psicologiche.
Abbiamo scelto di non considerare, se non in via del tutto marginale, i lungometraggi successivi alla serie, realizzati per cercare di spiegare, senza troppo successo, i molti punti oscuri della trama e soprattutto del contestato finale. Come annotava Wittgenstein “Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere” e provare a spiegare la fine di Evangelion è non tacere nonostante non si possa parlare.

Cosa bolle in pentola 2

… Sul versante “solista” il vostro affezionato kai zen di quartiere J, ha consegnato qualche settimana fa, il suo contributo a un’antologia di carattere filosofico dedicata alla cultura pop, che uscirà nella prima parte del 2010.
Ci sono voluti Nietzsche, Kant, Cioran, Lévinas, Camus, Sartre, Heidegger, Hume, Dagerman e un’altra manciata di pensatori ad aiutarlo nell’impresa di esplorare un anime piuttosto noto.