Ripubblichiamo questo racconto reportage che parte da Cent’anni a Nordest di Wu Ming 1 firmato da J e uscito per la prima volta in settembre su Euronomade.

- SERPENTE
Un carbonazzo si dimena e sibila in mezzo all’incrocio. L’asfalto è rovente, il cielo blu dodger è altissimo, il semaforo scatta, la temperatura sfiora i quarantadue gradi. In giro non c’è nessuno, piazza Mazzini è pura metafisica. Sollevo lo sguardo: il terrazzo dell’attico all’angolo era un rigoglioso giardino pensile, ora non c’è nulla, nemmeno un ramo secco. Negli anni Ottanta ci abitava un politico, uno di quelli travolti dalla tangentopoli locale. Nel 1988 sembrava Beirut. O così dicono i soccorritori arrivati nel cuore della notte dopo che una bomba scoppia davanti alla sede della RAI: una decina di chili di esplosivo sistemanti sotto un furgone. Il tettuccio del camper vola sul tetto del palazzo di sette piani tra le antenne paraboliche, venti metri d’altezza; il guardiano notturno si ritrova ricoperto di vetri e schegge. Quattro delle auto posteggiate vengono distrutte, sono tutte Fiat: una 126, una Prisma, una Uno e una 190. Le altre sono gravemente danneggiate. Il cratere è profondo trenta centimetri.
Una camionetta dei pompieri risale Corso Italia. Qualcuno deve averli chiamati per il serpente che nel frattempo sta strisciando verso Corso Libertà. Succede quando fa così caldo. Una volta, quando ero bambino, con mio cugino ci siamo imbattuti in una vipera che risaliva le scale del suo condominio. Abbiamo assistito alla sua decapitazione da parte del caposcala. Ricordo di averla osservata mentre mordeva una paletta, una di quelle che si usano con le scope per raccogliere la polvere, con cui era sta bloccata. Mi sono sempre chiesto da dove fosse saltata fuori. Bisce, topi e furetti arrivano dalle zone attorno ai fiumi o dai fazzoletti di campagna incastonati nella mappa cittadina. Persino i cervi sono scesi in città, ma una vipera che risale la rampa di scale di un condominio del quartiere popolare… Mi sono immaginato con ribrezzo che qualcuno fosse andato a funghi la domenica e che in qualche modo la bestia si fosse infilata nell’auto. Magari proprio dal cestino dei funghi, per poi strisciarne fuori e trovare la strada per le scale. Resterà per sempre un mistero. È uno di quegli episodi a cui ripenso di tanto in tanto, e a forza di ripensarci sembra quasi un sogno. Mi capita spesso di fare sogni ricorrenti in cui finisco immancabilmente in alcuni luoghi di Bolzano che nella realtà non esistono, ma la ciclicità con cui si presentano alle volte mi confonde. Sono vent’anni che non vivo nella ridente cittadina sudtirolese, eppure i miei luoghi onirici sono sempre lì, tanto che alle volte si confondono con i ricordi e viceversa. C’era un bar, o meglio forse c’era un bar, che apriva a orari strani e non sempre. Era una specie di circolo nei pressi di una delle tante case un po’ bohémien in cui ho vissuto da quelle parti. Non saprei dire se fosse un luogo dei miei sogni o dei miei ricordi. Davvero non lo so. Ho anche provato, senza troppa convinzione, devo essere sincero, a passare da quelle parti, ma non è servito a molto. Se c’era, adesso non c’è più, se non c’era non lo saprò mai. Non saprei nemmeno più a chi chiedere. Non (ri)consoco più nessuno da quelle parti. Questo stato di alterazione onirico mi perseguita e mi culla ogni volta che vedo o sogno Bolzano. Continua a leggere →
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