La Sottile Linea Rosa 9-I

Capitolo 9 – I (Aldo Ardetti)

1855, nella prigione del Comando britannico di Simferopoli

Una strana epidemia dava alla Morte la possibilità di falciare vite umane.
Nella prigione si sudava e mancava il respiro. Fedor Michajlovic viveva momenti di apprensione e di malinconia per la donna amata; momenti di nostalghija per il suo paese che gli faceva sgorgare parole e canti struggenti. Mesi di reclusione con i minuti sembrati giorni e i giorni mesi.
In passato, la sua vita aveva già provato la mancanza di libertà, il vivere in una specie di oblio della carne e dello spirito e al futuro preferiva non pensare per contrastare brutti pensieri.
La guerra si concedeva pause con sporadiche scaramucce. Gli schieramenti si accontentavano di mantenere le posizioni soprattutto i russi che preferivano tenersi sulla difensiva.

William Russell aveva cercato contatti per liberare i due compagni. Aveva saputo che Fedor e James sarebbero stati trasferiti a Sebastopoli, assediata da mesi, per essere imbarcati e processati in Gran Bretagna.
Invece venne la liberazione. Alla morte di Nicola I Romanov, era diventato zar Alessandro II. Un evento che calmava gli spiriti guerreschi facendo pensare ad un armistizio e intanto, al momento, emanare un atto di clemenza bilaterale per gli autori di reati; anche per quelli più gravi. Ormai la guerra era agli sgoccioli e questa convinzione portava ad un ‘perdono totale’.
Si era sentito uno sferagliare di chiavistelli: Fedor Michailovich e James Cardigan tornarono a vedere il cielo e a respirare l’aria degli uccelli.

Verso Odessa

La promessa di Lord Raglan fu mantenuta. Una scorta a cavallo accompagnò le due donne alla volta di Balaclava dove si sarebbero imbarcate sul primo mercantile per Odessa.
Sul brigantino-goletta la Duchessa Marina Seminova era pensierosa e triste. Ella curava la tristezza col canto che sembrava più accentuare quello stato d’animo invece di lenirne il magone: «A noi ormai i cari sposi più non è dato né in pensiero pensare, né in idea ideare, né con gli occhi guardare, né oro e argento con la mano sfiorare.» ricordava per aver frequentato teatri.
C’era uno strano silenzio sulle acque costellate dalle piccole lampade delle lontane piccole barche di speranzosi pescatori. Sembrava che quelle acque – nere e profonde – dovessero ingiustamente inghiottire, in qualsiasi momento, tutti i sogni, tutte le speranze riposte. Marina avvertiva maggiormente questa sensazione perché da bambina aveva fatto un brutto sogno che le aveva per sempre precluso la vicinanza ma anche solo la vista del mare dal tramonto in poi. Era atterrita dalla enorme massa d’acqua senza colore che in qualsiasi istante poteva ghermirla e avvolgerla tutta.
Sulla nave non si sentiva rumore alcuno. Sembrava senza equipaggio, imponente e spettrale.
Mentre si procedeva verso Odessa, nella fresca umidità della notte che si respirava sul ponte, Fedor azzardò ciò che aveva sempre desiderato.
“Vogliamo prendere in considerazione il matrimonio? Vuoi sposarmi?” propose con tenerezza ma con il sincero timore di ottenere un possibile rifiuto.
“Si” rispose Marina, dopo una voluta pausa capricciosa, mentre i suoi occhi brillavano come non mai. Apprezzava Fedor perché non l’aveva mai usata ed era stato paziente oltre misura.
“Quando ci si innamora, non si capisce subito bene il perché” pensò Marina che si ritrovava felice e sorpresa di esserlo. Distratta spesso dal mondo, ora capiva che poteva fidarsi di quell’uomo.

Odessa, il matrimonio

Nella stanza dell’albergo si svolgeva una attività frenetica. Le due donne vivevano un momento di euforica e felice agitazione. Un matrimonio non era cosa da poco soprattutto perché l’idea era stata maturata in fretta, in una situazione non proprio comoda per organizzarlo. Forse la sfida diventava bella proprio per questo. Marina godeva di quelle ore sapendo che non le avrebbe mai dimenticate mentre Beria, in cuor suo, pensava ad un altro matrimonio.
Non c’erano state difficoltà nella ricerca dei testimoni. Era necessario un testimone per lo sposo e una testimone per la sposa. William pensò a Fedor mentre Beria alla Duchessa Marina. Lord Cardigan era rimasto fuori dalla scelta. Preso sentimentalmente da Beria non poteva, secondo la tradizione, essere un testimone di nozze.
“Dovrei pensare a organizzarmi per il riscatto della sposa. Speriamo che William sappia fare una buona offerta” esclamò speranzosa la ragazza.
Era usanza che la testimone della sposa aspettasse quello dello sposo che, per liberarla, pagasse un riscatto, offrisse del denaro o altro.
“Siete bellissima. Quell’abito blu vi sta una meraviglia!” disse Beria vedendo Marina rigirarsi davanti allo specchio.
Non mancava neanche il bouquet. La giovane lo aveva confezionato raccogliendo fiori dalle siepi e dalle aiuole. Il bouquet sarebbe stato suo non essendoci altre giovani nubili invitate alla cerimonia.
In quel porto franco avevano parlato col Pope della cattedrale. Nonostante le ferite della guerra il matrimonio si poteva fare, assicurò il prete.
Per l’ora convenuta, si ritrovarono davanti al ministro che, dopo averli invitati a segnarsi, inizio il rito solenne insieme ad altri due sacerdoti ortodossi.

Con addosso il profumo di cera e incenso, ritornarono in albergo dove, nel vecchio salone ristorante, era stato approntato un grande tavolo per il… matrimonio del giorno. In assenze di suocere si incaricò Beria a far apparire, come per incanto, il vassoio con il pane e il sale. Il pezzo più grande capitò a Marina.
“Non avevo dubbi che a comandare sarebbe stata Marina” esclamò la figlioccia. Era tradizione che, chi tra gli sposi avesse scelto il pezzo di pane più grande, avrebbe comandato in casa.
“Cercherò anch’io di comandare da qualche parte; o almeno qualche volta”, rispose ilare Fedor.
Nonostante le difficoltà del momento gustarono un ricco pranzo. Ci furono ripetuti gor’ko e su quell’incitazione di ‘amaro agli sposi’ la sposa veniva baciata dallo sposo e dagli altri commensali che donavano qualche spicciolo di buon augurio dopo aver ricevuto un bicchierino di vodka. Tutto fu rispettato.
L’indomani avrebbero preso direzioni diverse. William Russel e James Cardigan sarebbero tornati in Gran Bretagna. Lord Cardigan sarebbe stato accolto in patria come un eroe così William Russel che sarebbe passato alla storia come un grande corrispondente di guerra.
Fedor Michailovich e la Duchessa Marina Seminova avrebbero avuto il loro viaggio di nozze nel viaggio di ritorno a San Pietroburgo. Finalmente una vita nuova, una vita insieme li attendeva. Beria per il momento li seguiva in attesa che altre menti e altre frontiere si aprissero, si sciogliessero. Soprattutto altre menti prendessero decisioni.
Quando giunse il momento degli addii, oltre alle lacrime ci furono giuramenti e promesse.
Forse il tempo avrebbe pensato a far mantenere le promesse, a dare rassicurazioni e conferme. Il tempo farà vedere il prosieguo di questa storia.

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