Gens Italica

A grande richiesta, pubblichiamo anche qui il racconto di Natale di Kaizen g uscito sul blog Resistenze in Cirenaica. Buon 2017.

matrimoni-misti-italia-coloGens Italica

Il tenente Lorusso fissava lo sguardo spiritato nello specchio del bagno. Il rado ciuffo, che nei momenti di forma migliore gli rendeva meno avvilente la calvizie e in quelli di più ardito ottimismo fascista lo convinceva di avere ancora i capelli, stavolta si ergeva arruffato e triste sulla sommità del cranio. Si asciugò entrambe le mani con cura sul cotone rigato della canottiera tesa sul ventre gonfio, poi avvicinò il volto alla propria immagine riflessa. Uno schiocco risuonò come una scudisciata rimbalzando sull’intonaco delle quattro pareti raccolte della stanza. La florida guancia destra gli si tinse dell’impronta scarlatta delle dita.

“Buon Natale minchione.” Continua a leggere

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L’uomo dell’Etiopia ovvero del tioetere di cloroetano e del settimo sigillo

2,5 cmQuesta sera vi aspettiamo al VAG 61 a Bologna. Proseguiremo il percorso intrapreso il 27 settembre con #ResistenzeInCirenaica.

Nel frattempo vi lasciamo con il testo scritto da J per quell’occasione.

Non abbiate mai paura della vita e dell’avventura. Abbiate fiducia nel caso, nella fortuna e nel destino. Partite, andate a conquistare altri spazi, altre speranze. (Henry de Monfreid)
“Le stelle sono dieci volte più numerose di tutti i granelli di sabbia della terra. Di tutte le spiagge, di tutti i deserti.”
Così ha detto il paraguaiano a Gunnar Lundström e Gunnar Lundström si è guardato attorno.

In quel momento, a Malca Dida, stenta a crederci.

È il 1935. L’anno è appena iniziato, Amelia Earhart ha compiuto il primo volo in solitaria tra le Hawaii e la California, il cielo sopra Stoccolma è acciaio liquido, il caffè davanti alla facoltà di medicina è pieno di gente. Sono lì per lui. Festeggiano. Elfriede lo abbraccia. Gunnar è un dottore adesso. Il futuro è radioso, eppure non riesce a staccare lo sguardo dall’Aftonbladet. Sulla notizia della trasvolata campeggia una foto della Earhart. È appena atterrata a Oakland. I capelli scarmigliati e il sorriso stanco, ma sbarazzino.

Il paraguaiano lo incontra in un villaggio dell’Ogaden, a sud del confine con la Somalia Britannica. L’ambulanza si ferma per riempire le taniche d’acqua. Il vento sa di sterco e spezie. Gunnar ne approfitta per sgranchirsi le gambe. Hylander e Agge ci sono già stati. Sanno che che c’è un pozzo, che qualcuno offrirà loro un tè e informazioni sul percorso in cambio della protezione di San Giorgio, quello effigiato sulle sterline, si intende. All’ombra di una palma solitaria un capannello di pastori è intento a osservare un arbegnuoc alle prese con una scacchiera e con il primo tenente della marina paraguaiana Benito Ecer de Namtar. Continua a leggere

#RESISTENZE IN CIRENAICA – 27 SETTEMBRE 2015: Ci siamo quasi

2,5 cmRESISTENZE IN CIRENAICA – 27 SETTEMBRE 2015

Al Vag61 

al giardino pubblico «Lorenzo Giusti» 

e in giro per la Cirenaica

con Wu Ming – :Kai Zen: – Valerio Monteventi – Coro R’esistente del Pratello – Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore – Compagnia Fantasma e tant* altr*.

Comunicato stampa e programma completo

La Cirenaica sorge nell’immediata periferia est di Bologna. Il rione fu costruito nel 1913, poco dopo l’aggressione italiana alla Libia, e i nomi delle vie celebravano le terre appena conquistate: via Tripoli, via Derna, via Bengasi…

Poco più di quindici anni dopo, proprio nella regione libica da cui il rione aveva preso il nome, il fascismo perpetrò un genocidio, all’epoca nascosto all’opinione pubblica italiana e oggi dimenticato dai più. Deportazioni di massa, stragi di civili, uso di armi chimiche, espropriazioni di terre e beni. Lo storico Angelo Del Boca ha dedicato anni di vita e ricerca a ricostruire quegli eventi. Giorgio Rochat e Piero Pieri, decani della storiografia italiana, hanno scritto: «Quello in Cirenaica non è l’unico genocidio della storia delle conquiste coloniali, se può consolare qualcuno, ma è certo uno dei più completi, rapidi e meglio travisati dalla propaganda e dalla censura».

Oggi a Derna e Bengasi c’è l’ISIS. Una (logica) conseguenza del caos nel quale è precipitato il paese dopo la guerra del 2011, a cui prese parte anche l’Italia, recidiva.

La Cirenaica, quella di Bologna, si chiama ancora così, ma le vie hanno nomi diversi. Nel 1949, in Italia evento più unico che raro, le denominazioni coloniali delle vie furono sostituiti da nomi di caduti partigiani. Fu fatta un’unica eccezione: via Libia.

Lungo le linee di questa costellazione di storie e strade nasce il progetto «Resistenze in Cirenaica». Un progetto letterario, musicale, fotografico, teatrale, cinematografico, radiofonico e persino escursionistico che nasce nel rione grazie all’impegno di persone che ci vivono e lo fanno vivere. A fare da “catalizzatore” è stata la battaglia civica per aprire, in via Ilio Barontini, il giardino sociale intitolato a Lorenzo Gusti, ferroviere bolognese che combatté nella guerra civile spagnola al fianco degli anarchici.

«Resistenze in Cirenaica» sarà un cantiere culturale permanente, dedicato a recuperare e raccontare le storie di chi si oppose alla dittatura a Bologna, in tutta Italia, nelle colonie africane (Libia e Africa orientale) e nei paesi europei invasi dai nazifascisti (Albania, Grecia, Jugoslavia).

Si parte il 27 settembre con un’intera giornata di iniziative.

Dalle h.11 al Vag61, via Paolo Fabbri 110
PRANZO SOCIALE
Reading di Wu Ming e :Kai Zen:, musiche dal vivo con Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.
€12 a testa + bevande. L’incasso andrà a finanziare le iniziative. Prenotazione: infovag61@gmail.com

Dalle h. 16 in giro per il quartiere, con partenza dal Vag61
TREKKING URBANO: VISITA NARRATA AI NOMI DELLE VIE
Wu Ming 2 racconta storie di guerriglia antifascista,
con l’associazione Atopie Sottili, il Coro R’esistente del Pratello, Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.

Dalle h.19 al giardino pubblico «Lorenzo Giusti», via Barontini 13/15
DA UNA CIRENAICA ALL’ALTRA
Happening sulle resistenze anticoloniali e antifasciste in Libia, Etiopia, nei Balcani e a Bologna.
Wu Ming 1, Wu Ming 2, Kai Zen, Compagnia Fantasma e Valerio Monteventi raccontano le vite ribelli di Omar al-Mukhtar, di Ilio Barontini, di Lorenzo Giusti, di Paolo Fabbri e altre/i che fecero guerra alla guerra dall’Africa all’Italia.
Colonne sonore dal vivo di Kai Zen / Bhutan Clan, Fabio Tricomi, Camilla Serpieri, Claudia Finetti.
Proiezioni a cura di Compagnia Fantasma, Kai Zen e Michele Lapini.
Buffet e bevande a cura di Eat The Rich, Condominio Bel(LE)Trame e Associazione Naufragi.
Ingresso libero.

Se piove ci si sposta al Centro di accoglienza Beltrame, via Sabatucci  2.

Ci vediamo il 27.

A cura di Vag61 e Spazi Aperti

#ResistenzeInCirenaica

Copia di ImapginatoCirenaica2

Resistenze in Cirenaica

2,5 cm

RESISTENZE IN CIRENAICA

Una giornata di storie e musica nella contrada «patria del ribelle»

Bologna, 27 settembre 2015

Dalle h.11 al VAG61, via Paolo Fabbri 110

PRANZO SOCIALE

con presentazione del progetto, reading di Wu Ming e Kai Zen e musiche, con Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.

€12 a testa + beveraggi

Dalle h. 16 in giro per il quartiere

TREKKING URBANO: VISITA NARRATA AI NOMI DELLE VIE
Wu Ming 2 racconta storie di guerriglia antifascista

con Atopie Sottili e  musiche di Guglielmo Pagnozzi & Brigate Sonore.

Dalle h.19 al giardino pubblico «Lorenzo Giusti» di via Barontini

DA UNA CIRENAICA ALL’ALTRA

Happening sulle resistenze anticoloniali e antifasciste in Libia, Etiopia, nei Balcani e a Bologna

Wu Ming, Kai Zen, Compagnia Fantasma e Valerio Monteventi raccontano le vite ribelli di Omar al-Mukhtar, Ilio Barontini, Lorenzo Giusti, Paolo Fabbri e storie di guerra alla guerra dall’Africa all’Italia.
Colonna sonora dal vivo di Kai Zen / Bhutan Clan, Fabio Tricomi, Camilla Serpieri, Claudia Finetti.
Proiezioni a cura di Compagnia Fantasma, Kai Zen e Michele Lapini.

Buffet e bevande a cura di Eat The Rich, Condominio Bel LE Trame e  Associazione Naufragi.

Ingresso libero.

A cura di Spazi Aperti e VAG61

Kai Zen live @ VAG 61

Per dirla tutta

Eccomi di nuovo tra voi. Truck Driver tra i suoi fedeli. Contenti? Vi sono mancato? E chi se ne frega (in entrambi i casi).

Sento sempre gente parlare male. Male del vicino, male dello straniero. Male di quello che succede in ogni parte del mondo. Tutti parlano male del Medio Oriente, e la Siria di qui, e l’Iran di là, e l’Egitto che potrebbe islamizzarsi troppo dopo la rivolta, e la Libia che è in preda a svariate tribù di fanatici. Sento parlare solo male della Cina e dell’India, che sì, sono enormi potenze economiche ma non rispettano i diritti umani, l’ambiente, i lavoratori, i poveri ecc. ecc. C’è gente che parla male anche del Sudamerica, ovviamente: troppo violento, troppo instabile, troppo ‘Repubblica delle Banane’. L’Africa al solito non conta un cazzo, se non per quel minimo di groppone in gola a Natale nel vedere i bambini denutriti o i danni da estrazione selvaggia del petrolio o le montagne di rifiuti tecnologici che scarichiamo puntualmente da quelle parti. Afghanistan, Pakistan, Kazakhstan e compagnia bella poi manco si possono definire paesi civili, e via dicendo per il resto del globo.

Insomma di buono parrebbe rimanga solo l’occidente, e in particolare: Continua a leggere

Delta Blues – recensioni de La Torre di Tanabrus e Mangialibri

Abbiamo trovato in rete e pubblichiamo con piacere:

Recensione de La Torre di Tanabrus: Trama: “Corsi in timoniera, manovrai e ripresi il fiume, alla cieca. Le fiamme si alzarono alle mie spalle, dilatando le ombre della notte. Poi il fuoco mose il generatore e un boato devastante risuonò nel cuore della tenebra.”

Una compagnia petrolifera avidamente orientata al profitto.
Un geologo coraggioso che crede in un futuro di energie rinnovabili.
Troppi interessi in gioco, un agguato, un rapimento.
Al ritmo di blues il Delta del Niger si fa protagonista e spettatore di una storia di oscura redenzione.

Recensione

Questo libro è ispirato a Cuore di tenebra e si vede. E’ un piacere notare i parallelismi tra le due storie, la trama in comune, chi assume quale ruolo, in cosa differiscono, come è cambiata la situazione dalla fine dell’800 a ora e come invece non è cambiata minimamente per certi aspetti.

La parte di Marlow è recitata da Tamerlano, nome in codice di un soldato, un segugio, un uomo abilissimo nel riportare a casa le persone scomparse in zone pericolose.
A lui si rivolge il governo italiano per riportare a casa Klein, geologo al servizio dell’ente, compagnia petrolifera con interessi un po’ in tutto il mondo. Klein aveva dato una svolta al proprio lavoro, aveva cominciato a proporre cambiamenti in favore delle energie alternative, ed era appoggiato da personalità influenti in Europa. L’ente lo aveva spedito al Delta del Niger per effettuare uno studio di fattibilità, ma a quanto pare il geologo era stato rapito dai ribelli del MEND e ora si doveva cercare di riportarlo a casa.

In realtà l’Ente, così come gli inviati della Compagnia nel libro di Conrad, non vuole modificare di una virgola la propria politica. Affianca a Tamerlano un suo uomo sul posto, l’equivalente del Conradiano addetto alla fabbricazione di mattoni e contemporaneamente anche del Direttore, e un paio di membri della JTF con il chiaro compito di far fuori Klein, nel caso fosse ancora vivo.
E in più gli alti vertici societari hanno in allerta anche i russi, compagni di affari desiderosi che i progetti di Klein non vedano la luce.

Klein, ovviamente, è Kurtz.
La persona illuminata che parte armata di ottimi propositi e finisce nel cuore dell’Africa, in mezzo agli indigeni.
La persona che cambia tutti quelli con cui parla, tanto è vero che incontriamo prima un’alta funzionaria dell’Ente in Nigeria pronta a lasciare l’incarico e diversi indigeni lungo il corso del fiume che erano stati profondamente toccati dai discorsi dell’uomo.
La persona che finisce schiacciata dalle tenebre, perde la salute sia fisica che mentale, poco a poco impazzisce e si cala sempre più nella tenebra.

Uno dei difetti che avevo trovato in Cuore di tenebra erano le tantissime ripetizioni, le tante omissioni, le troppe metafore.
Qui invece tutto è più chiaro, più scorrevole.

La tenebra è ben inquadrata, l’oppressione mentale di Klein diventa anche oppressione fisica per l’uomo impossibilitato a vedere il cielo e il sole, nascosto sotto la fitta copertura degli alberi.
E anzi, il personaggio di Klein viene mostrato chiaramente e con dovizia di particolari, dato che mentre Tamerlano e i suoi compagni di viaggio ne seguono le traccie, noi scopriamo poco a poco il viaggio che ha condotto Klein fino a dove si trova ora.

E poi abbiamo Marguerite, la reporter belga che decide di fare un servizio su Klein, a causa del suo incontro fortuito con Tamerlano e che per certi versi condivide con lui il ruolo di Marlow.. Precipitando anche lei nel cuore della tenebra, incontrando la morte come non l’aveva mai vista prima.
Perché alla fine del viaggio lei sarà cambiata, e anche Tamerlano sarà profondamente cambiato, dilaniato dall’interno dalle esperienze vissute e dalla figura di Klein.

Il libro ha una buona storia, e ci mostra in maniera cruda la situazione dei luoghi come il Delta del Niger.
Dove la gente muore di fame, o muore intossicata per aver mangiato qualcosa distrutto dall’inquinamento, inquinamento prodotto dalle pipeline fatiscenti e raramente manutenute.
Inquinamento e miseria, dato che l’economia è cannibalizzata da questi Enti.
Al tempo di Conrad i nativi erano dei selvaggi che vivevano in tribù nascosti nella foresta, vedevano Kurtz come una divinità e facevano gli schiavi per i lavori di fatica. Quelli svegli, con mesi di addestramento, arrivavano a tenere il timone dei battelli e a tenere viva la caldaia.
Adesso sono sempre schiavi. Schiavi di chi gli sfrutta la terra dandogli in cambio la morte sotto forma di terreni e acque avvelenate. Vivono in baraccopoli, oppure hanno studiato e preso lauree sperando di poter cambiare in meglio il proprio paese solo per scoprire che gli risulta più utile il fucile che le lauree, e vivono nascosti in villaggi clandestini nella foresta meditando attacchi di poco conto contro gli Enti.

Mi è piaciuto, ben più di Cuore di tenebra.
L’unica cosa che mi lascia perplesso è il blues, presente nel titolo, nella quarta di copertina, nell’apertura delle scene in cui il libro è diviso. Ma  che per il resto non mi sembra granché importante per la storia, compare giusto con l’Arlecchino…

Non ho più la forza ormai. Sono stato ingoiato da tutta questa tenebra. Ho visto in faccia l’orrore, e ho cominciato a capire cosa significhi essere liberi. Liberi dalle opinioni altrui e dalle proprie. Mi sono fatto amico dell’orrore e del terrore mortale. Dovevo essere loro amico. Ho provato a salvare questa gente. Ho provato a farlo pensando di uccidere la mia gente. Ma non ho avuto la tempra per andare fino in fondo. Ho visto alcuni di questi uomini far morire di fame i propri figli, mentre il pesce si dimenava in pozze di petrolio. Ho visto alcune di queste donne far morire di fame le proprie figlie, per non darle in pasto a criminali assetati di sangue. Loro sono più forti di noi. Possono sopportare, hanno la forza di fare cose come quelle. Hanno l’amore per farlo. Un amore sconfinato. Hanno solo bisogno di qualcuno che insegni loro come reagire. Che spieghi loro come incutere timore, come evocare il terrore.

Voto: 7/10

L’autore

Kai Zen è un gruppo di narratori nato nel 2003, formato da Jadel Andreetto, Bruno Diorini, Guglielmo Pispisa e Aldo Soliani. Realizza progetti di scrittura collettiva come romanzi, racconti, articoli, recensioni musicali.
Il loro materiale è distribuito con licenza CC sul loro sito.

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La recensione del mangialibri:

“Chi ha paura del serpente/ Ha paura della gente/ Love and go!”. Pensa al Mississipi Delta Blues di Robert Johnson ma riesce a canticchiare solo il ritornello di Un boa nella canoa, un motivetto un po’ trash di Andrea Mingardi. Martin Klein sta risalendo il Delta del Niger ed è appena stato rapito dai ribelli locali. Lavora per un Ente petrolifero italiano ed è stato spedito in Nigeria per verificare la fattibilità di una riconversione sostenibile degli impianti petroliferi. Peccato che Martin è l’unico a crederci, l’unico consapevole dell’impatto devastante delle Compagnie petrolifere su quella terra. Un esempio su tutti, il paradosso dei gas flaring: la pratica di bruciare i gas che si estraggono assieme al petrolio. Il 70% di quella potenziale risorsa energetica viene dispersa nell’aria causando piogge acide e la contaminazione di terreni fertili, falde acquifere e pozzi d’acqua potabile. Ma l’Ente non ha nessuna intenzione di procedere alla riduzione delle emissioni – considerata sconveniente dal punto di vista economico –, né in Madrepatria, né in Nigeria. Mr Klein deve essere eliminato. Quale modo migliore se non farlo fuori in Nigeria e poi dare la colpa ai ribelli locali? Solo che l’agguato fallisce, Martin fugge e si disperde nella foresta, in quella selva di pirati, contrabbandieri, mafiosi, politici, mercenari, meccanici, guerriglieri, autisti e ribelli. Sulle sue tracce viene assoldato Ivo Andriç, il Tamerlano, Toccherà a lui scoprire la verità e traghettarci nel cuore nero, nerissimo, dell’Africa…

Quando ti trovi di fronte ad una meravigliosa copertina di Gipi, il libro si presenta subito bene. Ancor di più se già sai che si tratta di un romanzo impegnato e  inconsueto; e per tre motivi. Il primo è l’autore, o meglio, gli autori. Kai Zen ha otto mani, quelle di Jadel Andreetto, Bruno Fiorini, Guglielmo Pispisa e Aldo Soliani. Il secondo è che gli stessi autori considerano Delta Blues una “cover” di Cuore di tenebra di Jospeh Conrad e quindi anche di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Il terzo è il singolare intreccio di tematiche geopolitiche e ambientali a sfondo noir, per lo più con l’obiettivo della denuncia. Il Delta è quello del Niger, non del Mississipi, e la razzia di avorio è lo sfruttamento intensivo del petrolio e il conseguente impatto delle multinazionali sull’ecosistema nigeriano. Una prigionia nella prigionia in una terra che, come ci ricorda Massimo Alberizzi, esperto e coraggioso reporter, “galleggia sul petrolio. Con seicento campi, 5284 pozzi, 700 chilometri di oleodotti, dieci terminali di carico, 275 stazioni di pompaggio, 10 impianti liquefazione gas, quattro raffinerie”. La risalita di un bacino devastato da una poltiglia di interessi. Immagini del Delta. “Acqua sporca, densa, chiazzata da arcobaleni circolari di benzene. Mangrovie nodose, liane, foglie putride. Una radura spelacchiata coperta di palta, pozzi petroliferi. Pipeline. Fiamme grasse si stagliano contro il cielo caliginoso”. E non puoi che sentirti incolpevolmente colpevole, perché sai che la tua vita dipende direttamente da quello scempio. E anche se a volte ti perdi tra le pagine e hai come la sensazione che ci sia un po’ troppa carne al fuoco, che la trama si perda nella varietà degli stili e nella complessità variopinta dei numerosi personaggi, alla fine hai comunque chiaro “l’orrore!”.

 


Ancora su Delta Blues… La lingua si fa arida, l’aria asfittica e il romanzo implode.

More about Delta bluesIl libro è uscito ormai due mesi fa, eppure arrivano ancora commenti e recensioni. Eccone due decisamente contrastanti.

La prima di Tanabrus sul suo Blog, la seconda – la stroncatura – di  Enzo Baranelli su Cabaret Bisanzio

Questo libro è ispirato a Cuore di tenebra e si vede. E’ un piacere notare i parallelismi tra le due storie, la trama in comune, chi assume quale ruolo, in cosa differiscono, come è cambiata la situazione dalla fine dell’800 a ora e come invece non è cambiata minimamente per certi aspetti.

La parte di Marlow è recitata da Tamerlano, nome in codice di un soldato, un segugio, un uomo abilissimo nel riportare a casa le persone scomparse in zone pericolose.
A lui si rivolge il governo italiano per riportare a casa Klein, geologo al servizio dell’ente, compagnia petrolifera con interessi un po’ in tutto il mondo. Klein aveva dato una svolta al proprio lavoro, aveva cominciato a proporre cambiamenti in favore delle energie alternative, ed era appoggiato da personalità influenti in Europa. L’ente lo aveva spedito al Delta del Niger per effettuare uno studio di fattibilità, ma a quanto pare il geologo era stato rapito dai ribelli del MEND e ora si doveva cercare di riportarlo a casa.

In realtà l’Ente, così come gli inviati della Compagnia nel libro di Conrad, non vuole modificare di una virgola la propria politica. Affianca a Tamerlano un suo uomo sul posto, l’equivalente del Conradiano addetto alla fabbricazione di mattoni e contemporaneamente anche del Direttore, e un paio di membri della JTF con il chiaro compito di far fuori Klein, nel caso fosse ancora vivo.
E in più gli alti vertici societari hanno in allerta anche i russi, compagni di affari desiderosi che i progetti di Klein non vedano la luce.

Klein, ovviamente, è Kurtz.
La persona illuminata che parte armata di ottimi propositi e finisce nel cuore dell’Africa, in mezzo agli indigeni.
La persona che cambia tutti quelli con cui parla, tanto è vero che incontriamo prima un’alta funzionaria dell’Ente in Nigeria pronta a lasciare l’incarico e diversi indigeni lungo il corso del fiume che erano stati profondamente toccati dai discorsi dell’uomo.
La persona che finisce schiacciata dalle tenebre, perde la salute sia fisica che mentale, poco a poco impazzisce e si cala sempre più nella tenebra.

Uno dei difetti che avevo trovato in Cuore di tenebra erano le tantissime ripetizioni, le tante omissioni, le troppe metafore.
Qui invece tutto è più chiaro, più scorrevole.

La tenebra è ben inquadrata, l’oppressione mentale di Klein diventa anche oppressione fisica per l’uomo impossibilitato a vedere il cielo e il sole, nascosto sotto la fitta copertura degli alberi.
E anzi, il personaggio di Klein viene mostrato chiaramente e con dovizia di particolari, dato che mentre Tamerlano e i suoi compagni di viaggio ne seguono le traccie, noi scopriamo poco a poco il viaggio che ha condotto Klein fino a dove si trova ora.

E poi abbiamo Marguerite, la reporter belga che decide di fare un servizio su Klein, a causa del suo incontro fortuito con Tamerlano e che per certi versi condivide con lui il ruolo di Marlow.. Precipitando anche lei nel cuore della tenebra, incontrando la morte come non l’aveva mai vista prima.
Perché alla fine del viaggio lei sarà cambiata, e anche Tamerlano sarà profondamente cambiato, dilaniato dall’interno dalle esperienze vissute e dalla figura di Klein.

Il libro ha una buona storia, e ci mostra in maniera cruda la situazione dei luoghi come il Delta del Niger.
Dove la gente muore di fame, o muore intossicata per aver mangiato qualcosa distrutto dall’inquinamento, inquinamento prodotto dalle pipeline fatiscenti e raramente manutenute.
Inquinamento e miseria, dato che l’economia è cannibalizzata da questi Enti.
Al tempo di Conrad i nativi erano dei selvaggi che vivevano in tribù nascosti nella foresta, vedevano Kurtz come una divinità e facevano gli schiavi per i lavori di fatica. Quelli svegli, con mesi di addestramento, arrivavano a tenere il timone dei battelli e a tenere viva la caldaia.
Adesso sono sempre schiavi. Schiavi di chi gli sfrutta la terra dandogli in cambio la morte sotto forma di terreni e acque avvelenate. Vivono in baraccopoli, oppure hanno studiato e preso lauree sperando di poter cambiare in meglio il proprio paese solo per scoprire che gli risulta più utile il fucile che le lauree, e vivono nascosti in villaggi clandestini nella foresta meditando attacchi di poco conto contro gli Enti.

Mi è piaciuto, ben più di Cuore di tenebra.
L’unica cosa che mi lascia perplesso è il blues, presente nel titolo, nella quarta di copertina, nell’apertura delle scene in cui il libro è diviso. Ma che per il resto non mi sembra granché importante per la storia, compare giusto con l’Arlecchino…

Non ho più la forza ormai. Sono stato ingoiato da tutta questa tenebra. Ho visto in faccia l’orrore, e ho cominciato a capire cosa significhi essere liberi. Liberi dalle opinioni altrui e dalle proprie. Mi sono fatto amico dell’orrore e del terrore mortale. Dovevo essere loro amico. Ho provato a salvare questa gente. Ho provato a farlo pensando di uccidere la mia gente. Ma non ho avuto la tempra per andare fino in fondo. Ho visto alcuni di questi uomini far morire di fame i propri figli, mentre il pesce si dimenava in pozze di petrolio. Ho visto alcune di queste donne far morire di fame le proprie figlie, per non darle in pasto a criminali assetati di sangue. Loro sono più forti di noi. Possono sopportare, hanno la forza di fare cose come quelle. Hanno l’amore per farlo. Un amore sconfinato. Hanno solo bisogno di qualcuno che insegni loro come reagire. Che spieghi loro come incutere timore, come evocare il terrore.

Ed ecco la stroncatura di Baranelli, di cui però facciamo nostra l’ultima frase, la facciamo nostra e in qualche modo la ribaltiamo tanto che per una seconda edizione potremmo usarla per una fascetta:

Una sola voce.

Il libro ha il suo fascino. Le cose migliori sono la copertina (firmata da Gipi) e il glossario, per quanto riguarda quello che sta in mezzo direi che il problema principale sia stilistico. Il racconto è eccessivamente costruito e le immagini che dovrebbero trasmettere emozioni o stati d’animo sono macchinose e inefficaci.Kai Zen, il collettivo di autori creatore dell’opera, arranca scivolando su facili metafore e similitudini stantie. “Mi sembrava di avere la testa in una boccia di vetro per pesci”: accidenti per una frase del genere avranno fatto un brainstorming! Purtroppo il difetto maggiore è l’assoluta piattezza e uniformità del linguaggio. Nel romanzo compaiono e-mail, un diario, un racconto in prima persona, e addirittura la descrizione di una ripresa con telecamera: non esiste un cambio di registro o almeno io non l’ho notato. Martin Klein scrive alla figlia e ripete “manco fosse/manco a dirlo” due volte in poche righe, Klein non mi sembra il tipo da “manco fosse”, ma per Kai Zen tutto è possibile. Il racconto, che parte da “Heart of Darkness” (apertamente citato), viene passato in lavatrice a 90 gradi, tutto giunge come un’eco sbiadita. L’ambientazione africana mi ha ricordato un noir di grande atmosfera scritto daRobert Wilson nel 1995 e apparso in Italia nel 2002, pubblicato da Meridiano Zero: “Strumenti delle tenebre”, escluso il titolo, i riferimenti sono più vicini a Greene che a Conrad, però la differenza maggiore è che Wilson sa immergere il lettore in un ambiente quasi palpabile, mentre Kai Zen riesce a rendere più interessante una pagina bianca di una scritta (mi sono soffermato a lungo sulla pagina 182 e l’ho trovata ben fatta, carta con piccoli rilievi, piacevole al tatto). Effettivamente, affascinato dal disegno di copertina, credo che Delta Blues possa diventare un romanzo a fumetti discreto (e infatti nella bibliografia compare anche Hugo Pratt, oltre a un volume illustrato della Giunti), però volerlo inserire in un filone narrativo mi pare eccessivo, sembra quasi che a mancare sia la volontà.

La lingua si fa arida, l’aria asfittica e il romanzo implode.


Delta Blues su Alto Adige

«Delta Blues»: il collettivo Kai Zen rilegge Conrad

  
“Delta blues”: il collettivo Kai Zen rilegge Conrad
Si intitola «Delta Blues» il nuovo romanzo di Kai Zen, collettivo di narratori nato nel 2003. Il gruppo è composto da Jadel Andreetto, Bruno Fiorini, Guglielmo Pispisa e Aldo Soliani; i primi due sono nati e cresciuti a Bolzano. Il romanzo – pubblicato dalle Edizioni Ambiente – è un eco-thriller ambientato sul Delta del Niger e nella foresta. Jadel Andreetto vive fra Bologna e Buenos Aires. Al momento di questa intervista si trovava in Argentina, dopo una serie di conferenze in alcune università statunitensi (New York, Boston, Toronto).  
All’inizio del libro scrivete che «Delta blues» è una cover; alla fine, riportate la bibliografia e le fonti da cui avete attinto: avete «coverizzato» un testo di narrativa, un’opera illustrata, o un reportage?  «Delta Blues» è la cover di «Cuore di tenebra» di Joseph Conrad, rivisitato secondo il nostro stile e il nostro punto di vista. Quando ci è stato proposto di lavorare a un romanzo Verdenero e abbiamo pensato di rivolgere l’attenzione agli scempi ambientali delle compagnie petrolifere in Africa, ci è venuto naturale pensare a simili interventi come alle conseguenze deteriori del neocolonialismo. Da lì il pensiero è andato al colonialismo e all’opera più importante in materia che è senz’altro «Cuore di tenebra». «Apocalypse Now» poi, che a sua volta è una cover di quel classico, ovviamente è presente nelle nostre pagine. E, anche se è per lo più ispirato alle memorie di Gaspar de Carvajal, c’è anche l’influenza sotterranea di «Aguirre, furore di Dio» di Werner Herzog.  
Da dove nasce il titolo «Delta blues»?  Il Delta Blues è il blues dei primordi, quello dei primi del ‘900, quello di Robert Johnson che fa il patto con il diavolo al crocicchio, ed è anche una forma di colonialismo al contrario. La musica africana che colonializza i ritmi irlandesi e scozzesi, gli imbastardimenti tra suoni del Nordeuropa e quelli creoli e dà vita al blues, con la sua cadenza triste, ma anche rabbiosa adatta perfettamente a narrare il fluire del fiume. Abbiamo semplicemente riportato in Africa questo suono che lì è nato e che in Occidente ha trovato la chiave deil suo dolore, la sesta nota della pentatonica, il Krol, la «blue note». Quella aggiunta clandestinamente. Scegliere un titolo del genere ha condizionato il racconto, ha modificato l’intreccio costringendoci quasi a inserire il blues per davvero. È un’allegoria di un’Africa non più attuale, che ha fatto il patto con il diavolo e che ha pagato con l’anima un conto troppo salato. L’Africa di oggi invece è un’Africa su cui l’Occidente ha smesso di esercitare un’influenza morale.  
Come avete lavorato alla stesura del testo?  Ogni romanzo di Kai Zen ha bisogno di una configurazione diversa. Questo in particolare è stato pensato in quattro, scritto in due ed editato in tre.  
Come vive il suo essere scrittore, oggi, rispetto ai temi dell’etica, della morale e della politica?  Le storie, le narrazioni, sono un’arma potente in grado di entrare in circolo e diffondersi come un contagio. Si può scegliere come usare quell’arma: puoi limitarti a scriverti addosso e disinnescarla oppure sfidare lo Zeitgesit per raccontarlo e creare così anticorpi che facciano da scudo verso le storie infette quotidiane. Non sono forse narrazioni la pubblicità, il gossip o gli interventi dei politici e tutte le informazioni che ci bombardano senza darci il tempo di sviluppare un dubbio o una critica?  
di Andrea Montali
 
***
 
Ecco la scheda del libro (sempre su Alto Adige):
 

E tra i personaggi del libro compare anche Ivo Andric

Il thriller esce in una collana che ha ospitato anche Lucarelli e i Wu Ming

 La pubblicazione d’esordio di Kai Zen è stata «La potenza di Eymerich» (Bacchilega, 2004), progetto cui ha partecipato tra gli altri anche Valerio Evangelisti. Il gruppo ha successivamente dato alle stampe «Spauracchi» (Bacchilega, 2005) e «La strategia dell’Ariete«(Mondadori, 2007). «Delta blues» è un eco-thriller che racconta la storia del geologo Martin Klein, collaboratore di una multinazionale del petrolio. La vicenda è ambientata sul Delta del Niger e nella foresta, dove Klein decide di dare una sterzata all’operato dell’azienda, proponendo un diverso approccio al territorio e alla popolazione locale, oltre ad elaborare una strategia volta a investire i proventi in energie rinnovabili; l’Ente (questo il nome del colosso del greggio) finge di appoggiare le istanze di Klein, ma in verità trama per eliminarlo. Dell’uomo si perderanno le tracce. Successivamente la multinazionale ingaggia un agente dei servizi, Ivo «Tamerlano» Andric, con il compito ufficiale di ritrovare il proprio collaboratore; ma i personaggi della vicenda, così come i lettori, scopriranno un’altra (o meglio, molte altre) verità.  Un territorio distrutto dall’avidità, raccontato in un romanzo di denuncia che ben si colloca nelle pubblicazioni della collana «Verdenero», un progetto di Edizioni Ambiente: una serie di libri di narrativa che toccano i temi delle ecomafie e dei disastri ambientali che stanno devastando il pianeta. Fra gli scrittori che hanno pubblicato nella collana: Carlo Lucarelli e un altro noto collettivo, i Wu Ming. Il lavoro di Kai Zen è consultabile sul blog (cliccatissimo) kaizenology.wordpress.com. (a.mo.)