Gens Italica

A grande richiesta, pubblichiamo anche qui il racconto di Natale di Kaizen g uscito sul blog Resistenze in Cirenaica. Buon 2017.

matrimoni-misti-italia-coloGens Italica

Il tenente Lorusso fissava lo sguardo spiritato nello specchio del bagno. Il rado ciuffo, che nei momenti di forma migliore gli rendeva meno avvilente la calvizie e in quelli di più ardito ottimismo fascista lo convinceva di avere ancora i capelli, stavolta si ergeva arruffato e triste sulla sommità del cranio. Si asciugò entrambe le mani con cura sul cotone rigato della canottiera tesa sul ventre gonfio, poi avvicinò il volto alla propria immagine riflessa. Uno schiocco risuonò come una scudisciata rimbalzando sull’intonaco delle quattro pareti raccolte della stanza. La florida guancia destra gli si tinse dell’impronta scarlatta delle dita.

“Buon Natale minchione.” Continua a leggere

Pubblicità

RICAprile.gif

Torna Resistenze in Cirenaica, per una primavera di liberazione. 

Il 21 aprile – ma potremmo chiamarlo #52marzo, seguendo il calendario della rivolta francese contro la Loi Travail – festeggeremo la Liberazione di Bologna dal nazifascismo e faremo anche noi una nostra Nuit Debout, contro la guerra, contro i razzismi, contro la Fortezza Europa.

Dalle h.18 al Vag61, via Paolo Fabbri 110

h . 18 presentazione del libro Razza partigiana (Jacobelli, Roma, nuova edizione) , la storia del partigiano italo-somalo Giorgio Marincola, ucciso il 4 maggio 1945 nell’ultimissima strage nazista in territorio italiano. Racconteranno la sua storia gli autori del libro Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, pungolati da Wu Ming 2 e Antar Mohamed (nipote di Giorgio) .

h. 20 cena di autofinanziamento

h. 2 0:45 Proiezione del video sulla Liberazione di Bologna Domani ci saranno le corse all’ ippodromo,  di Elisa Mereghetti  e Valerio Monteventi .

h. 21 reading: Il 21 Aprile di Sante Vincenzi e Giuseppe Bentivogli con Valerio Monteventi ,  Buthan Clan e le voci di Resistenze in Cirenaica.

h. 22 Reading /concerto Razza partigiana, con Wu Ming 2 e la Razza partigiana band.

Eventi successivi: 

– 24/04 Casona di Ponticelli (BO) [quando abbiamo l’evento lo linkiamo]

– 25/04 via Pietralata, Bologna.

I quaderni di Cirene sono in arrivo

cover

Questa è la storia di un uomo di settant’anni che ha tenuto testa a un esercito invasore.

Questa è la storia di una ragazza deportata che è diventata donna combattendo in un altro paese.

Questa è la storia di un giovane medico arrivato ai cancelli dell’Eden dal profondo Nord in cerca di se stesso.

Questa è la storia di un italiano dai molti nomi che ha combattuto in Spagna, in Cina, in Etiopia e in Francia prima di tornare a casa e continuare a combattere.

Questa è la storia di un ragazzino dal cuore di leone che voleva far fuori i nemici della libertà.

Questa è la storia dell’uomo che fece sparire il radio.

Questa è la storia del comandante gentile che gli amici chiamavano Lupo.

Questa è la storia di un ferroviere anarchico.

È la storia di due luoghi chiamati “Cirenaica”: un rione di Bologna con le vie intitolate ai partigiani e una regione della Libia dove l’Italia ha commesso un genocidio.

È la storia degli abitanti della Cirenaica vicina che hanno deciso di ricordare la Cirenaica lontana.

INVERNOINCIRENAICA

VENT’ANNI A NORDEST. Un’approssimativa e confusa mappa stradale sentimental-emotiva di #Bolzano.

Ripubblichiamo questo racconto reportage che parte da Cent’anni a Nordest di Wu Ming 1 firmato da J e uscito per la prima volta in settembre su Euronomade.

bzitalia

  1. SERPENTE

Un carbonazzo si dimena e sibila in mezzo all’incrocio. L’asfalto è rovente, il cielo blu dodger è altissimo, il semaforo scatta, la temperatura sfiora i quarantadue gradi. In giro non c’è nessuno, piazza Mazzini è pura metafisica. Sollevo lo sguardo: il terrazzo dell’attico all’angolo era un rigoglioso giardino pensile, ora non c’è nulla, nemmeno un ramo secco. Negli anni Ottanta ci abitava un politico, uno di quelli travolti dalla tangentopoli locale. Nel 1988 sembrava Beirut. O così dicono i soccorritori arrivati nel cuore della notte dopo che una bomba scoppia davanti alla sede della RAI: una decina di chili di esplosivo sistemanti sotto un furgone. Il tettuccio del camper vola sul tetto del palazzo di sette piani tra le antenne paraboliche, venti metri d’altezza; il guardiano notturno si ritrova ricoperto di vetri e schegge. Quattro delle auto posteggiate vengono distrutte, sono tutte Fiat: una 126, una Prisma, una Uno e una 190. Le altre sono gravemente danneggiate. Il cratere è profondo trenta centimetri.

Una camionetta dei pompieri risale Corso Italia. Qualcuno deve averli chiamati per il serpente che nel frattempo sta strisciando verso Corso Libertà. Succede quando fa così caldo. Una volta, quando ero bambino, con mio cugino ci siamo imbattuti in una vipera che risaliva le scale del suo condominio. Abbiamo assistito alla sua decapitazione da parte del caposcala. Ricordo di averla osservata mentre mordeva una paletta, una di quelle che si usano con le scope per raccogliere la polvere, con cui era sta bloccata. Mi sono sempre chiesto da dove fosse saltata fuori. Bisce, topi e furetti arrivano dalle zone attorno ai fiumi o dai fazzoletti di campagna incastonati nella mappa cittadina. Persino i cervi sono scesi in città, ma una vipera che risale la rampa di scale di un condominio del quartiere popolare… Mi sono immaginato con ribrezzo che qualcuno fosse andato a funghi la domenica e che in qualche modo la bestia si fosse infilata nell’auto. Magari proprio dal cestino dei funghi, per poi strisciarne fuori e trovare la strada per le scale. Resterà per sempre un mistero. È uno di quegli episodi a cui ripenso di tanto in tanto, e a forza di ripensarci sembra quasi un sogno. Mi capita spesso di fare sogni ricorrenti in cui finisco immancabilmente in alcuni luoghi di Bolzano che nella realtà non esistono, ma la ciclicità con cui si presentano alle volte mi confonde. Sono vent’anni che non vivo nella ridente cittadina sudtirolese, eppure i miei luoghi onirici sono sempre lì, tanto che alle volte si confondono con i ricordi e viceversa. C’era un bar, o meglio forse c’era un bar, che apriva a orari strani e non sempre. Era una specie di circolo nei pressi di una delle tante case un po’ bohémien in cui ho vissuto da quelle parti. Non saprei dire se fosse un luogo dei miei sogni o dei miei ricordi. Davvero non lo so. Ho anche provato, senza troppa convinzione, devo essere sincero, a passare da quelle parti, ma non è servito a molto. Se c’era, adesso non c’è più, se non c’era non lo saprò mai. Non saprei nemmeno più a chi chiedere. Non (ri)consoco più nessuno da quelle parti. Questo stato di alterazione onirico mi perseguita e mi culla ogni volta che vedo o sogno Bolzano.  Continua a leggere

#RESISTENZE IN CIRENAICA – 27 SETTEMBRE 2015: Ci siamo quasi

2,5 cmRESISTENZE IN CIRENAICA – 27 SETTEMBRE 2015

Al Vag61 

al giardino pubblico «Lorenzo Giusti» 

e in giro per la Cirenaica

con Wu Ming – :Kai Zen: – Valerio Monteventi – Coro R’esistente del Pratello – Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore – Compagnia Fantasma e tant* altr*.

Comunicato stampa e programma completo

La Cirenaica sorge nell’immediata periferia est di Bologna. Il rione fu costruito nel 1913, poco dopo l’aggressione italiana alla Libia, e i nomi delle vie celebravano le terre appena conquistate: via Tripoli, via Derna, via Bengasi…

Poco più di quindici anni dopo, proprio nella regione libica da cui il rione aveva preso il nome, il fascismo perpetrò un genocidio, all’epoca nascosto all’opinione pubblica italiana e oggi dimenticato dai più. Deportazioni di massa, stragi di civili, uso di armi chimiche, espropriazioni di terre e beni. Lo storico Angelo Del Boca ha dedicato anni di vita e ricerca a ricostruire quegli eventi. Giorgio Rochat e Piero Pieri, decani della storiografia italiana, hanno scritto: «Quello in Cirenaica non è l’unico genocidio della storia delle conquiste coloniali, se può consolare qualcuno, ma è certo uno dei più completi, rapidi e meglio travisati dalla propaganda e dalla censura».

Oggi a Derna e Bengasi c’è l’ISIS. Una (logica) conseguenza del caos nel quale è precipitato il paese dopo la guerra del 2011, a cui prese parte anche l’Italia, recidiva.

La Cirenaica, quella di Bologna, si chiama ancora così, ma le vie hanno nomi diversi. Nel 1949, in Italia evento più unico che raro, le denominazioni coloniali delle vie furono sostituiti da nomi di caduti partigiani. Fu fatta un’unica eccezione: via Libia.

Lungo le linee di questa costellazione di storie e strade nasce il progetto «Resistenze in Cirenaica». Un progetto letterario, musicale, fotografico, teatrale, cinematografico, radiofonico e persino escursionistico che nasce nel rione grazie all’impegno di persone che ci vivono e lo fanno vivere. A fare da “catalizzatore” è stata la battaglia civica per aprire, in via Ilio Barontini, il giardino sociale intitolato a Lorenzo Gusti, ferroviere bolognese che combatté nella guerra civile spagnola al fianco degli anarchici.

«Resistenze in Cirenaica» sarà un cantiere culturale permanente, dedicato a recuperare e raccontare le storie di chi si oppose alla dittatura a Bologna, in tutta Italia, nelle colonie africane (Libia e Africa orientale) e nei paesi europei invasi dai nazifascisti (Albania, Grecia, Jugoslavia).

Si parte il 27 settembre con un’intera giornata di iniziative.

Dalle h.11 al Vag61, via Paolo Fabbri 110
PRANZO SOCIALE
Reading di Wu Ming e :Kai Zen:, musiche dal vivo con Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.
€12 a testa + bevande. L’incasso andrà a finanziare le iniziative. Prenotazione: infovag61@gmail.com

Dalle h. 16 in giro per il quartiere, con partenza dal Vag61
TREKKING URBANO: VISITA NARRATA AI NOMI DELLE VIE
Wu Ming 2 racconta storie di guerriglia antifascista,
con l’associazione Atopie Sottili, il Coro R’esistente del Pratello, Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.

Dalle h.19 al giardino pubblico «Lorenzo Giusti», via Barontini 13/15
DA UNA CIRENAICA ALL’ALTRA
Happening sulle resistenze anticoloniali e antifasciste in Libia, Etiopia, nei Balcani e a Bologna.
Wu Ming 1, Wu Ming 2, Kai Zen, Compagnia Fantasma e Valerio Monteventi raccontano le vite ribelli di Omar al-Mukhtar, di Ilio Barontini, di Lorenzo Giusti, di Paolo Fabbri e altre/i che fecero guerra alla guerra dall’Africa all’Italia.
Colonne sonore dal vivo di Kai Zen / Bhutan Clan, Fabio Tricomi, Camilla Serpieri, Claudia Finetti.
Proiezioni a cura di Compagnia Fantasma, Kai Zen e Michele Lapini.
Buffet e bevande a cura di Eat The Rich, Condominio Bel(LE)Trame e Associazione Naufragi.
Ingresso libero.

Se piove ci si sposta al Centro di accoglienza Beltrame, via Sabatucci  2.

Ci vediamo il 27.

A cura di Vag61 e Spazi Aperti

Ancora su Delta Blues… La lingua si fa arida, l’aria asfittica e il romanzo implode.

More about Delta bluesIl libro è uscito ormai due mesi fa, eppure arrivano ancora commenti e recensioni. Eccone due decisamente contrastanti.

La prima di Tanabrus sul suo Blog, la seconda – la stroncatura – di  Enzo Baranelli su Cabaret Bisanzio

Questo libro è ispirato a Cuore di tenebra e si vede. E’ un piacere notare i parallelismi tra le due storie, la trama in comune, chi assume quale ruolo, in cosa differiscono, come è cambiata la situazione dalla fine dell’800 a ora e come invece non è cambiata minimamente per certi aspetti.

La parte di Marlow è recitata da Tamerlano, nome in codice di un soldato, un segugio, un uomo abilissimo nel riportare a casa le persone scomparse in zone pericolose.
A lui si rivolge il governo italiano per riportare a casa Klein, geologo al servizio dell’ente, compagnia petrolifera con interessi un po’ in tutto il mondo. Klein aveva dato una svolta al proprio lavoro, aveva cominciato a proporre cambiamenti in favore delle energie alternative, ed era appoggiato da personalità influenti in Europa. L’ente lo aveva spedito al Delta del Niger per effettuare uno studio di fattibilità, ma a quanto pare il geologo era stato rapito dai ribelli del MEND e ora si doveva cercare di riportarlo a casa.

In realtà l’Ente, così come gli inviati della Compagnia nel libro di Conrad, non vuole modificare di una virgola la propria politica. Affianca a Tamerlano un suo uomo sul posto, l’equivalente del Conradiano addetto alla fabbricazione di mattoni e contemporaneamente anche del Direttore, e un paio di membri della JTF con il chiaro compito di far fuori Klein, nel caso fosse ancora vivo.
E in più gli alti vertici societari hanno in allerta anche i russi, compagni di affari desiderosi che i progetti di Klein non vedano la luce.

Klein, ovviamente, è Kurtz.
La persona illuminata che parte armata di ottimi propositi e finisce nel cuore dell’Africa, in mezzo agli indigeni.
La persona che cambia tutti quelli con cui parla, tanto è vero che incontriamo prima un’alta funzionaria dell’Ente in Nigeria pronta a lasciare l’incarico e diversi indigeni lungo il corso del fiume che erano stati profondamente toccati dai discorsi dell’uomo.
La persona che finisce schiacciata dalle tenebre, perde la salute sia fisica che mentale, poco a poco impazzisce e si cala sempre più nella tenebra.

Uno dei difetti che avevo trovato in Cuore di tenebra erano le tantissime ripetizioni, le tante omissioni, le troppe metafore.
Qui invece tutto è più chiaro, più scorrevole.

La tenebra è ben inquadrata, l’oppressione mentale di Klein diventa anche oppressione fisica per l’uomo impossibilitato a vedere il cielo e il sole, nascosto sotto la fitta copertura degli alberi.
E anzi, il personaggio di Klein viene mostrato chiaramente e con dovizia di particolari, dato che mentre Tamerlano e i suoi compagni di viaggio ne seguono le traccie, noi scopriamo poco a poco il viaggio che ha condotto Klein fino a dove si trova ora.

E poi abbiamo Marguerite, la reporter belga che decide di fare un servizio su Klein, a causa del suo incontro fortuito con Tamerlano e che per certi versi condivide con lui il ruolo di Marlow.. Precipitando anche lei nel cuore della tenebra, incontrando la morte come non l’aveva mai vista prima.
Perché alla fine del viaggio lei sarà cambiata, e anche Tamerlano sarà profondamente cambiato, dilaniato dall’interno dalle esperienze vissute e dalla figura di Klein.

Il libro ha una buona storia, e ci mostra in maniera cruda la situazione dei luoghi come il Delta del Niger.
Dove la gente muore di fame, o muore intossicata per aver mangiato qualcosa distrutto dall’inquinamento, inquinamento prodotto dalle pipeline fatiscenti e raramente manutenute.
Inquinamento e miseria, dato che l’economia è cannibalizzata da questi Enti.
Al tempo di Conrad i nativi erano dei selvaggi che vivevano in tribù nascosti nella foresta, vedevano Kurtz come una divinità e facevano gli schiavi per i lavori di fatica. Quelli svegli, con mesi di addestramento, arrivavano a tenere il timone dei battelli e a tenere viva la caldaia.
Adesso sono sempre schiavi. Schiavi di chi gli sfrutta la terra dandogli in cambio la morte sotto forma di terreni e acque avvelenate. Vivono in baraccopoli, oppure hanno studiato e preso lauree sperando di poter cambiare in meglio il proprio paese solo per scoprire che gli risulta più utile il fucile che le lauree, e vivono nascosti in villaggi clandestini nella foresta meditando attacchi di poco conto contro gli Enti.

Mi è piaciuto, ben più di Cuore di tenebra.
L’unica cosa che mi lascia perplesso è il blues, presente nel titolo, nella quarta di copertina, nell’apertura delle scene in cui il libro è diviso. Ma che per il resto non mi sembra granché importante per la storia, compare giusto con l’Arlecchino…

Non ho più la forza ormai. Sono stato ingoiato da tutta questa tenebra. Ho visto in faccia l’orrore, e ho cominciato a capire cosa significhi essere liberi. Liberi dalle opinioni altrui e dalle proprie. Mi sono fatto amico dell’orrore e del terrore mortale. Dovevo essere loro amico. Ho provato a salvare questa gente. Ho provato a farlo pensando di uccidere la mia gente. Ma non ho avuto la tempra per andare fino in fondo. Ho visto alcuni di questi uomini far morire di fame i propri figli, mentre il pesce si dimenava in pozze di petrolio. Ho visto alcune di queste donne far morire di fame le proprie figlie, per non darle in pasto a criminali assetati di sangue. Loro sono più forti di noi. Possono sopportare, hanno la forza di fare cose come quelle. Hanno l’amore per farlo. Un amore sconfinato. Hanno solo bisogno di qualcuno che insegni loro come reagire. Che spieghi loro come incutere timore, come evocare il terrore.

Ed ecco la stroncatura di Baranelli, di cui però facciamo nostra l’ultima frase, la facciamo nostra e in qualche modo la ribaltiamo tanto che per una seconda edizione potremmo usarla per una fascetta:

Una sola voce.

Il libro ha il suo fascino. Le cose migliori sono la copertina (firmata da Gipi) e il glossario, per quanto riguarda quello che sta in mezzo direi che il problema principale sia stilistico. Il racconto è eccessivamente costruito e le immagini che dovrebbero trasmettere emozioni o stati d’animo sono macchinose e inefficaci.Kai Zen, il collettivo di autori creatore dell’opera, arranca scivolando su facili metafore e similitudini stantie. “Mi sembrava di avere la testa in una boccia di vetro per pesci”: accidenti per una frase del genere avranno fatto un brainstorming! Purtroppo il difetto maggiore è l’assoluta piattezza e uniformità del linguaggio. Nel romanzo compaiono e-mail, un diario, un racconto in prima persona, e addirittura la descrizione di una ripresa con telecamera: non esiste un cambio di registro o almeno io non l’ho notato. Martin Klein scrive alla figlia e ripete “manco fosse/manco a dirlo” due volte in poche righe, Klein non mi sembra il tipo da “manco fosse”, ma per Kai Zen tutto è possibile. Il racconto, che parte da “Heart of Darkness” (apertamente citato), viene passato in lavatrice a 90 gradi, tutto giunge come un’eco sbiadita. L’ambientazione africana mi ha ricordato un noir di grande atmosfera scritto daRobert Wilson nel 1995 e apparso in Italia nel 2002, pubblicato da Meridiano Zero: “Strumenti delle tenebre”, escluso il titolo, i riferimenti sono più vicini a Greene che a Conrad, però la differenza maggiore è che Wilson sa immergere il lettore in un ambiente quasi palpabile, mentre Kai Zen riesce a rendere più interessante una pagina bianca di una scritta (mi sono soffermato a lungo sulla pagina 182 e l’ho trovata ben fatta, carta con piccoli rilievi, piacevole al tatto). Effettivamente, affascinato dal disegno di copertina, credo che Delta Blues possa diventare un romanzo a fumetti discreto (e infatti nella bibliografia compare anche Hugo Pratt, oltre a un volume illustrato della Giunti), però volerlo inserire in un filone narrativo mi pare eccessivo, sembra quasi che a mancare sia la volontà.

La lingua si fa arida, l’aria asfittica e il romanzo implode.