Cirenaica for dummies: Abbattete le torri, carpentieri

CYLa vita di uno scrittore non è fuoco, fiamme e tette al vento come diceva quel tale. I tempi di Jack London sono andati e così gli uomini come lui. Anche i tempi di Hemingway sono andati e così i cialtroni come lui. Le giornate scorrono apatiche, le sedie prendono la forma del tuo culo, e quando  il sole sembra sul punto di tramontare ti ritrovi ancora lì a fissare uno schermo che ti sta rendendo sempre più miope. Ripensando alle ultime otto ore ti accorgi di non aver scritto una frase che valga qualcosa. Hai navigato svogliatamente tra le notizie del giorno, hai consultato qualche sito che spaccia letteratura come fosse erba a controllata dose di thc, hai scorso con sufficienza i due, tre social network del cazzo a cui ti se iscritto con una certa riluttanza, eppure in qualche modo finisci sempre da quelle parti e ti senti meschino. Non trovi più la forza di alzarti andare verso la libreria e aprire una pagina qualsiasi di Moby Dick, de Il grande Gastby, dei Sillogismi dell’amarezza, di Martin Eden, di Alzate l’architrave, carpentieri, di Altre inquisizioni o di qualsiasi altra cosa che ti faccia sentire piccolo e grande allo stesso tempo. Che ti costringa a fare i conti con la scrittura, con la signora scrittura, quella inarrivabile, quella che ti fa venire voglia di scalare le vette tra le righe, di adagiarti tra le metafore, di dormire appeso a una similitudine, di riprendere l’ascesa a forza di braccia tra iperboli e figure retoriche. Ecco, quella che non ti farebbe mai scrivere una banalità come quella che hai appena buttato giù. La vita di uno scrittore potrebbe essere – anche – fuoco, fiamme e tette al vento, se solo avesse il coraggio di fare i conti con se stesso, staccare la spina e mettersi a scrivere. Ma non basterebbe, dovrebbe rimettersi a leggere con accanimento, a sondare acque melmose e malmostose e forse tra un caffè nero e l’altro a farsi un giro allontanandosi da sedia e schermo. Tanto lì non farà molto se non perdere tempo in rete o arrovellarsi su un romanzo storico che dovrebbe fargli guadagnare una fortuna, ma che tanto non scriverà mai o sul romanzo mondo degno di 2666 di Bolaño che a sua volta non solo non porterà a termine, ma che nemmeno comincerà, anche se lo sogna ogni fottuta – per usare un termine caro agli scribacchini di oggi – notte. Andare a fare un giro… e dove? Bologna… Quando ci arrivi, sono i primi anni Novanta e tu di anni ne hai venti. Bologna quando ci arrivi è fuoco, fiamme e tette al vento, poi qualcosa poco alla volta sfuma. Tu invecchi, cambi, perdi rabbia e colpi, mastichi amaro e invecchi ancora e ti accorgi che è solo una misera città di salumieri con qualche metro quadrato di bottega da difendere in centro, una città che ti mastica e ti sputa, che ti sfrutta e non ti dà nulla in cambio. E tutto si riduce a quattro strade all’ombra di quelle fottute torri. Già, le torri. Per i bolognesi, come molti altri simboli della loro cara Bologna, sembrano essere più importanti della salute dei loro figli. All’ombra di quei due cazzetti,  i salumieri trafficano e brigano, orgogliosi e spavaldi con quel loro accento fastidioso, quell’inflessione che ti tira fuori i pungi dalle mani mentre i tuoi figli pedalano rischiando la vita sotto le ruote di un furgone e respirando effluvi catramosi. Pur di mantenere il centro “il centro” lo trasformano in una camera a gas, in un manicomio di automobili e motorini mentre i quartieri a ridosso delle mura sono dormitoi tristi pieni di vecchi dal socmel facile, di mosche da bar fradice e disgustose, di fruttivendoli e panettieri che si credono gioiellieri e ti danno del pane di merda al prezzo di una corona tempestata di pietre preziose. Quartieri che in altre parti del mondo, per la loro posizione, per la loro dinamicità e vivacità hanno radicalmente trasformato il loro volto. La Cirenaica, al quale questo miserabile blog è dedicato, in cui vorrei andarmene in giro per dare modo alla mia testa malandata di sfiatare come una teiera somiglia più a Williamsburg, a Palermo Soho, a Shoreditch, a Haight-Ashbury al Pigneto (per citare i più scontati, banali, hipster o quello che volete, ma questa è casa mia e qui comando io) che a questo triste paesaggio marcescente color ocra in cui mi trovo bloccato da anni, non so nemmeno io più perché. Ecco quello che queste pagine virtuali vedranno a cadenza casuale sarà qualche becera provocazione, rivolta in primis a me stesso, che possa anche solo con l’immaginazione trasformare ‘sto cazzo di rione in qualcosa di diverso, di lontano dalla Bologna ammuffita, stantia, tristemente spaccona, con le strade punteggiate di merda di cane, le mura sempre dello stesso colore e legata a tradizioni bolse a cui sono devoti i padroni della città, quelli ricchi e quelli poveri, salumieri con le botteghe e salumieri nell’anima. Cirenaica for Dummies è la cronaca di uno scrittore che vive in un rione dal nome esotico, gli appunti di un uomo che si ritrova in un luogo che non è, ma che potrebbe essere, anzi che è in quanto finzione, dove ogni incontro è un appuntamento.  Così è, se vi pare e se no andatevene pure a fare in culo.

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One thought on “Cirenaica for dummies: Abbattete le torri, carpentieri

  1. Eh, fottuta Bologna, ingannevole Bologna. Paesone borghese che illude. Ma non solo, come sempre. Merda di cane, tanta. Uomini di merda? Anche. Ma tu non vivi “di cultura” caro mio? Allora sei nel posto che hai scelto. Buttala via Bologna e se puoi lasciala ai bolognesi e e ai loro due cazzetti di cui vanno tanto orgogliosi. L’accento è insopportabile. W la romagna! Ah ah ah, ciao maestro. Tiziano G.

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