Un italiano, un tedesco e uno svizzero

Una volta, al dopolavoro dell’Autotrasporti Barletta – stimata società a responsabilità limitata di trasporti di fresco e specialità regionali dove il vostro Truck Driver sbarca il lunario se prendere a schiaffi arroganti guidatori di SUV in centro in cambio di offerte libere di cittadini non dovesse bastare, e ultimamente basta e avanza – ci siamo messi a fare i cretini con una bottiglia di Vov da far fuori. Ma che dico una bottiglia, era un’intera cassa, a essere preciso. E ovviamente poi siamo andati a casa tutti in autobus, cari amici politicamente corretti 🙂

Tra le stronzate più gettonate della serata c’erano libere e folli reinterpretazioni della famosa barzelletta con rappresentanti di nazioni diverse a misurarsi in determinate circostanze, con l’italiano sempre a fare la furbata, e il francese (o il tedesco, o lo svizzero o fate voi) a pigliarsela in quel posto. Bene. Potete certo immaginare che il vostro camionista fosse a mille quella sera, carico come un camion di rifiuti tossici da smaltire: l’umorismo di serie Z e il respiro internazionale costituiscono da sempre le mie prerogative preferite.

“Ci sono un italiano, un tedesco e uno svizzero che fanno la gara a chi fa più lo sborone.”

Il gruppetto di balcanici del dopolavoro rumoreggiava diffidente e annoiato: il solito esercizio di stile del bastardo nei confronti dei mollicci mitteleuropei o nordici… perchè non ci sono mai serbi o montenegrini come controparti nelle sue barzellette su chi è il più cattivo? Con camorra e ‘ndrangheta in casa è come sparare alla Croce Rossa.

Ma evidentemente non avevano capito le mie intenzioni, quel giorno.

“L’italiano parte in quarta: da noi non si pagano le tasse, si litiga non appena possibile e non ce ne frega un cazzo della cosa comune. L’importante è che qualche amico ci porti pesce fresco a casa in cambio di qualche favore e che ci sia qualche bella tettona con cui fare il cretino, dopo pranzo.”

Mica male come quadretto antropologico. Farebbe rizzare i peli degli avambracci a Concita De Gregorio (il che me lo fa anche piacere un pò, ‘sto quadretto… scusate ma non sono un suo fan, soprattutto da quando ho letto il suo pezzo basito su I soliti idioti).

“Il tedesco, con poca fantasia, tira fuori qualche cimelio nazista e si mette a blaterare frasi ad effetto, infarcite di Raus! e Achtung!, batte un paio di volte i tacchi e poi osserva la reazione degli interlocutori: noia assoluta. Roba vecchia, roba folle, per frustrati bianchicci sessualmente repressi. Non vale un cazzo, al giorno d’oggi.

Qualcuno del pubblico ascoltante scoppiò a ridere. In effetti era divertente immaginare il crucco incattivito, triste come un Pierrot con il trucco sbavato.

“Lo svizzero dichiara di avere già vinto: da noi gli immigrati li prendiamo a calci in culo. I frontalieri italiani, per esempio, non sono altro che bestie da soma. Vengono a  brucare la nostra erba rigogliosa e va bene, l’importante è che vadano poi a scagazzare in giro a casa loro.”

OOOhhh… Un coro di ammirazione si levò tra gli autotrasportatori in panciolle: chi beveva una gassosa, chi si dipingeva di rosso le unghie dei piedi (con batuffoli di cotone tra un dito e l’altro), chi controllava le iniziative di Comunione e Liberazione per il prossimo weekend: gran cenone dei corrotti, putan tour, preghiera unita degli ipocriti del nord est milanese ecc…

“Al che l’italiano s’incazza: mi fate ridere. Mafia, camorra, ‘nrandgheta e Parlamento possono corrompere ogni vostro concittadino per prendersi quello che vogliono, e chi non si fa corrompere lo sciolgono nell’acido.”

Ecco il finale, pensavano i balcanici all’ascolto. La solita buffonata di chiusura. E invece no. Non avevano capito. Quel giorno mi sentivo raffinato. Volevo andare oltre.

“Il tedesco si mise il giubbotto, fece segno che la festa era finita: noi abbiamo venduto armi per milioni di euro a quei coglioni della Grecia, poi li abbiamo cazziati per due anni sulle misure macroeconomiche da prendere e adesso, dopo che si sono sucati il prestito da strozzini dei nostri amici, si devono pure tenere i nostri inutili sottomarini che vanno storti e pagarli fino all’ultimo euro.”

Colpo basso, mannaggia… Vincente. O quasi.

“Lo svizzero accese il suo iPad, fischiettando: andate, andate pure. Io sto qui a godermi la vittoria. Belle parole, le vostre, proprio da cattivoni. Ma noi teniamo imboscati i soldi di dittatori e pazzi sanguinari di tutto il mondo da secoli, e facciamo pure gli imparziali infischiandocene di guerre, genocidi, invasioni, risoluzioni internazionali. Cioè, il massimo dell’ipocrisia. Il massimo dello schifo. Il massimo.”

Volti sbigottiti, la tensione nell’aria si poteva tagliare con il coltello. Infine il colpo di grazia.

“E quando ce ne veniamo con le nostre macchinone targate Lugano nelle vostre città di merda (e si rivolgeva all’italiano perchè in Germania manco le fanno entrare le macchine in centro città), alla faccia del rigore svizzero, delle regole ferree, della timidezza dell’ospite, del problema dell’aria inquinata o del poco decoro per strada, parcheggiamo dove cazzo ci pare e non ce ne fotte un cazzo.”

Un’ovazione.

Non ci fu storia. Lo svizzero aveva stracciato tutti.

3 thoughts on “Un italiano, un tedesco e uno svizzero

  1. E’ meglio se non parli troppo male degli svizzeri Truck… altrimenti qualcuno di loro arriva sul suo SUV pieno di capitali esteri importati e ti cava il dente d’oro.

    Svizzeri cazzo…

    Comunque è vero che gli stranieri qua in Italia arrivano con i loro macchinoni e fanno quel cazzo che vogliono… o l’ufficio per il turismo italiano attira solamente gli stronzi o se ne va affanculo il mito della civiltà estera e dell’inciviltà nostrana… là fanno gli osservanti perchè hanno paura della punizione.
    E allora viva l’italiano medio che fa il cazzone in tutto il mondo… incivile sempre e comunque, paura di nessuno e gesto dell’ombrello gratuito per tutti! 😀

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